CILA Superbonus 110%: occhio alle parti comuni
I vicini possono impugnare la CILA quando vengono eseguiti lavori in parti comuni senza autorizzazione
A volte l’erba del vicino non solo non è più verde, ma bisogna anche stare attenti a non calpestarla. Perché, quando si tratta di vicinato - più o meno buono - gli “sconfinamenti” possono portare a problemi seri, soprattutto quando si parla di lavori di ristrutturazione, e pure di una certa entità.
Superbonus 110%, CILAS e parti comuni
Uno su tutti, l’accesso al Superbonus 110% e la mancanza di legittimazione del soggetto che ha presentato la CILAS. Il caso più frequente? L’apertura di una CILAS su un’unità indipendente dal punto di vista funzionale, senza verificare l’eventuale presenza di parti comuni; lo stesso vale per i condomini orizzontali, anche non costituiti, dove non si può intervenire in modo autonomo con opere strutturali che modificano parti comuni, a meno di delibera assembleare che autorizzi i lavori.
Abbiamo approfondito il tema con l’ing. Cristian Angeli, esperto di Sismabonus 110%, al quale abbiamo posto le seguenti domande
Parti comuni e CILAS
Domanda - Quali possono essere le parti comuni interessate dalla compilazione della CILAS?
Si tratta delle parti comuni degli edifici descritte dall’art. 1117 C.C., in base al quale “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari…: tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate”.
Sul tema c’è ampia giurisprudenza che dettaglia la natura delle parti comuni e la modalità di individuazione. Nel caso dei condomini tradizionali “verticali”, ovvero le classiche palazzine pluripiano, è facile individuarle.
Invece è molto più difficile per gli edifici plurifamiliari che si sviluppano in orizzontale, ovvero le case a schiera e gli edifici contigui posti nei centri storici. In questo caso è necessario comprendere la natura costruttiva e strutturale delle parti che costituiscono gli immobili. Ad esempio nel caso di un aggregato edilizio storico la facciata (che è tra le parti elencate nell’art. 1117 del Codice Civile) non è detto che sia sempre una “parte comune”. Dipende se vi è continuità strutturale, funzionale e direi anche gestionale della stessa.
CILAS e diritto dei terzi
Domanda - Cosa può succedere nel caso di impugnazione della CILAS da parte di un soggetto terzo?
Anzitutto occorre chiarire che non si può trattare di un terzo qualunque, nel senso che il soggetto che, eventualmente, dovesse impugnarla deve essere portatore di un interesse direttamente riferibile ad essa.
Qualora questo soggetto decida di agire per la tutela dei suoi diritti può farlo segnalando questa o altre irregolarità agli enti preposti al controllo (al comune in particolare) e in tal caso vengono avviati controlli che possono risultare molto antipatici. In alternativa il soggetto che impugna il provvedimento può agire in autonomia citando in giudizio il vicino malfattore.
Fin qui è l’ordinarietà. Non dobbiamo però dimenticare che siamo in ambito di Superbonus e quindi l’aggravante è che in simili circostanze si possono configurare “interventi realizzati in difformità dalla CILA” che determinano la decadenza d’ufficio dal 110%, con i noti strascichi per tutti i professionisti coinvolti.
I casi più a rischio
Domanda - Quali sono i casi più a rischio?
Nelle classiche palazzine di città tutti sanno di essere “in condominio” con gli altri proprietari. Vengono informati all’atto dell’acquisto, dispongono di un regolamento di condominio e spesso anche di un amministratore. Nessuno si sognerebbe di presentare, da solo, una CILAS.
Diverso è invece nel caso degli edifici costituiti da unità immobiliari affiancate (i condomini orizzontali) e in particolare di quelli piccoli, composti da 2, 3, 4 appartamenti. In queste situazioni i vari proprietari sono spesso convinti di avere la piena proprietà della loro “villetta indipendente”, che magari è sempre stata gestita dalla famiglia per quanto riguarda tutte le spese di manutenzione ordinaria e, a volte, anche straordinaria. Il rischio deriva dalla possibilità che, con l’arrivo del 110%, a qualcuno venga voglia di fare interventi di ristrutturazione pesante che, interessando anche le parti comuni, andrebbero a ledere i diritti dei proprietari confinanti, mettendo a rischio il Superbonus.
Le responsabilità del progettista
Domanda - La responsabilità può ricadere sul progettista?
Le responsabilità direttamente riconducibili alle dichiarazioni contenute nella CILAS, comprese quelle inerenti alla presenza di parti comuni o alla necessità di atti di assenso da parte dei comproprietari, è evidente che ricade sul soggetto “dichiarante”, ovvero sul (presunto) proprietario dell’immobile. Il problema sorge qualora l’eventuale contestazione del terzo dovesse sopraggiungere a lavori in corso, a SAL emessi o, peggio ancora, a lavori terminati. Chi doveva controllare? Nessuno? O tutti?
In tal caso inizia inevitabilmente il film italiano delle corresponsabilità professionali che, a mio avviso, coinvolgerebbe non solo i tecnici progettisti, ma anche coloro che attestano la conformità finale. Quest’ultimo è un aspetto poco esplorato ma basta leggere le check list inerenti al rilascio del visto di conformità per capire che l’argomento è trasversale, al punto che anche in fase di apposizione del visto il professionista fiscale preposto deve apporre molteplici spunte sulle “parti comuni” e sulla “proprietà” del bene oggetto dei lavori. Che siano controlli solo formali, come dicono alcuni, non ne sarei così convinto.
I possibili rimedi
Domanda - Cosa si può fare per evitare l’insorgere di questo genere di problemi?
A costo di risultare noioso, io ripeto sempre che non bisogna farsi prendere dalla fretta. È chiaro che il tempo è poco, lo sappiamo tutti, ma prima di presentare una pratica le verifiche vanno fatte, sempre e comunque. E prima, non dopo.
In particolare:
- capire se davvero sono presenti “parti comuni” con le abitazioni adiacenti, circostanza che dipende dall’effettiva conformazione strutturale e costruttiva del fabbricato. Da vedersi caso per caso. Non è semplice individuarle, soprattutto nei condomini orizzontali non costituiti (villette a schiera o abitazioni contigue in centro storico);
- valutare la natura delle opere da effettuare, poiché se non si tratta di modifiche strutturali (spostamento o ingrandimento di porte e finestre, modifiche delle falde tetto, etc) il problema è meno rilevante.
- compilare con attenzione i quadri a) e b) del modulo CILAS. Sono crocette, ma hanno un significato importante.
In generale, per non rischiare, sarebbe sufficiente farsi firmare una autorizzazione da parte dei presunti (o possibili) comproprietari, preferibilmente nella forma di un verbale di assemblea di “condominio” (anche se non costituito), allegando ad esso anche un disegno. Ma non sempre è possibile.
Ringraziamo l'ing. Angeli per il prezioso contributo e lasciamo come sempre a voi ogni commento.
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