CILA o permesso di costruire? Quando la pergotenda nasconde un abuso
Dimensioni, materiali e destinazione d'uso svelano la vera natura di un presunto intervento in edilizia libera
Pergotenda, ovvero la panacea di tutti i mali, la soluzione a tutti gli abusi edilizi eseguiti in regime di edilizia libera. Ma non sempre tutto fila liscio, specie se si esagera con le dimensioni e con le caratteristiche della struttura.
Attività di edilizia libera o nuova costruzione? Un caso di pergotenda abusiva
Una questione comune, quanto frequente, su cui è tornato questa volta il Tar Lazio, sez. II-quater, con la sentenza n. 12832/2021, sul ricorso per l’annullamento di una CILA inviata a un'Amministrazione comunale per l’installazione di una pergotenda, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 in combinato disposto con il D.M. 2.03.2018, punto 50 (cd. Glossario dell’attività edilizia libera).
Secondo la parte ricorrente, la CILA non avrebbe costituito il titolo edilizio corretto per una pergotenda di 55 mq asservita ad attività commerciale, per la quale sarebbe stata maggiormente adeguata la richiesta di permesso di costruire, trattandosi di fatto di una nuova costruzione, ex art. 3 comma 1 lett. e) del D.P.R. n. 380/2001: questo non solo in considerazione delle dimensioni (55 mq per 4 metri di altezza), ma anche della durevole – e non anche transitoria/temporanea - destinazione a servizio della limitrofa attività commerciale, oltre che dell’ancoraggio alle adiacenti pareti verticali. Si tratta di condizioni che farebbero rientrare il manufatto non nell’ambito di quanto previsto dall'art. 6, bensì dall’art. 3 lettera e.5) del Testo Unico Edilizia.
A prescindere dalla tipologia dei materiali costruttivi, l’opera comporterebbe, un sensibile e stabile mutamento dell’assetto urbanistico-edilizio preesistente, con conseguente aggravio del carico urbanistico, così da necessitare della preventiva adozione di una autorizzazione edilizia. Non solo: trattandosi di una nuova costruzione, l’opera avrebbe anche violato la distanza minima tra fabbricati e tra fabbricati e confini.
Pergotenda abusiva: la sentenza del TAR
Il TAR ha accolto il ricorso, riconoscendo che la struttura realizzata non si configura come una pergotenda, assoggettata al regime dell’attività edilizia libera, ma come nuova costruzione.
In particolare, il giudice ha analizzato la natura del manufatto: una struttura metallica, con copertura retrattile, composta da pali montanti sormontati da travi orizzontali, delle dimensioni in pianta di ml. 10,00 x 5,50 ed altezza totale pari ml. 4,00, per una superficie complessiva di mq. 55,00, all’interno della quale viene svolta un’attività commerciale.
Il regime giuridico di cui all’art. 6 del citato D.P.R. risulta applicabile esclusivamente in relazione a quelle opere che:
- fungono da “arredo” delle aree pertinenziali degli edifici (opere esemplificate dal n. 43 al n. 51 del Glossario, tra cui le cd. pergotende);
- b) sono destinate a soddisfare «obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni» (per come chiarito nel cd. Glossario di cui al D.M. 2018 che le esemplifica dal n. 53 al n. 58, tra cui i Gazebo, le cosiddette Tensostrutture, Pressostrutture e assimilabili).
Inoltre, per come più volte chiarito dalla giurisprudenza, deve comunque trattarsi di interventi che, per materiali costruttivi e dimensioni complessive, non alternino l’assetto urbanistico preesistente, aggravandone il carico.
L’applicazione di questi principi al caso in esame porta ad escludere che la struttura realizzata possa essere considerata una pergotenda e rientrare nelle attività di edilizia libera:
- essa ha una destinazione funzionale non già estetica, ossia di “abbellimento” dell’area cortilizia ma “commerciale” e strumentale all’attività svolta nell’adiacente immobile “principale”;
- questa attività non può essere circoscritta ad un intervallo di 90 giorni, apparendo piuttosto stabile e durevole nel tempo, sia in considerazione della contiguità della stessa all’edificio principale cui accede ma anche delle dimensioni notevoli e dei materiali utilizzati, per cui difficilmente essa può essere facilmente smantellata;
- non è una struttura precaria e implica, per caratteristiche costruttive, dimensionali e funzionali, una sensibile alterazione dell'assetto edilizio preesistente, con conseguente aggravio del carico urbanistico.
Essa quindi non può essere considerata né una "pergotenda", nè una “tensostruttura”.
Definizione di pergotenda
Più volte, la giurisprudenza ha ribadito che "Per configurare una c.d. "pergotenda", in quanto tale non necessitante di titolo abilitativo, occorre che l'opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda; non è invece configurabile una pergotenda se la struttura principale è solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell'edificio".
In questo caso l'opera necessitava, del preventivo rilascio di un titolo autorizzativo, in quanto intervento “di nuova costruzione”, come espressamente previsto dal Legislatore, parlando dell’installazione di «strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee».
Il ricorso è stato quindi accolto in ogni sua parte: per la realizzazione di questa struttura, non configurabile come pergotenda ma come nuova costruzione, non bastava inviare una CILA ma era necessario richiedere (e ottenere) il permesso di costruire.
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SentenzaIL NOTIZIOMETRO