Condono edilizio e piscine: la Cassazione sul completamento dell'opera
Cassazione: "...l'ultimazione di una piscina richiede la sua utilizzabilità, la quale non può prescindere dall'elemento essenziale del rivestimento interno"
Tre leggi speciali del 1985, del 1994 e del 2003 hanno consentito in Italia il condono edilizio di opere eseguite in assenza di titolo. Possibilità che ad oggi sono ancora oggetto di contenzioni e approfondimenti della giustizia di ogni ordine e grado.
Condono edilizio e piscine: nuova sentenza della Corte di Cassazione
È in caso della sentenza 23 marzo 2022, n. 10002 con la quale la Corte di Cassazione chiarisce alcuni importanti concetti relativi al condono edilizio di una piscina. Il ricorso è, infatti, presentato per l'annullamento di una ordinanza del Tribunale che aveva rigettato l'istanza di revoca dell'ingiunzione di demolizione, impartita con sentenza di condanna irrevocabile per la commissione di reati edilizi, avente per oggetto opere abusive consistenti in una piscina con solarium, spogliatoi e due wc.
Secondo il ricorrente sarebbe errato il vizio contestato dall'amministrazione e confermato dal Tribunale sulla ritenuta mancata ultimazione della piscina e in relazione alle successive opere di completamento. A sostegno della tesi il ricorrente richiama una relazione tecnica contenente due fotografie che ritraggono la piscina allo stato grezzo, ma in cui si osserva che tale opera era stata ultimata nell'anno 1993, con la costruzione del quarto lato, non rilevando a nulla la mancata apposizione del rivestimento.
La prospettazione difensiva è volta a contestare l'affermazione del Tribunale secondo cui tale opera, priva del rivestimento interno, non risultava ultimata in data 31/12/1993, con la conseguente mancanza del presupposto, quale il completamento funzionale dell'opera non destinata alla residenza, per la concessione del condono edilizio ai sensi dell'art. 31, comma 2, della legge n. 47 del 1985.
Condono edilizio e completamento della piscina
La Corte di Cassazione ricorda, però, un orientamento pacifico secondo cui la realizzazione al rustico del manufatto, rilevante ai fini dell'assoggettabilità temporale dello stesso al condono, comporta il necessario completamento della copertura e il tamponamento dei muri perimetrali.
Contrariamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, tale giurisprudenza di legittimità, affermatasi in relazione alla copertura di manufatti destinati a civile abitazione, risulta altresì applicabile anche alle piscine natatoria. In questo caso, l'ultimazione di una piscina richiede la sua utilizzabilità, la quale non può prescindere dall'elemento essenziale del rivestimento interno. E non può logicamente ritenersi utilizzabile per alcuno scopo una piscina natatoria sprovvista di copertura e rivestimento, non trattandosi della semplice mancanza di alcune rifiniture, la quale non inficerebbe la concreta utilizzabilità di tale opera.
Proprio per questo motivo, la Cassazione ha confermato la tesi del Tribunale e affermato che una piscina natatoria priva di copertura e rivestimento è essenzialmente equiparabile ad un mero scavo, inutilizzabile ai fini di balneazione. E proprio per questo non condonabile.
Il condono delle opere accessorie
I riferimento alle opere definite dal ricorrente "accessorie", ovvero il solarium, gli spogliatoi e i due wc, l'ulteriore asserzione in merito alla qualificazione di dette opere di completamento come interventi di minore rilevanza, afferenti alla manutenzione straordinaria o al restauro, sussumibili nei nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del Decreto Legge n. 269 del 2003 non è stata accolta.
La costruzione degli spogliatori, del solarium e di due wc non è in alcun modo equiparabile ad un intervento di mera manutenzione straordinaria o di restauro, costituendo essi opere nuove, realizzate successivamente, come risulta peraltro dalla stessa prospettazione difensiva.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 23 marzo 2022, n. 10002IL NOTIZIOMETRO