Chiusura tettoia: abusiva la trasformazione in vano abitabile
In presenza di istanza di condono, non sono opere di completamento funzionale quelle che si traducono nella creazione di un quid novi rispetto alla struttura preesistente
La presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum - e men che mai a trasformare o ampliare - i manufatti oggetto dell’istanza, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria.
Non si può quindi considerare legittimo un intervento di chiusura completa di una tettoia con infissi e vetri, intervento che comporta, in assenza di permesso di costruire, la realizzazione abusiva di un nuovo volume.
Condono edilizio: no a sanatoria in presenza di nuovi interventi
Sulla base di questi presupposti, con la sentenza del 10 dicembre 204, n. 6697, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello contro il diniego di condono ex legge n. 724/1994 (c.d. "Secondo Condono Edilizio") per la sanatoria di una tettoia, sulla quale era stato precedentemente effettuato un intervento di sostituzione, sanzionato con un ordine di demolizione e sul quale era stato anche aperto un procedimento penale, concluso con l’assoluzione del responsabile degli abusi.
Il proprietario aveva quindi presentato la domanda di condono, che il Comune aveva respinto dopo avere accertato la chiusura totale della tettoia nei lati aperti mediante infissi in legno e vetro poggianti sul muretto perimetrale preesistente. Ad avviso dell’amministrazione, tale intervento aveva completamente trasformato il manufatto oggetto della richiesta di condono, sia per consistenza edilizia che per destinazione d’uso.
Chiusura tettoia sui tre lati: è nuova costruzione
Dopo il ricorso di primo grado, respinto dal TAR, stessa sorte è toccata all’appello: spiega il Consiglio che per consolidato orientamento della giurisprudenza non possono qualificarsi come opere di completamento funzionale, ai sensi della legge n. 47/1985, quelle che si traducono nella creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e tipologica del manufatto già realizzato o che attribuiscono una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, quali quelle volte alla chiusura ed alla perimetrazione di una preesistente tettoia.
La tettoia e il locale da essa ricavabile mediante la chiusura costituiscono entità edilizie diverse, ciascuna con funzionalità sua propria: ai fini del condono occorre, quindi, aver riguardo al manufatto finale (quello derivante dalla chiusura della tettoia) con la funzionalità acquisita dopo le opere realizzate.
La chiusura di una tettoia in precedenza aperta su tre lati comporta una trasformazione sostanziale dell’organismo edilizio, che viene ad assumere caratteristiche strutturali e funzionali diverse, traducendosi in una difformità essenziale. Ne deriva che la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum- e men che mai a trasformare o ampliare - i manufatti oggetto della richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria.
Considerato che oggetto dell’ordine di demolizione non è la tettoia aperta su tre lati per cui è stata presentata domanda di condono e su cui si è formato il giudicato penale, bensì un manufatto abusivo totalmente autonomo, per consistenza, struttura e destinazione d’uso, rispetto a quello oggetto di sanatoria, il provvedimento dell'Amministrazione è pienamente legittimo.
I lavori realizzati non sono infatti scorporabili dalla tettoia sovrastante con cui formano un unicum unitario, inscindibile ed indivisibile, non segmentabile in singole porzioni al fine di distinguere quelle condonabili e quelle non condonabili.
Di qui l’irrilevanza del richiamo alla c.d. "fiscalizzazione dell’abuso" ex art. 34 comma 2 d.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), stante la radicale abusività dell’intero manufatto.
Lavori eseguiti in pendenza di condono: impossibile il silenzio assenso
Infine, nel respingere totalmente l'appello, Palazzo Spada ha anche specificato che:
- il legittimo affidamento è incompatibile con la modifica del manufatto in pendenza di condono, la natura vincolata del diniego di condono per difetto dei presupposti di legge rende irrilevanti sia gli apporti partecipativi che l’eventuale affidamento del privato;
- non è possibile parlare di formazione del silenzio assenso, considerata la radicale trasformazione dell’opera successivamente alla presentazione dell’istanza.
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