Concessioni balneari: l'Europa conferma il no al rinnovo automatico
Gli Stati membri sono obbligati ad applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente ed è vietato rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività
Le concessioni balneari non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente. Di conseguenza, i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale che non siano conformi alle stesse.
Rinnovo automatico delle concessioni demaniali: l'Europa dice no
Si conferma così, ancora una volta, con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 20 aprile 2023, relativa alla causa C-348/2022, il no dell'Europa al rinnovo automatico delle concessioni su demanio marittimo, già ampiamente ribadito anche di recente dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2192/2023, che ha escluso qualsiasi proroga automatica, compresa quella al 31 dicembre 2024 prevista dal D.L. n. 198/2022 (Decreto Milleproroghe), convertito con legge n. 14/2023.
La questione è stata rimessa dal TAR Puglia in relazione a una controversia tra l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e un Comune, che aveva prorogato le concessioni balneari sul proprio territorio sulla base della legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha "aggirato" il disposto della Direttiva 2006/123/CE, la c.d. “Direttiva Bolkenstein” (considerando 5: “È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del [T]rattato [CE]. (…)”), motivando il differimento con la necessità di avere il tempo di svolgere tutte le attività essenziali per la riforma delle concessioni.
Secondo il diritto dell’Unione, per l’assegnazione di concessioni di occupazione del demanio marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali. Secondo l’art. 12 della Direttiva, “1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2 L’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.
Sulla base di quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2019, il Comune controinteressato nella causa ha invece prorogato, a fine 2020, le concessioni demaniali nel territorio di propria competenza, motivo per cui l’AGCM ha ricordato l’obbligo di una previa procedura ad evidenza pubblica, rilevando che le disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni dovevano essere disapplicate.
Dato che il Comune non si è adeguato, l’AGCM ha adito il TAR per l’annullamento della delibera. Secondo il giudice amministrativo, benché le disposizioni nazionali siano incompatibili con la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, è dubbio che la direttiva sia self-executing, così come l’effetto di esclusione delle norme nazionali difformi. Non solo: secondo il TAR, diversamente da quanto assentito dal Consiglio di Stato, la direttiva non è di liberalizzazione ma di armonizzazione, motivo per cui diversamente sarebbe stata adottata all’unanimità e non già a maggioranza dei voti del Consiglio.
Da qui la decisione di sottoporre alla Corte di giustizia UE alcune questioni pregiudiziali, volte a verificare l’ambito, la validità, la natura e gli effetti dell’applicazione della direttiva Bolkenstein.
La sentenza della Corte di Giustizia UE
Sul punto, la Corte da chiarito che la direttiva si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere, a tal proposito, dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro.
Non solo: il diritto eurounitario non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione.
Ciò significa che è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati.
In questo caso, non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno: considerato che da un lato, il fondamento giuridico di un atto deve basarsi sul suo scopo e sul suo contenuto e, dall’altro, la direttiva ha l’obiettivo di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, il Consiglio di Stato ha correttamente deliberato a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato.
Infine, la Direttiva enuncia in modo incondizionato e sufficientemente preciso che gli Stati membri sono obbligati ad applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, oltre che è vietato rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività.
Si tratta di disposizioni produttive di effetti diretti, motivo per cui i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse.
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