Condono edilizio: occhio al frazionamento artificioso
La Corte di Cassazione torna sul condono edilizio e sul frazionamento artificioso delle istanze non consentito dalla normativa
No al frazionamento artificioso
Nel caso di specie era stata rigettata la richiesta di revoca di un'ingiunzione a demolire sul presupposto che l'intervento edilizio illecito non era suscettibile di condono, in quanto l'opera, della misura complessiva di circa 1300 mc, sebbene unitaria, era stata fatta oggetto di due distinte pratiche amministrative, per rispettare il limite legale di 750 mc, con evidente violazione di legge.
La Cassazione, infatti, ha affermato costantemente, in tema di condono edilizio, che nel caso di bene immobile in comproprietà, per il quale non sia stata operata alcuna divisione né costituito un distinto diritto di proprietà su una porzione dello stesso, la presentazione di distinte istanze di sanatoria da parte di diversi soggetti legittimati in forza degli artt. 6 e 38, comma 5, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, richiamati dall'art. 39, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, costituisce un frazionamento artificioso della domanda, da imputare ad un unico centro sostanziale di interesse, onde non consentire l'elusione del limite legale di volumetria dell'opera per la concedibilità della sanatoria.
In altri termini, non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, "disarticolandole", quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono ad esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica
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