Codice dei contratti 2023: il super obiettivo della digitalizzazione
La riforma in materia di appalti approvata con il nuovo D.Lgs. n. 36/2023 introduce alcune rilevanti novità in materia di affidamenti pubblici
Il nuovo Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti o Codice degli Appalti), destinato a trovare applicazione agli affidamenti pubblici di lavori servizi e forniture che verranno aggiudicati a partire dal 1 luglio 2023, contiene una disciplina che, sotto numerosi aspetti, si discosta dalla precedente.
Riforma Codice dei contratti: stravolgimento o sistemazione della normativa?
Il nuovo codice recepisce le già note direttive europee del 2014 in materia di appalti e concessioni (direttive n. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio), inoltre riproduce alcune disposizioni già contenute nel decreto Semplificazioni (Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76) e nel decreto Semplificazioni-bis (Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77), dettate in relazione agli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del PNC e che ora vengono estese a regime a tutti i contratti pubblici. Nessun stravolgimento della materia, quindi!
Tuttavia, vi sono alcune rilevanti novità: il decreto ha, in particolare, introdotto misure volte alla massima velocizzazione delle procedure, garantendo la certezza nei tempi di affidamento, esecuzione e pagamenti alle imprese.
Proprio nell’ottica dell’accelerazione e semplificazione, il nuovo Codice intende dare una considerevole spinta alla digitalizzazione delle procedure.
A ben vedere anche il d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prevede la “Digitalizzazione delle procedure” (art. 44).
Ma detta previsione è rimasta lettera (quasi) morta. Infatti, dopo il Decreto ministeriale n. 148 del 12 agosto 2021, recante il “Regolamento recante modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici”, non sono state adottate le relative regole tecniche attuative, ovvero le linee guida dell’Agenzia per l'Italia digitale (AgID), che avrebbero dovuto definire le concrete modalità di digitalizzazione, comprensive della descrizione dei flussi, degli schemi dei dati e degli standard europei di interoperabilità tra i sistemi telematici.
Anzi, l’AgID, proprio per evitare l’adozione di un provvedimento già “superato” al momento della sua pubblicazione, a valle della presentazione al Governo della bozza del nuovo Codice da parte del Consiglio di Stato, ha sospeso l’attività di redazione delle Linee Guida.
La sfida della digitalizzazione
Il nuovo Codice pone ora le basi normative per la completa informatizzazione delle procedure di affidamento; tra gli obiettivi più rilevanti del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza c’è infatti quello di «definire le modalità per digitalizzare le procedure per tutti gli appalti pubblici e concessioni e definire i requisiti di interoperabilità e interconnettività» (M1C1-70).
La digitalizzazione diviene, tra l’altro, un presidio efficace per assicurare il rispetto della legalità ed evitare fenomeni corruttivi. Grazie ad essa, infatti, sono garantiti: la trasparenza, la tracciabilità, la partecipazione e il controllo di tutti procedimenti.
L’attuazione della digitalizzazione richiede:
- che ogni stazione appaltante acquisisca la disponibilità di una c.d. “piattaforma di approvvigionamento digitale” certificata, costituita dall’insieme dei servizi e dei sistemi informatici utilizzati per la gestione dei contratti pubblici;
- l’abbandono completo dei documenti diversi da quelli in formato nativo digitale;
- l’interconnessione e l’interoperatività delle diverse piattaforme tra di loro, in modo da realizzare l’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement);
- l’interazione delle piattaforme con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’ANAC, fulcro dell’intero sistema di digitalizzazione, dove devono confluire tutti i dati e le informazioni dei contratti pubblici e dove opera il “fascicolo virtuale” dell’operatore economico, contenente tutti i suoi dati e i documenti.
Tutto questo comporterà l'estensione del digitale all’intero ciclo di vita del contratto, a partire dalla programmazione fino all'esecuzione e conclusione del contratto, nonché alla fatturazione.
Si tratta di un obiettivo ambizioso, che richiede una radicale trasformazione dell’attività amministrativa, nonché l’impiego di ingenti investimenti, sia per acquisire le dotazioni tecnologiche necessarie, sia per formare il personale coinvolto delle pubbliche amministrazioni.
Ma si noti che il Codice prevede una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale l’attuazione della digitalizzazione dovrà essere svolta con le risorse finanziarie già previste dalla legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L’augurio è quello, quindi, che le risorse stanziate siano sufficienti a perseguire ed attuare questo importante traguardo.
Peraltro, anche se il Codice è stato più volte promosso con lo slogan di “normativa completa e auto-esecutiva”, viene nuovamente rinviata ad un successivo provvedimento dell’AGID la definizione dei requisiti tecnici delle piattaforme di approvvigionamento digitale. Ma c’è da dire che questa si sta già muovendo, tanto è vero che lunedì 20 marzo 2023 si è svolto un confronto pubblico sulla definizione di tali regole tecniche.
Inoltre è demandato all'ANAC il compito di individuare le tipologie di dati da inserire nel “fascicolo virtuale dell’operatore economico”, concernenti la partecipazione alle procedure di gare affidamento e il loro esito, in relazione ai quali è obbligatoria la verifica attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Vedremo dunque nell’immediato futuro se le basi poste dalla normativa troveranno una effettiva concretizzazione.
Il nuovo accesso agli atti a fronte della digitalizzazione
L’auspicabile attuazione della digitalizzazione dovrebbe comportare numerosi vantaggi, soprattutto un risparmio di tempo nell’acquisire i dati e le informazioni di ogni procedura e di ogni soggetto, garantendo tracciabilità e trasparenza.
Anche la disciplina sull’accesso agli atti, collocata proprio nella parte del Codice dedicata alla digitalizzazione, beneficia di queste innovazioni.
L’art. 35 prevede infatti che l’accesso agli atti, compreso l’accesso civico generalizzato, dovrà essere assicurato in modalità digitale.
Mentre l’art. 36 dispone la messa a disposizione diretta, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi (sempre attraverso la piattaforma digitale di e-procurement) dell’offerta dell’operatore economico aggiudicatario, insieme a tutti i verbali di gara e agli atti, dati e informazioni presupposti all’aggiudicazione.
Inoltre, gli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, attraverso la stessa piattaforma, potranno visionare reciprocamente le offerte dagli stessi presentate. In tal modo potranno orientarsi fin da subito se impugnare l’esito della procedura.
Viene poi previsto che, contestualmente alla comunicazione digitale di aggiudicazione, la stazione appaltante comunicherà agli operatori le decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte, in quanto contenenti segreti tecnici e commerciali. In via innovativa è previsto che tali decisioni sulle richieste di oscuramento potranno essere impugnate nel breve termine di dieci giorni.
Ma gli operatori economici dovranno meditare con ponderatezza le richieste di oscuramento, in quanto in caso di reiterati rigetti, si rischia l’irrogazione di una sanzione pecuniaria dell’ANAC!
Sanzioni salate sono anche previste a carico della stazione appaltante o dell’ente concedente che non provvederanno, attraverso le piattaforme telematiche, alla obbligatoria trasmissione dei dati e delle informazioni alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
Salutiamo quindi con entusiasmo la nuova digitalizzazione, ma teniamo conto che comporterà anche nuovi oneri!
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