Costo della manodopera: il TAR su indicazione, ribasso e verifica

Il mancato scorporo dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante va impugnato tempestivamente dall’operatore economico

di Redazione tecnica - 29/05/2024

Dopo poco più di un anno dalla sua entrata in vigore ma, soprattutto, a seguito del banco di prova dei tribunali, la questione relativa all’indicazione, ribasso, scorporo e verifica del costo della manodopera ai sensi del nuovo Codice dei contratti (D.Lgs. n. 36/2023) dovrebbe ormai essere più chiara a tutti.

Costo della manodopera: nuovo intervento del TAR

L’argomento si arricchisce di un nuovo elemento, costituito questa volta dalla sentenza del TAR Basilicata 21 maggio 2024, n. 273 che conferma integralmente quella che è la prassi da seguire per i costi della manodopera.

La questione riguarda l’applicazione delle seguenti disposizioni del Codice dei contratti 2023:

  • art. 41, comma 14, per il quale “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”;
  • art. 108, comma 9, secondo il quale “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”;
  • art. 110, comma 1, per cui “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.

Nel caso oggetto della nuova sentenza del TAR Basilicata viene preliminarmente contestata (dopo la presentazione delle offerte e l’esclusione dalla gara) la mancata indicazione separata dei costi della manodopera nel bando di gara. Su questo punto il TAR ha parlato di “censura tardiva”, essendo rivolta a censurare la mancata previsione nello scorporo nella legge di gara che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente se avesse precluso la possibilità di formulare un’offerta.

Nel caso di specie, invece, il ricorrente ha partecipato alla gara, dimostrando che l’omesso scorporo dei costi della manodopera non è stato di per sé preclusivo della possibilità di formulare l’offerta.

Ribasso costo della manodopera

Il ricorrente contesta pure che gli altri concorrenti avrebbero ribassato il costo della manodopera in palese violazione del codice dei contratti e, in particolare, dell’art. 41, comma 14.

Il TAR, dando continuità ad un orientamento ormai consolidato, ha confermato che l’art. 41, comma 14, del vigente codice dei contratti pubblici deve essere interpretato in maniera coerente con i citati articoli 108, comma 9 e 110, comma 1.

Dalla lettura dei 3 articoli se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.

Compressione della libertà di impresa

La tesi sostenuta dal ricorrente, dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello di cui si discute, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.

Tesi confermata dal Consiglio di Stato (sentenza n. 5665/2023) secondo il quale, con riferimento al previgente Codice dei contratti, “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, ha osservato che: “persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.

Dunque, in base al comma 14, art. 41, la conseguenza per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera è, non l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali (tesi confermata anche dal TAR Toscana con la sentenza 29 gennaio 2024, n. 120).

Valutazione di anomalia

Altra censura riguarda la valutazione di anomalia dell’offerta del ricorrente e delle sue giustificazioni che la stazione appaltante non avrebbe ritenuto congrue, censurandone l’attendibilità della valutazione di anomalia in più punti.

Su questo punto il TAR ha ricordato che il giudizio sulle offerte sospettate di essere anomale costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla pubblica amministrazione ed insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara o del RUP, che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta.

Il sindacato del Giudice amministrativo sulle valutazioni dell’amministrazione è circoscritto al profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione.

Nel caso di specie, osservano i giudici di primo grado, il concorrente ha operato una illogica e palesemente errata determinazione del costo della manodopera, del tutto arbitraria e priva di riscontro rispetto a quanto previsto nelle tabelle del ministero del lavoro e delle politiche sociali per la determinazione del costo del lavoro, che lo stesso operatore economico ha allegato alle varie giustificazioni.

In definitiva l’appello è stato respinto e l’esclusione confermata.

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