Cambio di destinazione d'uso abusivo: i termini di prescrizione del reato
Sebbene il mutamento di destinazione sia insanabile con una CILA, il reato può andare in prescrizione. Ecco come calcolare il dies a quo
Anche in tema di abusi edilizi, bisogna tener conto dei termini previsti dalla legge per la prescrizione del reato, che iniziano a decorrere dal momento in cui esso si considera consumato.
A questo fine, per poter individuare il dies a quo di un abuso che riguardi il cambio di destinazione d’uso, la modifica è integrata anche dalla sola realizzazione di opere interne all’immobile. In particolare, il tempus commissi delicti dev’essere ricondotto al momento in cui l’immobile acquisisce una destinazione diversa da quella consentita, e a partire da tale data iniziano a decorrere i termini per la prescrizione.
Cambio d’uso e prescrizione reato: a quando ricondurre il dies a quo
A chiarire il punto è la Corte di Cassazione con la sentenza del 18 aprile 2024, n. 16167, con cui ha accolto il ricorso proposto per lavori di cambio di destinazione d’uso (da deposito a residenza turistica) condotti senza titoli, per i quali risulta ormai pervenuta la prescrizione del reato, che quindi deve considerarsi estinto.
Si fa presente che quando l’abuso edilizio riguarda la modifica non consentita della destinazione d’uso, il momento della commissione del reato è da ricondurre:
- alla data di stipula dell’atto negoziale, qualora la modifica avvenisse mediante atto negoziale;
- alla data di conclusione dei lavori necessari ad attuare il mutamento.
In particolare, trattandosi di un reato di natura istantanea, questo si realizza in tutti i suoi elementi nel momento in cui l’immobile acquisisce una destinazione diversa da quella consentita, nonostante gli effetti possano perdurare nel tempo.
Nel caso in esame, il tempus commissi delicti viene ricondotto al 2018, anno in cui è stata fatta una segnalazione - da parte dei condòmini all’amministratore del condominio in cui insiste l’immobile oggetto di lavori - dalla quale emerge l’effettivo utilizzo dell’immobile come abitazione fin dal 2018, dato confermato anche da diverse testimonianze (sia dei vicini che di una funzionaria del settore edilizia presso il Comune di riferimento) e da un sopralluogo effettuato dalla polizia locale quell’anno.
Successivamente al sopralluogo,è emerso che nel 2019 la ricorrente ha presentato una CILA nonché ottenuto la sanatoria delle opere abusive, senza però richiedere, né poter mai ottenere, la sanatoria per il mutamento di destinazione d’uso, non essendo suscettibile di sanatoria tramite comunicazione di inizio lavori il cambio da deposito a destinazione turistica.
Prescrizione estingue il reato a prescindere dalla sanabilità abuso
Per il cambio di destinazione d’uso in riferimento al quale non si possa stabilire per certo la data dell’avvenuto mutamento, il dies a quo dev’essere fatto risalire all’epoca in cui i lavori risultano conclusi in base all’analisi delle prove, delle testimonianze e degli atti pervenuti.
Nel caso in questione, risulta rilevante in tal senso la segnalazione fatta da parte dei condòmini all’amministratore nel luglio del 2018, documento che consente di dimostrare l’effettivo utilizzo dell’immobile come abitazione fin da quell’anno.
Ciò posto, essendo l’epoca effettiva di consumazione dell’abuso riconducibile al 2018, e tenendo conto del tempo trascorso successivamente alla sentenza d’appello, emessa a marzo 2023, i giudici di Corte confermano la tesi della ricorrente in merito all’intervenuta prescrizione del reato, essendo ormai decorso il termine prescrizionale di cinque anni previsto dalla legge, a prescindere dalla sanabilità o meno degli interventi condotti.
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