Decreto Cessioni e blocco dei crediti: le soluzioni ci sono, basta attuarle
Le questioni pregiudiziali poste da alcuni deputati alla Camera sul provvedimento: il Governo sa da tempo cosa fare per risolvere i problemi
Prosegue l’iter per la conversione in legge del Decreto Cessioni e due questioni pregiudiziali sono state sollevate dall’on. Agostino Santillo (M5S) e dall’on. Luciano D’Alfonso (PD) in relazione all’attuale blocco posto sulle opzioni previste dall’art. 121 del Decreto Rilancio, ovvero sconto in fattura e cessione del credito.
Cessione dei crediti: il Decreto ne sancisce la fine, non il blocco
L’occasione è stata per Santillo per ricordare il cambio di rotta degli attuali rappresentanti al Governo che in campagna elettorale hanno dichiarato la propria disponibilità a tutelare i diritti del superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie, mentre adesso, piuttosto che porre fine al blocco della cessione dei crediti, hanno sancito la fine stessa della cessione dei crediti. Per il deputato si tratta anche di una violazione degli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione in termini di uguaglianza sostanziale, di ragionevolezza, di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione.
Questo perché lo sconto in fattura e la cessione del credito consentivano di mettere i cittadini tutti nella stessa condizione per poter usufruire dell'incentivo: per Santillo si parla di almeno 10 milioni di persone, tra disabili, poveri e anche professionisti in regime forfettario che non potranno usufruire della detrazione fiscale perché incapienti.
Non solo il blocco definitivo, ma anche una mistificazione della realtà su diversi aspetti, come l’aumento del costo dei materiali, l’aumento delle frodi fiscali – quando invece secondo lo stesso rapporto del Comandante della Guardia di finanza su 3,7 miliardi, solo 200 milioni di crediti falsi sarebbero derivanti da interventi Superbonus, meno dello 0,3% degli importi complessivi. E ancora: la teoria per cui il superbonus costerebbe 2.000 euro per ogni italiano, partendo dal dato dell’allora ministro Franco, per cui il Superbonus sarebbe costato alle casse dello Stato 110 miliardi di euro. Ricorda sul punto Santillo i dati Enea: al 31 gennaio il costo del superbonus vale 65,2 miliardi, generando detrazioni fiscali per 71,7 miliardi. Poiché è un bonus, spalmato su 5 anni e considerato che il 70%, rientra già sotto forma di gettito fiscale, tutto questo produce un investimento pari a 88 euro per ogni italiano, non 2.000 euro.
Non solo, si tratta di un investimento e non di un costo, a differenza di quanto accade con i contributi annui dati per il terremoto.
Richiamando i dati Nomisma, Santillo ricorda che con l’investimento, si produce un indotto positivo sul territorio; si producono posti di lavoro, si risparmia sulle bollette, e su CO2, senza dimenticare alla crescita del PIL.
Secondo il deputato, il Governo può ascoltare chi vuole, ma le soluzioni al problema sono già state proposte e vanno solo attuate: “riattivare il processo di cessione dei crediti, consentire agli enti locali in primis alle Regioni di poter compensare l'F24, certificare la genuinità del credito spettante per lavori svolti e consentirne la circolazione. Evitare di cancellare quello che è il meccanismo vincente di immissione di liquidità nel sistema economico”.
D'Alfonso: tradito il principio di certezza
Secondo il deputato PD Luciano D’Alfonso, il Decreto Cessioni ha dato un pugno allo stomaco all'edilizia abitativa italiana. Invece di determinare una revisione intelligente, capace di razionalizzare e armonizzare senza però affondare un istituto capace di continuare a funzionare se corretto, esso è stato affogato e reso oggetto di una imprecisione che lo ha fatto scomparire dall'ordinamento. In questo modo, continua ’DAlfonso, lo Stato ha tradito il principio di certezza che regola i rapporti tra privati e lo Stato.
Dopo aver perso tempo prezioso nel convincere gli italiani ad avere fiducia nel Superbonus, quando finalmente è decollato, è stata attuata un’iniziativa che il deputato definisce “neroniana”, annullando uno strumento che stava dando ragione alla domanda di adeguamento delle abitazioni, di rigenerazione abitativa con finalità di resistenza sismica ed energetica.
È chiaro secondo D’Alfonso, che il Superbonus va corretto, con un abbassamento dell’aliquota di detrazione che crei una corresponsabilità sui costi dei materiali per committente e imprese. Allo stesso tempo però invita a una maggiore responsabilità da parte di tutti, senza eliminare uno strumento innovativo oggi ritenuto inaffidabile, ma restituendogli invece fiducia e credibilità.
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