Decreto Superbonus 2024: il divieto di cessione delle rate residue
Il divieto di cessione delle rate residue vale anche in caso di mancata detrazione in dichiarazione dei redditi di una o più rate precedenti?
Comma 7 art. 4-bis D.L. 39/2024: "A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non è in ogni caso consentito l'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 121, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in relazione alle rate residue non ancora fruite delle detrazioni derivanti dalle spese per gli interventi di cui al comma 2 del medesimo articolo 121”.
Decreto Superbonus 2024
Così è riportato nella Legge 23 maggio 2024, n. 67 che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39 ed inserito l’art. 4-bis.
A ben vedere, il nuovo comma, già commentato su un precedente contributo su queste pagine, non chiarisce un aspetto che può confondere i contribuenti. Si tratta dell’ipotesi in cui il committente non abbia portato in detrazione la prima rata o più rate nelle dichiarazioni dei redditi presentate all’Agenzia delle Entrate negli anni precedenti. La disposizione normativa, infatti, lascia intendere che il divieto all’esercizio dell’opzione di cessione del credito faccia riferimento solo a coloro che hanno già portato in detrazione e vogliono cedere le rate residue non ancora fruite. La domanda nasce spontanea: e chi non ha portato in detrazione perché fiscalmente non capiente oppure perché ha semplicemente dimenticato di farlo? E coloro che non presentano la dichiarazione perché non hanno redditi imponibili per l’anno 2023 e sono soggetti nell’anno successivo?
Dopo la conversione in legge ci saremmo aspettati un’immediata modifica al modello di comunicazione dell’opzione che, nella prima schermata, prevede il riquadro da compilare nel caso in cui si vogliano cedere le rate residue. A tutt’oggi, la modifica non è avvenuta ed è ammessa la compilazione del modello con elaborazione della bozza. L’immutato utilizzo del modello fa presumere che il dubbio sia lecito, a meno che, dopo l’invio, arrivi lo scarto della comunicazione.
Anche la dottrina prevalente racconta il divieto di cessione delle rate residue come se fosse limitato a coloro che hanno già utilizzato in dichiarazione la prima annualità, lasciando liberi coloro che non l'hanno fatto di cedere le rate residue. Probabilmente, questa interpretazione deriva anche dalla lettura del comma 1 dell'art. 2 del D.L. 39/2024 ("Le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, del D.L. 16/2012, convertito, con modificazioni, dalla L. 44/2012 (remissione in bonis), non si applicano in relazione all'obbligo di comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'esercizio delle opzioni di cui all'articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del D.L. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. 77/2020, ivi incluse quelle relative alle cessioni delle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni precedenti"), con un’impostazione della norma del tutto simile a quella in commento.
Rate non fruite: cosa si intende?
In pratica, la frase “non fruite” gioca il ruolo fondamentale e pone il dubbio: si intende non utilizzate in dichiarazione oppure mai utilizzate?
Se la prima interpretazione è quella corretta, si aprono le porte ad una serie di complicazioni e possibili elusioni che contraddicono lo spirito della norma.
In primo luogo, l’effetto distorsivo si verificherebbe sulla compilazione delle dichiarazioni di quest’anno, i modelli 730/2024 e Redditi PF/2024 relative ai redditi 2023. I contribuenti che non hanno avuto la possibilità di cedere i crediti spettanti relativi ad interventi edilizi le cui spese sono state sostenute nel 2023, ben si guardano dal portare in detrazione la prima rata che pregiudicherebbe la possibilità di cessione delle rate residue entro il termine ultimo del 16 marzo 2025.
La particolarità di quest’effetto è, peraltro, duplice. Infatti, si deve tener presente che la Legge 23 maggio 2024, n. 67 (legge di conversione del decreto legge 39/2024), è entrata in vigore il 29 maggio 2024 e, in quella data, molti contribuenti avevano già compilato e spedito la propria dichiarazione dei redditi. Di conseguenza, poichè gli emendamenti ai decreti legge entrano in vigore quando entra in vigore la legge di conversione e non sin dalla data di pubblicazione del decreto legge, si verifica una sorta di disparità di trattamento tra coloro che hanno inviato la dichiarazione entro il 28 maggio 2024 e coloro che l’hanno fatto o lo faranno dopo. I primi hanno avuto la possibilità di inserire in dichiarazione dei redditi la prima annualità e contestualmente cedere le rate residue a terzi; i secondi, devono inevitabilmente fare una scelta (sempre secondo la tesi estensiva adottata): a) portare in detrazione tutte le rate; b) perdere la prima rata e cedere le altre entro il 16 marzo 2025.
Nel primo caso, però, con un effetto domino, si apre una finestra: quella delle dichiarazioni integrative ai sensi del comma 8 dell’art. 2 del D.P.R. 322 del 22 luglio 1998 che possono essere presentate entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Il contribuente interessato alla cessione delle rate residue ma che non l’ha fatto, pur potendolo fare, entro il 28 maggio 2024, potrà utilizzare la dichiarazione integrativa a sfavore per eliminare la detrazione della prima rata del bonus edilizio e “liberare” le altre rate, a questo punto “ex residue”.
Dubbi operativi
A parere di chi scrive, troppi dubbi operativi portano ad una diversa conclusione.
Ad esempio, per un contribuente che non ha ancora compilato e spedito la propria dichiarazione relativa ai redditi 2023 con o senza la prima rata, l’Agenzia delle Entrate non ha la possibilità di rifiutare o accogliere la comunicazione di cessione delle rate residue in assenza di un confronto sui dati inseriti.
Inoltre, la possibilità di inviare una dichiarazione integrativa e modificare l’accesso o meno alla cessione delle rate residue, porterebbe ad una moltiplicazione esponenziale di questo tipo di dichiarazione, eludendo palesemente il divieto di compravendita dei crediti tanto voluto dall’Esecutivo.
Come si può constatare, l’interpretazione estensiva porta a conseguenze sicuramente non volute dal legislatore stesso. Per tale motivo, in via del tutto prudenziale, si ritiene di non condividere la tesi della dottrina prevalente e non cedibili le rate residue intese come rate successive alla prima.
Ciò non pregiudica la possibilità per il contribuente che ha i requisiti di legge di provare ad eseguire la cessione delle rate residue e attendere la ricevuta di invio con l’accettazione o lo scarto.
A cura di Dott. Luciano
Ficarelli
Dottore Commercialista
www.professionistiintegrati.net
Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità
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