Codice dei contratti e Qualificazione: appalti pubblici a rischio paralisi
L'operatività delle nuove regole per gli appalti pubblici unita al numero ridotto di stazioni appaltanti qualificate mette a rischio il Paese
Come in ogni riforma normativa la prima fase è sempre la più delicata, soprattutto quando l'entrata in vigore delle nuove regole non è accompagnata da tutti quei provvedimenti necessari a tutti gli operatori che la devono mettere in pratica. Questa fase avrebbe dovuto essere mitigata nella riforma del Codice dei contratti, considerato che il nuovo Decreto Legislativo n. 36/2023 di riforma del Codice dei contratti è entrato in vigore l'1 aprile ma la sua operatività è cominciata il successivo 1 luglio 2023. Purtroppo, però, molte delle nuove regole necessiteranno ancora di parecchio tempo prima di poterne apprezzare la loro utilità.
Qualificazione delle stazioni appaltanti
Uno dei problemi applicativi di questa prima fase è relativo alla qualificazione delle stazioni appaltanti che, come evidenziato dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), presenta ancora dei forti ritardi dovuti probabilmente all'assenza di personale qualificato.
Lo ha denunciato lo stesso Presidente ANAC Giuseppe Busia evidenziando che nella riscrittura delle nuove regole "non ci si è preoccupati abbastanza di investire sul rafforzamento delle stazioni appaltanti, assumendo giovani capaci e preparati, in grado di svolgere le gare rapidamente e risparmiando denaro pubblico". Una problematica che ad oggi significa avere poco più di 2.000 stazioni appaltanti qualificate che corrisponderà evidentemente ad una vera e propria paralisi considerato che dall'1 luglio scorso comporterà anche il blocco del rilascio del CIG per le stazioni appaltanti non qualificate.
La denuncia del CNI
La denuncia arriva anche dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri che ha posto l’attenzione sugli effetti della combinazione tra l’entrata in vigore, a partire dal primo luglio, delle nuove regole per i contratti pubblici e il preoccupante risultato del processo di qualificazione delle stazioni appaltanti.
"La carenza di stazioni appaltanti qualificate rischia seriamente di portarci al sostanziale blocco degli appalti - afferma Domenico Perrini, Presidente del CNI - Con questi numeri circa il 95% delle stazioni appaltanti non potrà autonomamente dar corso ad affidamenti superiori ai 500mila euro. L’immediata conseguenza è che le poche stazioni appaltanti qualificate dovranno farsi carico anche delle procedure altrui, con un concreto rischio paralisi. Altra grande criticità, per fare un esempio, è quella legata agli appalti con metodologia BIM che richiedono la presenza di un BIM manager ed un ACDat manager, figure non disponibili all’interno degli organici delle PA".
L'esclusione degli operatori economici
"Dal primo luglio - prosegue Perrini - è entrata in vigore la norma che determinerà l’esclusione dalle procedure di affidamento di buona parte degli operatori economici, professionisti in testa, a causa della riduzione da dieci a soli tre anni dei requisiti professionali qualificanti. Sulla base dei nostri calcoli, con questa nuova regola, i professionisti oggi sarebbero tagliati fuori dal 90% delle procedure alle quali, col vecchio requisito dei 10 anni, hanno partecipato”.
Con queste motivazioni il Consiglio Nazionale Ingegneri ha chiesto di accelerare nella emanazione di un Correttivo, per la cui definizione assicura piena collaborazione, anche a partire dal contributo già redatto con la Rete Professioni Tecniche.
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