Condono edilizio e frazionamento artificioso: il no della Cassazione
La presentazione di plurime istanze di sanatoria relative a distinte unità immobiliari, ciascuna di volumetria non eccedente i 750 mc, costituisce artificioso frazionamento della domanda
Sebbene volta a sanare abusi sostanziali, la normativa sul condono edilizio ha comunque posto dei paletti nel concedere la sanatoria. Uno su tutti, il limite temporale: basti pensare che il termine per l’ultimazione dei lavori e richiedere il condono ai sensi della legge n. 326/2003 (c.d. "Terzo Condono Edilizio") è il 31 marzo 2003, oltre il quale non è possibile sanare gli abusi commessi.
Un altro limite importante è sicuramente quello volumetrico, imposto con l’art. 39 della legge n. 724/1994 (cd. "Secondo Condono Edilizio"), che concede la sanatoria per opere che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria oppure, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Nel caso di nuove costruzioni, la volumetria non deve eccedere i 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.
Condono edilizio: niente sanatoria con il frazionamento artificioso
Ed è proprio nella volontà di eludere questi limiti volumetrici che in tanti cercano di ricorrere al c.d. “frazionamento artificioso”, ovvero alla suddivisione in più unità immobiliari, oggetto di differenti istanze di sanatoria, e che invece compongono una struttura unitaria che nel suo complesso supera la cubatura ammissibile.
Un’operazione che è stata effettuata anche nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione, III sez. penale, con la sentenza dell'11 settembre 2023, n. 37037, che ha confermato l’ordine di demolizione di quello che era chiaramente un unico immobile, suddiviso in due unità oggetto di due domande distinte di sanatoria.
Sanatoria per altro arrivata dopo che la sentenza di demolizione era passata in giudicato e che il giudice dell’esecuzione ha ritenuto illegittima, in quanto risultato di un frazionamento artificioso.
Si legge nella sentenza che “Entrambi gli immobili (ricadenti incontestabilmente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico) fanno parte di un unico corpo di fabbrica verificato su un'area riconducibile ad un unico proprietario e che, sommandone le cubature, supera il limite complessivo di cui all'articolo 39 della legge n. 724/94, individuato dal legislatore all'evidente scopo di sanare unicamente abusi di modesta entità”.
Appare del tutto evidente, secondo gli ermellini, come a fronte di un manufatto unitario, la cui abusività era già stata stata con sentenza irrevocabile, la suddivisione successiva in due distinte unità abitative non può avere alcun effetto ai fini della determinazione dei limiti di cubatura entro i quei è possibile attivare la procedura di permesso di costruire in sanatoria.
Correttamente il Tribunale ha rammentato la costante giurisprudenza della corte secondo cui ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario che fa capo ad un unico soggetto legittimato e le istanze di obiezione eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono esser riferite ad una unica concessione in sanatoria, che riguarda quest'ultimo nella sua totalità. Ciò in quanto la "ratio" della norma è di non consentire l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell’intero complesso edificatorio.
No all'elusione del limite volumetrico
In riferimento al caso in esame, il Collegio evidenzia come la costante giurisprudenza della Corte «in tema di condono edilizio previsto dal d.l. 30 novembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, la presentazione di plurime istanze di sanatoria relative a distinte unità immobiliari, ciascuna di volumetria non eccedente i 750 mc., costituisce artificioso frazionamento della domanda, in caso di nuova costruzione di volumetria inferiore a 3.00C mc, la cui realizzazione sia ascrivibile ad un unico soggetto. Non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, s da costituire una costruzione unica».
Concludono quindi gli ermellini che il giudice dell'esecuzione ha fatto buon governo dei principi di riferimento: egli ha infatti valutato in concreto i titoli abilitativi rilasciati ed è pervenuto ad un giudizio negativo in ordine alla loro validità ed efficacia, ritenendo, correttamente, che in presenza di un condono o una sanatoria illegittimi, non potesse essere revocata l'ingiunzione di demolizione.
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SentenzaIL NOTIZIOMETRO