Condono edilizio e frazionamento artificioso: nuovo no dalla Cassazione
Impossibile sospendere un ordine di demolizione sulla base della presentazione di plurime istanze volte a eludere i limiti imposti dalla normativa sul condono
Non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi: si tratta di un espediente illecito, consistente nella denuncia fittizia di opere plurime non collegate tra loro, quando invece esse sono finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e costituiscono quindi un’unica costruzione.
Condono edilizio: no a istanze plurime
Sul frazionamento artificioso e sulla presentazione di plurime istanze di condono per aggirare i limiti imposti dalla legge n. 724/1994 è tornata a parlare la Corte di Cassazione con la sentenza del 17 ottobre 2023, n. 42253, con la quale ha annullato l’ordine di sospensione dell’esecuzione di una demolizione, che il giudice aveva deciso in quanto erano state presentate due istanze di condono sull’immobile abusivo, senza conoscerne né possibili esiti, né tempi di perfezionamento.
Le due istanze, secondo quanto esposto nel ricorso, erano riconducibili a un unico centro di interessi, riguardando parti distinte del medesimo immobile la cui consistenza unitaria era superiore a 750 mc., in quanto tale non condonabile ai sensi dell'art. 39, legge n. 724/1994.
Secondo condono edilizio: limiti e presupposti
Ricordiamo che il c.d. “Secondo Condono Edilizio” prevede che le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si applicano alle opere abusive:
- ultimate entro il 31 dicembre 1993;
- che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria;;
- ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi.
- a nuove costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1993, non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.
Esecuzione ordine di demolizione: quando si può sospendere?
Ed è proprio per aggirare questo limite di 750 mc che erano state presentate le due istanze di condono, che per altro avrebbero potuto portare alla sospensione dell’ordine di demolizione da parte del giudice dell’esecuzione solo al ricorrere di alcuni presupposti. Vediamo quali.
Spiegano gli ermellini che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, la sanzione della demolizione del manufatto abusivo, prevista dall'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) è sottratta alla regola del giudicato ed è riesaminabile in fase esecutiva, sicché il giudice dell'esecuzione ha l'obbligo di revocare l'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento, solo ove sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto incompatibili, ed ha, invece, la facoltà di disporne la sospensione quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili.
Occorre, a tal fine, che sussista un'incompatibilità insanabile e non meramente futura o eventuale con i concorrenti provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato la abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale.
Inoltre, l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione. A tal fine è necessario, in caso di presentazione di domanda di condono, che il giudice accerti la sussistenza delle condizioni, di fatto e di diritto, che rendono "sanabile" dell'opera, non essendo vincolato al fatto che il richiedente abbia versato gli oneri dovuti.
No al frazionamento artificioso dell'immobile
Sul punto, la Suprema Corte ha appunto ricordato che non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica.
In questo caso, il Tribunale aveva sospeso l'ordine di demolizione sulla scorta della mera presentazione delle domande di condono e del contestuale versamento degli oneri dovuti, senza effettuare alcuna valutazione circa la oggettiva sanabilità dell'opera (nella sua interezza) e sui tempi di definizione della relativa domanda.
L’ordinanza è stata quindi annullata, con rinvio a nuovo giudizio.
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO