Condono edilizio annullato: l'onere di motivazione
La PA è sempre obbligata a motivare l'annullamento della sanatoria edilizia, anche quando è stata concessa per errore
A volte può capitare che una Pubblica Amministrazione si ritrovi a rilasciare una sanatoria edilizia e, dopo qualche tempo, rendersi conto di avere sbagliato e quindi annullare il condono. Ma attenzione, c'è sempre speranza per chi aveva commesso l'abuso: se il provvedimento di annullamento non viene adeguatamente motivato, esso è illegittimo.
Annullamento condono illegittimo: l'onere di motivazione della PA
Una situazione che può sembrare paradossale e che è il tema della sentenza n. 1976/2022 del Consiglio di Stato, VI sez., inerente il ricorso presentato da un’amministrazione comunale dopo che il TAR aveva accertato l’illegittimità dell’atto di annullamento in autotutela di un permesso di costruire in sanatoria rilasciato ex art. 32 della L. 269/2003 (cd. "Terzo Condono Edilizio").
Secondo il giudice amministrativo, era stato violato l’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, che disciplina l’annullamento d’ufficio, perché l’atto era carente di motivazione sull’interesse pubblico al suo annullamento, oltre che rilasciato oltre il termine consentito. L’amministrazione sosteneva che l’annullamento in autotutela fosse stato invece adottato in un termine “ragionevole” (circa tre anni), ai fini della applicazione dell’art. 21-nonies L. 241/90, nella versione precedente all’entrata in vigore della L. 124/2015 (che ha introdotto un termine di diciotto mesi, diventati poi dodici con il D.L. n. 77/2020) .Oltretutto il provvedimento sarebbe stato adeguatamente motivato, tenuto conto che l'edificio oggetto di condono non era agibile e per cui non ricorrevano le condizioni per sanarlo.
Ragioni di pubblica utilità dell'annullamento vanno indicate
Come ha spiegato il Consiglio di Stato, la motivazione dell'annullamento poggia solo sulla supposta violazione della legge n. 326/2003, ma non indica le ragioni di pubblica utilità che imponevano il ritiro del titolo edilizi; inolte non allude minimamente a una falsa rappresentazione della realtà nei documenti della pratica edilizia, cosa che sarebbe stata una ragione di per sé sufficiente a giustificare il ritiro del titolo edilizio. Quest’ultimo argomento è stato prospettato dal Comnune solo in fase di giudizio e rappresenta quindi un’inammissibile motivazione postuma: l'Amministrazione era quindi a conoscenza del reale stato dell’immobile e della sua non immediata agibilità e non avrebbe dovuto rilasciare il condono edilizio.
Titoli edilizi sono atti amministrativi
Inoltre non ricorrono nemmeno le condizioni per l’annullamento d’ufficio: il Consiglio sul punto ha richiamato la sentenza n. 8/2017 dell'Adunanza Plenaria, con la quale Supremo Consesso della giustizia amministrativa ha affermato che i principi in materia di annullamento in autotutela di un atto amministrativo si applicano anche per i titoli edilizi. Questo significa che l’atto di annullamento deve recare una specifica motivazione in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.
L’onere di motivazione infatti è attenuato solo in presenza di vincoli che rendano palese la sussistenza di un robusto interesse pubblico “autoevidente”, oppure quando si sia in presenza di dichiarazioni false. Nessun riferimento invece al breve lasso di tempo intercorso: esso, secondo Palazzo Spada può, semmai, rendere più semplice la valutazione dei contrapposti interessi, alleggerendo l’onere di motivazione.
Il Comune quindi non era esonerato dall’obbligo di indicare in maniera specifica le ragioni di pubblico interesse che imponevano l’annullamento del condono: l'appello è stato quindi respinto, perché l’esigenza di ripristinare la legalità violata non è sufficiente a motivare l'annullamento di un atto e rappresenta solo il presupposto, ma non la motivazione per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela.
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