Cambio destinazione d'uso con opere: le regole dopo il Salva Casa

Gli interventi comportanti una trasformazione dell'unità immobiliare con passaggio di categoria funzionale necessitano sempre del permesso di costruire

di Redazione tecnica - 26/11/2024

La destinazione di un immobile ad uso abitativo ad attività di B&B determina un mutamento di destinazione d'uso, ai sensi dell'art. 23-ter, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), perché tale disposizione distingue fra destinazione residenziale (lettera a)) e destinazione turistico-ricettiva (lettera a-bis)), così prevedendo due distinte categorie funzionali

Da questo punto di vista, le varie modifiche della disposizione, tra cui il Decreto Salva Casa (D.L. n. 69/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 105/2024), non hanno inciso su tale previsione e nel caso di mutamento di destinazione d'uso con opere, l'intervento continua a essere soggetto a permesso di costruire e, per immobili in zona sismica, al deposito della documentazione progettuale presso l'Ufficio del Genio Civile.

Cambio destinazione d'uso con opere: quando ci vuole il permesso di costruire?

A spiegarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza del 19 novembre 2024, n. 42369, giudicando inammissibile il ricorso per l'annullamento della sentenza della Corte di Appello di Napoli, che aveva confermato la condanna per i reati:

  • a) di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 44, comma 1, lettera b) , del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), per l'esecuzione, in mancanza di permesso di costruire, di lavori di ordinaria e straordinaria amministrazione su un immobile a destinazione urbanistica residenziale sito nel centro storico, finalizzati all'esercizio dell'attività di affittacamere o casa-vacanze, con conseguente cambio di destinazione d'uso rilevante;
  • b) agli artt. 83, 90, 93, 95 dello stesso Testo Unico Edilizia, per avere eseguito i lavori in zona sismica, omettendo di depositare, prima dell'inizio, gli atti progettuali presso l'Ufficio del Genio civile competente. 

Secondo il ricorrente, gli artt. 10 e 23-ter del d.P.R. 380/2001, consentirebbero un cambio di destinazione d'uso, per una destinazione compatibile con quella iniziale, con una semplice CILA. Non vi sarebbe stato alcun mutamento del carico urbanistico e l'attività di affittacamere poteva essere esercitata legittimamente in quanto avrebbe natura extra-alberghiera, non comportando un cambio d'uso funzionale.

Cambio di destinazione d'uso con opere: la disciplina dopo il Salva Casa

Tesi inammissibile, secondo gli ermellini, per un immobile costituito da quattro camere da letto, con annessi vani WC e dove la cucina era stata trasformata appunto in camera: opere edilizie di ordinaria e straordinaria manutenzione in via di completamento, per le quali non risultava rilasciato alcun permesso di costruire, né autorizzazione ai fini della disciplina antisismica.

L'immobile aveva una destinazione d'uso residenziale e, all'esito dei lavori, sarebbe stato invece destinato ad affittacamere. Come già rilevato dai giudici di primo e secondo grado, la destinazione di un immobile ad uso abitativo all'attività di affittacamere determina un mutamento di destinazione d'uso, ai sensi dell'art. 23-ter, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, perché tale disposizione distingue fra destinazione residenziale (lettera a) e destinazione turistico-ricettiva (lettera a-bis), così prevedendo due distinte categorie funzionali. 

Né, sottolineano i giudici di Piazza Cavour, le varie modifiche della disposizione (da ultimo con il d.l. n. 69 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 105 del 20024) hanno inciso su tale previsione, per quanto rileva nel presente procedimento. 

In altri termini, il ricorrente richiama una distinzione strutturale, quella fra albergo, esclusivamente destinato alla ricezione, e appartamento, destinato ora all'abitazione ora alla ricezione, che non trova riscontro nella legislazione di riferimento, la quale è invece ispirata al criterio funzionale della destinazione d'uso. 

Trova allora applicazione il principio, richiamato dai giudici di merito, secondo cui, in tema di reati edilizi, il mutamento di destinazione d'uso mediante opere richiede il permesso di costruire per le modifiche che comportano il passaggio di categoria urbanistica dell'immobile e, se il cambio d'uso è eseguito nei centri storici, per quelle all'interno di una medesima categoria omogenea.

Disposizione che con il Salva Casa non ha trovato modifiche rispetto a una disciplina che comunque è profondamente mutata.

Le previsioni del Salva Casa

In particolare il D.L. n. 69/2024, convertito con modifiche e integrazioni in legge n. 105/2024, distingue tra cambi di destinazione d’uso orizzontali (all’interno della stessa categoria) e verticali (tra categorie diverse), con o senza opere edilizie.

Una delle novità più significative riguarda proprio i cambi di destinazione d’uso verticali, ai sensi del comma 1-quinquies dell'art. 23-ter secondo cui è necessario:

  • per il mutamento di destinazione senza opere, una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
  • per il mutamento di destinazione con opere, lo stesso titolo necessario per l’esecuzione delle opere stesse (per esempio il permesso di costruire, come nel caso affrontato dalla Cassazione)

Ricordiamo che le disposizioni che devono comunque tenere conto dell'integrazione all'art. 10, comma 2 dello stesso Testo Unico Edilizia, secondo cui "Fermo restando quanto previsto dall’articolo 23-ter, comma 1-quinquies, le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività”. 

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