Condono edilizio e vincolo cimiteriale: interviene il Consiglio di Stato
Ok all'applicazione dell'art. 33 (inedificabilità assoluta) della legge n. 47/1985 in quanto "è vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di duecento metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale"
L'esistenza del vincolo cimiteriale comporta l’inedificabilità assoluta nell'area interessata, motivo per cui è impossibile il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 33 della legge n. 47/1985.
Vincolo cimiteriale e opere abusive: no al condono edilizio
Lo chiarisce il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8067/2023, con la quale ha confermato la legittimità di un provvedimento di diniego di permesso di costruire in sanatoria per un fabbricato posto a meno di 200 metri dalla fascia di rispetto del vincolo cimiteriale.
Secondo il ricorrente, nel corso del provvedimento era intervenuta una riduzione di tale fascia entro i 100 metri e non avrebbe quindi potuto trovare applicazione l’art. 33 della legge n. 47/1985 (c.d. "Primo Condono Edilizio"), in considerazione del fatto che l’immobile veniva a ricadere in un’area non più soggetta ad un vincolo di inedificabilità assoluta per effetto di tale riduzione, per cui la costruzione sarebbe stata sanabile ai sensi dell’art. 32 della stessa legge n. 47/1985, previo parere da esprimersi dalla competente autorità tutoria del vincolo igienico-sanitario. Ai fini del rilascio del titolo edilizio di condono, sarebbe stato applicabile l’art. 32, e non l’art. 33, della legge n. 47 del 1985, che impone l’acquisizione del nulla osta a sanatoria a cura dell’attività tutoria del vincolo paesaggistico ambientale.
Di diverso avviso appunto l’Amministrazione comunale, che ha considerato che l’opera abusiva realizzata non suscettibile di sanatoria:
- ai sensi dell'art. 33 della legge n. 47/1985, in quanto ricade in zona territoriale sottoposta a vincolo cimiteriale con inedificabilità assoluta;
- ai sensi dell'art. 33, comma 1, lettera a), della legge n. 47/1985 in quanto le opere sono state realizzate in ambito sottoposto a vincolo di inedificabilità assoluta già presente, in un’area entro la quale “è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti”.
Vincolo cimiteriale: i chiarimenti del Consiglio di Stato
Sul punto, il Consiglio ha ricordato che, in materia di vincolo cimiteriale, l’art. 338, comma 1, T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34 prevede che “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di duecento metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale”.
In proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che:
- il vincolo cimiteriale prescritto dall’art. 338 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 determina un regime di inedificabilità ex lege, integrando una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene, tale da configurare in maniera oggettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con il perimetro dell’area cimiteriale;
- il vincolo, in ragione del suo carattere assoluto, non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
- il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
- la nozione di “centro abitato” richiamata dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34, deve intendersi in senso ampio e comprensivo di ogni ambito spaziale nel quale insistano edifici connotati da effettiva e permanente destinazione residenziale o con uso correlato alla residenza, posto che, altrimenti, si consentirebbe la generalizzata costruzione o ampliamento dei cimiteri anche a ridosso di edifici a uso abitativo, in violazione delle esigenze di tutela della pubblica igiene e salute sottese alla prescrizione di cui all’art. 338, comma 1, cit.;
- la deroga prevista dal quinto comma dell’art. 338 r.d. n. 1265/34 con riferimento all’ampiezza della fascia di rispetto cimiteriale è suscettibile di essere ridotta soltanto in via autoritativa e a tutela di interessi pubblici.
Pertanto il consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che il vincolo cimiteriale abbia carattere assoluto e non consenta in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, e che lo stesso vincolo si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.
L'esistenza del vincolo cimiteriale nell'area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, quindi, comportando l'inedificabilità assoluta, impedisce il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 33, L. n. 47/1985, senza necessità di compiere ulteriori valutazioni.
Di conseguenza, nel caso in esame non assume alcun rilievo la temporanea riduzione della fascia di rispetto cimiteriale a 100 metri, contenuta in una variante al PRG e peraltro adottata ma mai approvata e quindi giammai efficace, atteso che, come detto, gli strumenti urbanistici non sono in alcun modo idonei ad incidere sull’esistenza e i limiti del vincolo cimiteriale dettati dalla norma primaria. Inoltre, tale deroga tendeva a salvaguardare l’interesse pubblico al mero ampliamento dei cimiteri esistenti e non poteva essere intesa come costituiva in capo al privato di una facoltà di edificare in deroga alla fascia di rispetto di duecento metri prescritta dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34.
Opere abusive: no alla sanatoria parziale
Infine, la prospettazione da parte dell’appellante che il fabbricato fosse a una distanza di circa 200 metri dall’originario perimetro cimiteriale, cioè sul limite della fascia di rispetto, non assume alcun rilievo, atteso che gli interessati avrebbero dovuto dimostrare che l’intero fabbricato è posti ad una distanza superiore a duecento metri.
Sul punto, ricorda Palazzo Spada che la Corte di Cassazione ha chiarito che tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate, per cui non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa.
Ne consegue che il ricorso è stato respinto: l’Amministrazione ha correttamente ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 33 della legge n. 47 del 1985 (vincolo di inedificabilità assoluta), anziché l’art. 32 (vincolo di inedificabilità relativa) della legge n. 47 del 1985.
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SentenzaIL NOTIZIOMETRO