Condono edilizio e vincolo paesaggistico: nessuna deroga consentita
Come confermato di recente dalla Corte Costituzionale, la sanatoria non può essere concessa anche se l’abuso è stato commesso prima dell’apposizione del vincolo
Costruire abusivamente una struttura prima che su un’area venga apposto un vincolo paesaggistico non permette comunque di ottenere il condono edilizio.
Condono su area vincolata: la sentenza del TAR
Lo ribadisce il TAR Lazio, con la sentenza n. 5718/2022, a seguito del ricorso presentato contro un diniego di condono edilizio richiesto ai sensi del D.L n. 269/2003 (cd. "Terzo Condono Edilizio"), convertito in legge n. 326/2003, e della relativa ordinanza di demolizione di un fabbricato ad uso residenziale, con annessi due piccoli manufatti in zona con vincolo paesaggistico.
Secondo i ricorrenti, l’Amministrazione avrebbe dovuto rilasciare il condono perché gli abusi edilizi contestati sarebbero stati realizzati in epoca antecedente rispetto all’imposizione dei vincoli paesaggistici. Allo stesso tempo la sanzione demolitoria andava sostituita da quella pecuniaria, perché sarebbe stato impossibile ripristinare lo stato dei luoghi senza arrecare pregiudizio a un’altra struttura, regolarmente autorizzata nel 2002.
Abusi edilizi in area vincolata: limiti alla sanatoria
In riferimento al condono negato per preesistenza dei vincoli paesaggistici, il TAR ha ricordato che, ai sensi dell’art. 32 comma 27, lett. d) D.L. n. 269/2003, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive che «siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
Per confutare l’operatività di questa disposizione, i ricorrenti avrebbero dovuto adeguatamente comprovare, e non solo affermare, che il manufatto in contestazione risale ad epoca antecedente all’apposizione dei vincoli paesaggistici gravanti sull’area oggetto di intervento. Senza assolvimento dell’onus probandi, la censura non ha alcuna consistenza.
In ogni caso, secondo quanto previsto dalla Legge Regionale n. 12/2004, con la quale il legislatore ha introdotto una disciplina di maggior rigore, non sono comunque suscettibili di sanatoria", le opere (…) realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali (....) nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali".
Questa previsione, è stata recentemente confermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 181/2021, per cui anche se il manufatto era preesistente al vincolo esso non è comunque sanabile.
Infine, il TAR ha ricordato che:
- il potere ripristinatorio, a fronte di abusi edilizi, rappresenta atto “dovuto e vincolato” alla mera verifica delle relative condizioni, ex lege delineate negli artt. 27 e ss. D.P.R. n. 380/2001, per cui non vi è spazio per ipotizzare distorsioni dell’azione pubblica, tra cui l’“ingiustizia manifesta” della discrezionalità in capo alla p.a.;
- la sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria (cd. "fiscalizzazione dell'abuso") può essere valutata dall’amministrazione comunale in un momento successivo ed autonomo rispetto alla diffida a demolire, ovvero quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione. È in fase esecutiva, quindi, che il Comune sarà tenuto ad accertare le conseguenze eventualmente derivanti dalle statuizioni demolitorie di cui all’ordinanza impugnata, valutando la possibilità di comminare una sanzione pecuniaria alternativa.
Il ricorso è stato quindi respinto in ogni sua parte, confermando l’insanabilità di un edificio costruito abusivamente in area vincolata, anche quando costruito prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico.
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