Conflitto di interessi: no a direzione lavori per consulenti della SA
Il conflitto non riguarda solo il personale dipendente, ma anche tutti i soggetti che possano rappresentare l’ente pubblico o comunque influenzarne le decisioni
Il concetto di conflitto di interessi non ha valore soltanto nei confronti del personale dipendente della PA, ma anche rispetto a tutti i soggetti che possano rappresentare l’ente pubblico o comunque influenzarne le decisioni, anche ad esempio nel ruolo di consulente esterno. Non solo: il conflitto di interessi non va riferito soltanto alla fase di gara ma anche a quella dell’esecuzione del contratto.
Appalti pubblici e conflitto di interessi: la sentenza del Consiglio di Stato
Sulla base di questi presupposti, e richiamando quanto previsto dall’art. 42 del d.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), il Consiglio di Stato, con la sentenza del 16 novembre 2023, n. 9850 ha confermato la legittimità dell’esclusione dalla gara di un’impresa il cui amministratore era stato consulente per la stazione appaltante nella procedura di gara e che si sarebbe trovato anche ad essere direttore esecutivo del servizio in appalto.
Spiega Palazzo Spada che la nozione di conflitto di interessi non consiste in comportamenti dannosi per l’interesse funzionalizzato, ma in una condizione giuridica o di fatto dalla quale scaturisce un rischio di tali comportamenti, un rischio di danno. Il fondamento costituzionale dell’istituto del conflitto di interessi si rinviene nell’art. 97 Cost., il quale richiede che la pubblica amministrazione agisca nel rispetto della regola dell’equidistanza nei confronti dei destinatari dell’azione amministrativa.
Conflitto di interessi: il quadro normativo
Dal complessivo quadro regolatorio emerge l’esistenza nell’ordinamento del concetto di conflitto di interessi non tipizzato, comprendendo:
- l’art. 6 bis della legge n. 241 del 1990 (introdotto dall’art. 1, co. 41 della legge n. 190 del 2012 e applicabile come norma generale anche al settore dei contratti pubblici) che prevede l'obbligo di astensione dell'organo amministrativo in conflitto di interessi "anche potenziale";
- l’art. 53, d.Lgs n. 165 del 2001, nel testo modificato dalla legge n. 190 del 2012, che prevede la verifica o la dichiarazione di situazioni di conflitto di interesse anche potenziale;
- l’art. 7 del d.P.R. n. 62 del 16 aprile 2013 prevede l’obbligo di astensione anche nel caso in cui sussistano “gravi ragioni di convenienza”;
- l’art. 51 c.p.c. rimanda, a sua volta, a “gravi ragioni di convenienza” di cui all’art. 7.
I principi generali della disciplina del conflitto di interessi nelle procedure ad evidenza pubblica, per quanto concerne la normativa ratione temporis applicabile al presente giudizio, sono contenuti nell'articolo 42 del D.lgs. n. 50/2016 il quale stabilisce che spetta alle stazioni appaltanti prevedere misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici (art. 42, comma 1, d.lgs. n. 50/2016), legate al fatto che sulla scelta del contraente possano incidere interessi estranei ad una corretta selezione dei concorrenti.
Il conflitto di interessi nel Codice dei Contratti Pubblici
In sostanza, il codice dei contratti pubblici, ponendo come condizione di rilevanza del conflitto il fatto che la situazione possa “essere percepita” come una minaccia alla imparzialità e indipendenza dell’agire, introduce per la prima volta ed enfatizza l’obiettivo della tutela dell’interesse immateriale della P.A., allargando quindi il parametro di giudizio sulla “gravità delle ragioni di convenienza”, affidando invece la gestione vera e propria del rischio mediante un semplice rinvio esterno alle ipotesi di obbligo di astensione previste dall'art. 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, nella duplice qualità tipica e atipica.
La mera “potenzialità” del conflitto di interessi, da valutare ex ante, è espressa dallo stesso art. 42 che, al co. 2, prevede che “si ha conflitto d'interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione”.
Le linee guida dell’ANAC chiariscono, inoltre, che l’ambito soggettivo riguarda non solo i dipendenti in senso stretto delle pubbliche amministrazioni ma anche coloro che possano “obiettivamente influenzarne l’attività esterna” (par. 4.1).
Conflitto di interessi vale anche per i soggetti che hanno rapporto esterni con la PA
Nella stessa direzione si orienta la giurisprudenza amministrativa, la quale ha avuto modo di chiarire che, nell’ambito delle gare pubbliche ed in particolare in relazione alle ipotesi di conflitto di interesse del personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che l'art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, sul versante soggettivo, va interpretato in senso ampio, nel senso che il riferimento alla nozione di "personale della stazione appaltante" non resti limitato ai soli soggetti che intrattengono con l'amministrazione rapporti di lavoro dipendente.
Al contrario, la nozione va riferita a quanti, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di validamente impegnare, nei confronti dei terzi, i propri danti causa o comunque rivestano, di fatto o di diritto, un ruolo tale da poterne obiettivamente influenzare l'attività esterna. Tali acquisizioni giurisprudenziali sono state oggetto di esplicita codificazione da parte del legislatore del nuovo codice dei contratti pubblici (art. 16, d.lgs. 31 marzo 2023 n. 36).
Inoltre, giova considerare che, ai sensi del comma 4 dell’art. 42 d.lgs. 50/2016, le disposizioni dei precedenti commi sul conflitto di interessi “valgono anche per la fase di esecuzione dei contratti pubblici”.
Appare del tutto evidente che possa rientrare, sotto il profilo soggettivo, tra i soggetti suscettibili di integrare la nozione di conflitto di interessi l’affidatario del servizio di direzione e vigilanza della fase esecutiva dell’appalto ovvero il soggetto che opera, per conto della stazione appaltante, quale direttore (e, quindi, con funzioni anche di vigilanza e di controllo) della fase esecutiva.
La collaborazione attiva nella fase di gara con l’impresa aggiudicataria del servizio costituisce circostanza idonea a costituire una minaccia per l’imparzialità e l’indipendenza della parte appellante quale prestatore del servizio di direzione della fase esecutiva del servizio medesimo. Si tratta di una situazione per cui sarebbe necessario un vero e proprio obbligo di astensione.
Conclude quindi il Consiglio che il comportamento assunto dal professionista nell’interesse della società risponde a un conflitto di interessi di cui all’art. 42 del codice dei contratti pubblici, giacché, l’amministratore si sarebbe trovato a esercitare il controllo, in qualità di direttore esecutivo, proprio sulle attività della di cui non solo era consulente, ma per la quale ha anche partecipato alla stessa procedura di gara aggiudicata.
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