Decreto Salva Casa e agibilità: al lavoro sui requisiti igienico-sanitari

In sede di conversione in legge del Decreto Salva Casa previsto un emendamento per consentire l’agibilità dei microappartamenti

di Redazione tecnica - 07/06/2024

La relazione tecnica alla proposta di emendamento

La proposta emendativa apporta modifiche all’articolo 24 del TUE, prevedendo che, nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 20, comma 1-bis, da parte del Ministero della salute, volto a definire i requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici, il progettista, ai fini del rilascio del certificato di agibilità, in sede di verifica circa la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, è autorizzato ad asseverare il rispetto del progetto ai predetti parametri igienico-sanitari in due nuove ipotesi puntualmente previste e concernenti rispettivamente le altezze e la superficie interna degli edifici.

Nel dettaglio, con riguardo alle altezze, il progettista è autorizzato, ove ritenuti sussistenti i requisiti minimi igienico-sanitari degli edifici, ad asseverare il progetto nei locali aventi un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri; mentre, con riguardo alla superficie degli alloggi monostanza aventi una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, se abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati.

Il progettista, in ogni caso, nella sua attività di verifica sulla conformità del progetto ai parametri igienico-sanitari, potrà comunque rendere l’asseverazione de qua qualora sia soddisfatto il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, come disciplinato dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 e se ricorra almeno una delle seguenti condizioni: 

  • i locali siano situati in edifici sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico sanitarie, oppure
  • sia contestualmente presentato un progetto che contenga soluzioni di ristrutturazione alternative, che evidenzino analoghe condizioni di salubrità ambientale nel rispetto dei requisiti igienico sanitari che, all’uopo, sono imprescindibilmente richiesti dal complessivo quadro normativo di riferimento, in considerazione della necessaria e minima disponibilità di luce, aria e adeguata ventilazione degli spazi adibiti ad alloggio, che, sempre, devono essere asseverati come sussistenti in concreto.

Al riguardo, appare utile richiamare la definizione del requisito dell’adattabilità recata dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, secondo cui per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Una simile modalità di azione da pare del progettista, del resto, appare in linea con le stesse argomentazioni, che, in sede di attuazione delle norme contenute nel DM del 1975 in materia di altezze minime e requisiti igienico sanitari principali dei locali di abitazione, ha finanche tenuto lo stesso Consiglio superiore di sanità che ha espresso in materia pareri favorevoli (condizionati) alla possibilità di deroghe a quanto in esso previsto, purché in presenza di fattori prestazionali per così dire “compensativi” quali, per tutti, il mantenimento di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre e, in generale, di un adeguato benessere microclimatico (cfr., al riguardo, pareri resi dal Cons. superiore di sanità nelle sedute del 15 novembre 1995, del 27 ottobre 1998 e del 13 marzo 1996).

La disposizione fa salve le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente, quali, a titolo esemplificativo quelle stabilite per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli e i comuni montani sopra i 1000 metri, nonché per i beni sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 o a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico.

Appare utile chiarire, che sono considerate zone territoriali omogenee A, le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. In tali siti o ubicazioni, infatti, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia, consentiti e legittimi, soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.

La disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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