Condono edilizio e ordine di demolizione: quando sospensione non significa annullamento
Il Consiglio di stato ribadisce che la presentazione di un'istanza di sanatoria non elimina un provvedimento, ma ne sospende solo l'efficacia
Presentare un'istanza di condono non equivale ad annullare un eventuale provvedimento di demolizione, o addirittura, di acquisizione del manufatto abusivo al patrimonio comunale. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato, sez. Sesta, con la sentenza n. 1292/2022, inerente il ricorso presentato appunto contro un provvedimento di demolizione di opere edili abusive e loro acquisizione al patrimonio comunale.
Nel caso in esame, un'Amministrazione comunale aveva ordinato la demolizione delle opere abusive, consistenti nella realizzazione di:
- un piano seminterrato di circa mq. 400 per una volumetria di mc. 1.280;
- un piano terra della superficie complessiva di circa mq. 305 e una volumetria di mc. 1.280, con portici aperti sui lati;
- un altro manufatto distante dalla struttura, composto da un piano terra della superficie complessiva di mq. 200 e una volumetria di mc. 1.000, con portici in legno laterali;
- una tettoia aperta con struttura in legno e copertura in tegola di mq. 90
- una piscina di circa mq. 180, con adiacente locale interrato in muratura di circa mq. 20.
Data l’inottemperanza all’ordine il comune ha dichiarato l'acquisizione al patrimonio comunale dei manufatti abusivi. Il proprietario ha quindi fatto ricorso al TAR, facendo presente che il rpovvedimento era illegittimo, in quanto il Comune aveva agito nonostante fosse stata presentata nel dicembre 2004 domanda di condono ai sensi della L. n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio).
Il Tar aveva respinto il ricorso affermando che "la presentazione della domanda di condono e del permesso in sanatoria non determinano l’improduttività di effetti della disposta acquisizione".
Sospensione efficacia ordine di demolizione: la sentenza del Consiglio di Stato
Da qui l’appello al Consiglio di Stato. Secondo l’appellante, la presentazione dell’istanza di condono ex art. 32, comma 25, del D.L. n. 269/2003, avrebbe dovuto, in virtù del rinvio in esso contenuto, determinare l’applicazione della disposizione contenuta nell’art. 44 della L. n. 47/1985, a norma della quale, in pendenza del termine per la presentazione delle istanze di condono, sono sospesi i procedimenti sanzionatori con conseguente inefficacia delle misure repressive adottate.
La presentazione dell’istanza di condono, intervenuta a dicembre 2004, quindi in pendenza del termine utile, avrebbe dovuto imporre all’Amministrazione la concessione del permesso di costruire in sanatoria o, in alternativa, la necessità di riesaminare l’intera fattispecie “con conseguente cessazione di ogni efficacia lesiva dell’ordinanza impugnata.
Palazzo Spada ha prelinimarmente ricordato che sul punto la giurisprudenza non è stata sempre univoca:
- talvolta è stato affermato che la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità determina l'inefficacia della misura demolitoria facendo sorgere, in capo all’Amministrazione, l’obbligo di rivalutare l’abuso pervenendo ad una nuova pronunzia, con conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse dell’originaria impugnazione;
- in altre occasioni si è, invece, sostenuto che la pendenza dell’istanza determini una situazione di inefficacia della misura impugnata solo temporanea, destinata a cessare una volta definito il procedimento di sanatoria.
L’orientamento più recente, al quale il Collegio ha voluto aderire in questo caso, è conforme a quest’ultima posizione, che riconosce all’istanza di sanatoria il solo effetto di impedire temporaneamente che la misura repressiva venga portata ad esecuzione.
Riespansione ordine di demolizione
Una volta che il procedimento prende direzione sfavorevole, con provvedimento espresso o per silenzio, esso determinerà la “riespansione” dell’originario ordine di demolizione che riacquisterà efficacia senza necessità di ricorrere all’adozione di ulteriori provvedimenti.
Come spiega il Consiglio, questa posizione è coerente “con il principio di certezza delle situazioni giuridiche che, subirebbe un vulnus, qualora si riconoscesse al privato sanzionato la possibilità, mediante la semplice reiterazione di istanze di sanatoria, di precludere il dispiegamento degli effetti propri della misura impugnata innescando un procedimento ricorsivo senza fine perché il soggetto sanzionato potrebbe rinnovare (senza limitazioni di alcun genere) la domanda a seguito della riadozione di quel provvedimento”.
La presentazione dell’istanza di condono non comporta la definitiva inefficacia della misura originaria né la necessità, per l’Amministrazione, di doverla rideterminare. Il ricorso è stato quindi respinto, confermando il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dei manufatti abusivi.
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