Cessione del credito: ancora 2,4 miliardi nei cassetti delle imprese
Come spiega il report del Centro Studi CNA, il settore rischia un blocco totale a causa dell'incertezza normativa che mette in sofferenza tutta la filiera
Il Superbonus 110% e più in generale i bonus edilizi sono meccanismi nati con l’intento di fare ripartire un settore decisamente in difficoltà da oltre 10 anni. Con l'introduzione delle agevolazioni fiscali, si è cercato di rendere maggiormente sostenibili i costi di una ristrutturazione edilizia o di altre tipologie di interventi, facendo così incontrare maggiormente domanda e offerta sul mercato. Il cliente finale non ha abbastanza soldi? Nessun problema, l’impresa applica lo sconto in fattura e poi converte il credito fiscale maturato in moneta sonante attraverso la cessione. Peccato però che qualcosa sia andato o stia andando storto nell'ingranaggio, perché di fatto non c’è più liquidità.
Cessione del credito, imprese a rischio fallimento
I motivi sono tanti e, in primis, l’incertezza normativa, con i continui cambi in corsa delle regole. Situazione che di fatto ha portato gli istituti di credito non solo a stringere i cordoni della borsa, ma anche allo stesso tempo, loro malgrado, a diventare praticamente gli unici soggetti possibili a cui cedere i crediti maturati.
Il risultato sono i numeri allarmanti che compongono il report del Centro studi di CNA, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, con il quale è stato analizzato proprio lo stop del mercato dei crediti. Circa 2mila le imprese intervistate, un campione altamente rappresentativo dei comparti dell’edilizia, delle costruzioni e dei serramenti: analizzando i dati nel loro complesso, ad oggi sono 33mila le imprese artigiane a rischio fallimento, con la perdita di 150mila posti di lavoro nella filiera delle costruzioni, a causa della mancata conversione in denaro di oltre 2,6 miliardi di crediti.
Oltre 2,5 miliardi di crediti inevasi
A questa cifra si arriva partendo dai quasi 5,2 miliardi di euro di crediti attualmente fermi nei cassetti fiscali e non liquidati, secondo i dati ufficiali del ministero dell’Economia. Di questi, circa 4 miliardi sono relativi a prime cessioni e sconti in fattura. Considerando una propensione media all’opzione di sconto per il superbonus del 70% e per i bonus minori del 50%, si arriva a poco più 2 miliardi di sconti in fattura da 110% in attesa, ai quali si sommano 550 milioni per gli altri bonus. Il totale fa poco meno di 2,6 miliardi.
Dati alla mano, sostanzialmente, uno sconto in fattura ogni sei è rimasto bloccato al successivo passaggio. Come spiega Sergio Silvestrini, segretario generale di Cna, “In pochi mesi ci sono state ben sei modifiche al meccanismo della cessione dei crediti che hanno prodotto incertezza e confusione. È necessario un intervento straordinario per trovare rapidamente una soluzione".
La crisi delle imprese
La conseguenza è appunto l’enorme crisi di liquidità e la difficoltà ad onorare i pagamenti: tra il campione delle imprese intervistate, è emerso che il 45,9% non ha pagato i propri fornitori, il 30,6% non sta pagando tasse e imposte, il 21,1% non riesce a pagare salari e stipendi. E il futuro non vede orizzonti più rosei: il 68,4% delle imprese vede concretizzarsi la possibilità della sospensione dei cantieri già avviati, il 90,3% addirittura del mancato avvio di nuovi cantieri. Il 48,6% parla addirittura di rischio fallimento.
Come indicato nel report, circa il 47,2% delle imprese dichiara di non trovare soggetti disposti ad acquisire i crediti mentre il 34,4% lamenta tempi di accettazione dei documenti contrattuali eccessivamente lunghi. Per la cessione dei crediti, le imprese della filiera si sono rivolte principalmente alle banche (63,7%), a seguire Poste (22,6%), poi società di intermediazione finanziaria (5,1%).
Ci sono imprese con un giro d’affari da circa 150mila euro che hanno 57mila euro di crediti fermi nei cassetti, con un rapporto pari al 38,2%. Quando il fatturato cresce, il problema rimane significativo ma tende a ridursi: aziende con 750mila euro di fatturato hanno in media circa 200mila euro di crediti bloccati (il rapporto scende al 28,3%).
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