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Condono edilizio: no a nuove opere prima della sanatoria

No al completamento, alla trasformazione o all'ampliamento delle opere abusive nell’attesa dell’esito della richiesta

di Redazione tecnica - 27/08/2024

La presentazione di un’istanza di condono edilizio non autorizza i soggetti interessati a completare, trasformare o ampliare le opere abusive nell’attesa dell’esito della richiesta, in quanto - fino all’ottenimento di un eventuale accoglimento della sanatoria - gli ulteriori interventi conseguiti su un immobile oggetto di condono pendente si considerano abusivi al pari di quelli già dichiarati illegittimi.

In tali casi, il provvedimento di diniego del condono è un atto dovuto, così come l’ordine di demolizione, e non può essere annullato a meno che l’interessato non presenti elementi validi che, se valutati in fase procedimentale, avrebbero potuto portare ad un esito diverso da quello disposto.

Condono edilizio: il Consiglio di Stato sull'esecuzione di nuovi lavori

A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 12 luglio 2024, n. 6243, che respinge il ricorso contro il diniego della sanatoria - richiesta ai sensi della Legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio) - e l’ordinanza di demolizione, disposti per opere conseguite su un immobile oggetto di istanza di condono pendente che hanno comportato la totale trasformazione del manufatto, peraltro all’interno di un’area sottoposta a vincoli di tutela ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Si spiega, per l’appunto, che la normativa che disciplina il condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare, e non consente la realizzazione di nuove opere aggiuntive mentre il procedimento è pendente, così come non ammette la possibilità di utilizzare materiali di costruzione diversi da quelli originari, in quanto l’intervento si configurerebbe come una “sostituzione edilizia”, e non risulterebbero soddisfatte le caratteristiche obbligatorie di:

  • continuità tra vecchia e nuova costruzione;
  • riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza.

I giudici di Palazzo Spada chiariscono infatti che, in presenza di un’istanza di condono pendente, la normativa concede al massimo di conseguire lavori finalizzati a garantire la conservazione del manufatto abusivo, a patto però che non siano apportate modifiche alle caratteristiche essenziali dell’opera o alla sua destinazione d’uso.

Abusi con condono pendente: mai sanabili le modifiche rilevanti

Nel caso in esame, l’immobile oggetto di condono pendente (un locale adibito a lavanderia) è stato radicalmente trasformato per realizzare un nuovo manufatto, e in più sono state conseguite ulteriori opere in muratura con relativo cambio di destinazione d’uso da agricola ad abitativa, pavimentazioni in pietrame e malta, stabili coperture e tre pergolati.

In sostanza, non solo l’originario locale oggetto di condono pendente è stato alterato nettamente - tanto da risultare non più esistente, ma in più sono stati realizzati ulteriori interventi aggiuntivi che hanno portato alla presenza di un organismo diverso dal preesistente per superficie, volumetria e sagoma planovolumetrica.

Si ritiene pertanto che il diniego dell’istanza di condono, e la conseguente ingiunzione a demolire le opere, sia stato legittimamente disposto in virtù di quanto previsto dagli artt. 31 e 32 del Testo Unico Edilizia per le opere eseguite abusivamente in assenza di permesso di costruire.

Opere abusive senza autorizzazione paesaggistica: no a sanatoria postuma

Risulta senz’altro dirimente poi il fatto che gli interventi siano stati realizzati all’interno di un’area comunale interamente dichiarata di notevole interesse pubblico, senza previa richiesta dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del Codice dei Beni Culturali e senza possibilità di richiedere la compatibilità paesaggistica postuma ai sensi dell’art. 167, che viene eventualmente concessa solo per lavori che non abbiano creato nuovi superfici, volumi o ampliamenti e che, comunque, siano configurabili come manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi delle categorie di interventi di cui all’art. 3 del TUE.

Viene chiarito infatti che le opere realizzate - vista la loro consistenza, che dev’essere valutata in maniera unitaria - a prescindere da come possano essere qualificate, in ogni caso hanno comportato l’alterazione dello stato dei luoghi e dell’aspetto esteriore dell’edificio.

Diniego condono annullabile senza preavviso: ecco quando

Il ricorrente non può infine appellarsi neanche all’istituto del preavviso di rigetto, in base al quale, senza la previa comunicazione del diniego dell’istanza, il provvedimento potrebbe essere annullato in quanto illegittimo.

In particolare, si spiega che il mancato invio della comunicazione di cui all’art. 10-bis della Legge n. 241/1990 (Norme in materia di procedimento amministrativo) può inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati, come quello di condono, ma solo nel caso in cui il soggetto interessato sia in grado di presentare elementi deduttivi e istruttori che creino il dubbio che - in caso di osservanza delle disposizioni procedimentali da parte dell’Amministrazione - il contenuto dell’atto avrebbe potuto essere differente rispetto a quello adottato.

In altre parole, affinché la violazione dell’art. 10-bis citato possa comportare l’illegittimità del diniego di condono, il soggetto non può limitarsi a denunciare la lesione delle proprie garanzie partecipative al procedimento, ma è tenuto ad indicare concretamente gli elementi fattuali e valutativi che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto portare all’accoglimento della sanatoria.

Nel caso in questione, non è stata presentata alcuna prova che possa inficiare la legittimità del provvedimento, pertanto si applica quanto previsto dall’art. 21-octies comma 2 della stessa L. 241/90, secondo cui “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Visto quanto detto, i giudici confermano l’efficacia sia del diniego del condono che dell’ordine di demolizione, con conseguente rigetto del ricorso.

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