Decoro architettonico edificio condominiale: chiarimenti dalla Cassazione
Un'opera modificativa è lesiva del decoro architettonico anche quando esso si sia già degradato in conseguenza di interventi precedenti di cui non sia stato preteso il ripristino
In materia di edifici condominiali, la valutazione dell’impatto di un’opera che modifica il decoro architettonico va fatta adottando un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all’unitarietà originaria di linee e di stile, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e alla nuova alterazione prodotta, senza che possa conferirsi soltanto rilevanza, per escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni.
Decoro architettonico edificio condominiale: valutazione degli interventi precedenti e attuali
Si tratta di un principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16518/2023 della II sez. Civile, con la quale ha accolto il ricorso presentato dalla proprietaria di un appartamento con terrazzo confinante con un altro, sul quale erano state realizzate delle sopraelevazioni che avrebbero violato la disciplina delle distanze e alterato il decoro architettonico dell’edificio.
Gli ermellini hanno infatti accertato, a differenza della Corte d'Appello, la violazione dell’art. 1127 c.c. sulla valutazione delle caratteristiche e dell'aspetto architettonico del fabbricato. ll CTU aveva rilevato che le opere realizzate «alterano senz’altro lo stato originario di progetto del fabbricato. [...] Tali opere chiaramente osservabili dagli appartamenti circostanti (anche di altri edifici) a quota uguale o maggiore. [...] Le forme realizzate, quali ad esempio archi delle portefinestre, non risultano in sintonia con l'estetica del fabbricato, caratterizzata dalla linea dritta […]. Inoltre, i volumi realizzati introducono elementi di disturbo e confusione (quali ad esempio solai a differenti altezze), compromettendo ulteriormente un giudizio positivo sull'estetica del fabbricato».
Una valutazione diversa da quella del tribunale di secondo grado,che aveva ritenuto di poter sottovalutare questi elementi, osservando che le alterazioni sono intervenute su un prospetto dell'edificio già gravemente compromesso da plurimi interventi di altri condomini che hanno concorso a disperdere la simmetria, l'estetica e l'aspetto generale del fabbricato, oltre che dal degrado connesso alla vetustà della struttura. “Inoltre, essi non sono visibili dalla strada su cui aggetta il prospetto interessato, di talché non è apprezzabile l'incompatibilità con lo stile architettonico dell'edificio, né la disomogeneità delle linee e delle strutture se non perdendo di vista l'armonia estetica dell'edificio e orientando lo sguardo da siti privati, con un'attenzione al particolare, piuttosto che all'insieme”.
Un'opera è lesiva anche se il decoro architettonico è già compromesso
Spiegano gli ermellini che per decoro architettonico deve intendersi l'estetica del fabbricato risultante dall'insieme delle linee e delle strutture che lo connotano intrinsecamente, imprimendogli una determinata armonica fisionomia ed una specifica identità. Pertanto, è irrilevante il grado di visibilità delle nuove opere, così come non è condivisibile l’idea che un'opera modificativa dell’edificio non possa avere incidenza lesiva del decoro architettonico quando l’originario decoro si sia già degradato in conseguenza di interventi modificativi precedenti di cui non sia stato preteso il ripristino.
Nel valutare l’impatto sul decoro architettonico di un'opera modificativa, va adottato un criterio flessibile, di maggiore o minore rigore, in vista delle caratteristiche dell’edificio di volta in volta sottoposto a giudizio, ove devono essere reciprocamente temperati i rilievi attribuiti all’unitarietà di linee e di stile originaria, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche altrui e all’alterazione prodotta dall’attuale opera modificativa.
A tutto ciò si aggiunge che in questo caso la lesione del decoro architettonico si congiunge ad un’altra violazione accertata in materia di distanze, che impone comunque una revisione della nuova opera. In questo caso quindi, spiegano i giudici di Piazza Cavour, far pesare in modo decisivo gli effetti delle plurime alterazioni precedenti per negare l’incidenza lesiva del decoro architettonico dell’opera modificativa sottoposta a giudizio priverebbe tale parametro estetico di qualsiasi forza normativa per il futuro, proprio nel momento in cui s’impone per altre ragioni una revisione della nuova opera.
In sintesi, appunto, “nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico è da adottare un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all’unitarietà di linee e di stile originaria, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e all’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni”.
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