Chiusura del terrazzo con tettoia e finestra: è una nuova costruzione
La realizzazione di un manufatto con tamponature e copertura non ha natura pertinenziale e necessita di permesso di costruire, determinando un aumento del carico urbanistico
La realizzazione su un terrazzo di un manufatto in cemento e legno e munito di tettoia e finestra non può essere considerato come pertinenza o intervento di manutenzione ordinaria, ma rientra fra gli interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” che necessitano di permesso di costruire.
Chiusura terrazzo: pertinenza o nuova costruzione?
Lo ha precisato il TAR Lazio, con la sentenza del 9 ottobre 2023, n. 14871, con la quale ha ritenuto legittimo l’ordine di demolizione impartito suun manufatto abusivo di circa 17 mq, che aveva portato alla creazione di un vano su un aterrazza. Il tutto in assenza di titolo edilizio e in zona omogenea “A” di cui al D.M. n. 1444/1968., con la conseguente irrograzione, ai sensi dell’art. 16, comma 5, della L.R. Lazio n. 15/2008, di una sanzione pecuniaria di 15mila euro.
Secondo i ricorrenti, il volume oggetto di contestazione era stato realizzato previa autorizzazione dell’assemblea condominiale; sarebbe stato un intervento di manutenzione ordinaria realizzato sul terrazzo di proprietà esclusiva e, anche quando fosse qualificabile in termini di ‘nuova costruzione’, non sarebbe neanche stato assoggettabile a permesso di costruire, risolvendosi nella realizzazione di un elemento pertinenziale avente volume inferiore al 20% del manufatto principale
Secondo l’amministrazione, invece, si trattava di un manufatto comportante lo stabile uso abitativo di uno spazio prima destinato a terrazza, con conseguente variazione degli standard urbanistici e alterazione del carico gravante sulla zona.
Abusi edilizi: lo stato di necessità non è un'esimente
Nel giudicare la questione, il Collegio ha ritenuto completamente irrilevante lo stato di necessità invocato a più riprese dai ricorrenti. Costituisce infatti, spiega il TAR, approdo giurisprudenziale da lungo tempo acquisito quello per cui “In materia di abusivismo edilizio, non è configurabile l'esimente dello stato di necessità in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all'abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell'inevitabilità del pericolo”.
Nessun rilievo nemmeno hanno eventuali presunte e indimostrate disparità di trattamento addebitate all’Amministrazione, per non aver represso altri interventi edilizi di analogo tenore asseritamente compiuti in assenza di titolo nel medesimo condominio ove ha sede l’appartamento di proprietà dei ricorrenti.
Come ripetutamente ribadito in giurisprudenza, le asserite "opere abusive" realizzate sulle proprietà individuali contigue non possono legittimare il mantenimento dell'opera priva di titolo abilitante, costituendo l’attività di vigilanza edilizia, che gli artt. 27 e seguenti del d.P.R. n. 380/2001 attribuisce all’autorità comunale, l’esercizio di un potere vincolato che neppure la disparità di trattamento rispetto ad altre costruzioni abusive nella stessa zona rende illegittimo. È infatti dovere dell’amministrazione municipale di reprimere altresì tali opere, ove ne venga riscontrato il carattere realmente illecito.
Realizzazione manufatto su terrazzo: ci vuole il permesso di costruire
Per quanto concerne, poi, la qualificazione dell’intervento, per il giudice è innegabile che la realizzazione di un volume pertinenziale all’abitazione principale sviluppante una cubatura di 17 mq., a fronte di un volume dell’appartamento di 45 mq, costituisce un intervento di nuova costruzione necessitante del rilascio di apposito titolo abilitativo espresso o, al più, di SCIA in sostituzione, giacché si tratta di un nuovo volume superiore al 20% della cubatura del manufatto principale (cfr. art. 3, comma 1, lett. e.6) del d.P.R. n. 380/2001).
Allo stesso modo, la realizzazione di un nuovo fabbricato in muratura e legno su un preesistente terrazzo, seppur a carattere pertinenziale, determina la creazione di nuovi volumi e superfici utili a fini residenziali e un’evidente alterazione dei prospetti e della sagoma dell’edificio condominiale. Un simile intervento non può che rientrare nel paradigma normativo della ‘ristrutturazione edilizia pesante’ di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), avendo determinato una stabile trasformazione dell’organismo edilizio preesistente, organismo ubicato, peraltro, in zona omogenea “A” di cui al DM n. 1444/1968, un intervento, cioè, non eseguibile se non previamente munendosi di permesso di costruire o, come detto, di SCIA in sostituzione ai sensi dell’art. 23, d.P.R. n. 380/2001.
Né, infine, si può negare il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante: l’innalzamento di mura perimetrali, l’installazione di una finestra, il rivestimento dell’area di calpestio e, infine, la copertura in legno con tegole coibentate - necessita del permesso di costruire, atteso che viene realizzato un aumento del carico urbanistico nonché, almeno in parte, una modifica del prospetto dell'edificio.
Sanzione pecuniaria: quando sproporzionata va annullata
L’unico motivo accolto del ricorso riguarda la sanzione pecuniaria irrogata ai sensi dell’art. 16, comma 5, L.R. n. 15/2008 e della deliberazione dell’Assemblea comunale n. 44/2011. Premesso che nulla osta all’applicazione congiunta della sanzione demolitoria e di quella pecuniaria, il TAR ha rilevato come una sentenza precedente abbia annullato questa delibera nella parte interessata dal ricorso, essendo "in palese violazione del generale canone di proporzionalità, stante l'assimilazione di differenti fattispecie senza adeguata graduazione in rapporto alla consistenza ed alla gravità dell'abuso", annullamento che non può non avere efficacia ex nunc ed erga omnes, tenuto conto dell'ontologica indivisibilità di un atto che determina in via generale i criteri per la quantificazione delle sanzioni.
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