Il Collegio Consultivo Tecnico (CCT) dopo il Correttivo: riflessioni operative
Il Collegio Consuntivo Tecnico ha subito una profonda revisiona a seguito del D.Lgs. n. 209/2024 di modifica del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici). Ecco cosa cambia
L'istituto del Collegio Consultivo Tecnico (CCT) rappresenta certamente uno degli strumenti più interessanti introdotti dal legislatore per prevenire possibili contenziosi e fornire all'amministrazione e all'operatore economico una struttura stabile di supporto per la valutazione delle circostanze incidenti che possono palesarsi lungo tutto lo sviluppo dell’esecuzione di un'opera pubblica sin anche dalla fase dell’affidamento.
Il CCT per prevenire il contenzioso
È ben noto infatti come il rispetto delle tempistiche prefissate per la realizzazione dell’intervento rappresenti lo snodo cruciale al fine di minimizzare eventuali maggiori oneri operativi e rispettare il target economico prestabilito; si tratta tuttavia di un obiettivo ambizioso che molte volte risulta disatteso a causa di una serie di circostanze incidenti sullo sviluppo dei lavori e, conseguentemente, sulle previsioni economiche.
È proprio da queste situazioni di discrasia tra l’atteso e il realizzato che spesso si generano conflitti tra appaltatore e stazione appaltante, trovandosi quest’ultima a dover difendere le stime economiche iniziali molte volte a ragione, altre volte senza tener conto delle fondate e legittime richieste avanzate dall'esecutore.
Come detto il CCT rappresenta uno strumento di sicuro interesse per prevenire ovvero eliminare gli insorgenti contenziosi, considerata la portata delle determinazioni e dei pareri espressi anche con valenza di lodo contrattuale: tale “potere” presuppone e richiede che il CCT sia equo ed altamente qualificato con componenti dotati di alta professionalità in un contesto operativo a carattere multidisciplinare.
I requisiti dei componenti del CCT
Sui requisiti, il D.Lgs. n. 209/2024 (il correttivo al D.Lgs. n. 36/2023, Codice dei contratti) è intervenuto con una condivisibile sistematizzazione degli stessi all’art.2 dell’allegato V.2, per quanto il confermato limitato numero massimo di incarichi contemporanei (5) potrebbe incidere inevitabilmente sul reperimento delle migliori professionalità creando anche situazioni ambigue di distribuzione delle nomine.
La prima modifica di spicco riguarda invece gli appalti per cui vige l’obbligo di costituzione del CCT. L’art. 215, comma 1, secondo periodo, dispone: “Per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche, incluse quelle realizzate tramite contratti di concessione o di partenariato pubblico-privato, di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea la costituzione del collegio è obbligatoria”. Ne deriva l’esclusione dall’elenco gli appalti di servizi e forniture, originariamente previsti per un importo superiore a 1 milione di euro: si tratta di una scelta di per sé criticabile perché fondata su un presupposto erroneo e non dimostrato, cioè la loro maggiore asserita semplicità degli appalti di servizi e forniture rispetto agli appalti di lavori per la minore incidenza di contenzioso.
In realtà si tratta di una deduzione fallace, in quanto il minor contenzioso negli appalti di servizi e forniture è legato alla minor cura e qualità dei controlli in materia, trattandosi comunque di un settore in cui il controllo sistematico è stato nei fatti introdotto solo dal D.M. n. 49/2018.
Particolarmente apprezzabile è invece la novità dell’art. 216, comma 1: “Nei casi di iscrizione di riserve, di proposte di variante e in relazione ad ogni altra disputa tecnica o controversia che insorga durante l'esecuzione di un contratto di lavori di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, è obbligatoria l'acquisizione del parere o, su concorde richiesta delle parti, di una determinazione del collegio. Se le parti convengono altresì che le determinazioni del collegio assumono natura di lodo contrattuale ai sensi dell'articolo 808-ter del Codice di procedura civile, è preclusa l'esperibilità dell'accordo bonario per la decisione sulle riserve”.
In questo comma può racchiudersi la forte portata innovativa del correttivo sul CCT introducendo l’obbligo per il RUP di acquisire il parere del CCT non solo nel caso delle sospensioni ma anche per ogni disputa tecnica in un contesto di un più corretto equilibrio dei rapporti tra parte pubblica e privata.
Necessario un raccordo in materia di riserve
Era poi necessario un raccordo in materia di riserve tra istituti diversi originariamente non raccordati (CCT e Accordo Bonario): si tratta di una modifica auspicata e necessaria che ovvia a possibili aggravi procedimentali e maggiori oneri operativi (nel caso di in cui in particolare ci si avvalga dell’esperto nominato da ANAC).
È accaduto in alcuni casi della pratica professionale che, acquisito il parere del collegio consultivo tecnico non avente valore di lodo contrattuale, il RUP procedesse all'avvio dell'accordo bonario ai sensi dell'articolo 210 del Codice. In tale contesto ci si potrebbe trovare in presenza di tre diverse pronunce: una del CCT, una dell'esperto nominato per l'accordo bonario o direttamente dal RUP sulle domande dell'impresa e un'altra addirittura nelle relazioni riservate della direzione dei lavori del collaudatore.
Ecco allora che la previsione per cui ogni questione legata alle riserve debba essere di obbligatoria ed esclusiva prerogativa del CCT rappresenta certamente un fondamentale tassello per garantire e implementare la certezza ed efficienza del procedimento e ciò nel presupposto auspicato e qui ribadito della valutazione del contendere da un CCT connotato da alta professionalità.
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