Demo-ricostruzione e distanze legali: cosa prevede la legge
La Corte di Cassazione interviene in un caso di demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico per il quale era stato annullato l'ordine di demolizione
L’intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio, che comporti incrementi di volumetria rispetto alla condizione preesistente, è assoggettato al rispetto della disciplina in tema di distanze vigente al tempo della sua edificazione solo ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa che estenda le maggiori distanze previste per le nuove costruzioni anche alle ricostruzioni.
In assenza di tale previsione, l’intervento dev’essere considerato come una nuova costruzione solo per le parti che eccedono le dimensioni del fabbricato preesistente, pertanto la demolizione dev’essere disposta solo con riferimento ai nuovi volumi realizzati.
Demo-ricostruzione: è ristrutturazione o nuova costruzione?
A spiegarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza dell’8 agosto 2024, n. 22493, che ha cassato la sentenza della Corte d’Appello con cui era stato annullato un ordine di demolizione disposto a seguito della ricostruzione di un rudere (con ampliamento e mancato rispetto delle distanze), qualificato come intervento di ristrutturazione edilizia.
Si richiama in particolare la definizione degli interventi edilizi inizialmente disposta dall’art. 31 della Legge n. 457/1978 (“Norme per l'edilizia residenziale”) che qualificava nella categoria della “ristrutturazione edilizia” gli interventi volti a trasformare i manufatti mediante un insieme sistematico di opere idonee a condurre ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, includendo non solo gli interventi condotti su un fabbricato già esistente, ma anche quelli di “ricostruzione con la fedele demolizione di un precedente fabbricato nel rispetto della sagoma, del volume e delle superfici preesistenti”.
Successivamente, l’intervento di demo-ricostruzione è stato integrato alla nozione di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, lett-d), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), mantenendo l'obbligo di conservare la stessa sagoma e volumetria dell’edificio demolito.
Nello specifico, dev’essere intesa come “sagoma” la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, ovvero considerando il contorno dell’edificio con ogni punto esterno che risulti sporgente, e non solo con le pareti chiuse. Il “prospetto” si riferisce invece alla superficie e alla facciata, e quindi, al profilo estetico-architettonico dell’immobile.
È stato peraltro più volte ribadito che la ricostruzione con sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente è un intervento di nuova costruzione, in quanto implica un aumento di volumetria, sagoma e superficie di ingombro - anche se di ridotte dimensioni - ed è quindi soggetta all’obbligo di rispetto delle distanze legali dal confine, con la conseguenza che “in caso di inosservanza di tali distanze, la demolizione non deve essere limitata alle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario, ma riguarda la nuova costruzione nella sua interezza”.
Distanze tra fabbricati: le deroghe previste
La Corte fa presente che sono previste delle deroghe in materia di distanze tra fabbricati, con particolare riferimento all’art. 2-bis del TUE, che dispone:
“In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti.”
All’art. 3 del TUE, citato sopra, si prevede invece che tra gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche “gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica” se i lavori sono finalizzati a conseguire uno dei seguenti obiettivi:
- favorire l’accessibilità in materia di abbattimento delle barriere architettoniche;
- installare nuovi impianti tecnologici;
- favorire l’efficientamento energetico dell’immobile;
- promuovere interventi di rigenerazione urbana (solo se espressamente previsto dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali).
Demo-ricostruzione: obbligo di rispetto delle distanze
Nel caso in esame, rileva sottolineare che nell’atto d’acquisto datato al 2003, il manufatto veniva descritto come “fabbricato di vecchia costruzione... composto da un unico vano terreno della superficie di mq. 43”, mentre, nel precedente atto d’acquisto del 1958, l’immobile risultava “privo di tetto e con muri cadenti”.
Nella sentenza della Corte d’Appello, che ha annullato la validità dell’ordine ripristinatorio precedentemente disposto, viene espressamente precisato che il nuovo fabbricato oggetto di ricostruzione presentava incrementi d’altezza rispetto a quello demolito, senza però condurre alcuna valutazione aggiuntiva a riguardo.
In merito si precisa che: “nell’ambito delle opere edilizie, in caso di demolizione di un edificio preesistente e successiva ricostruzione, comportante un aumento di volumetria, il manufatto nel suo complesso è sottoposto alla disciplina in tema di distanze, vigente al tempo della sua edificazione, solo ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa, con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni; in mancanza di tale previsione, il manufatto va considerato come nuova costruzione solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario e la demolizione va disposta non integralmente, ma esclusivamente per i volumi eccedenti, da accertare in concreto.”
Si osserva come la sentenza di annullamento dell’ordine demolitorio sia stata condotta omettendo ogni verifica necessaria al fine di accertare l’identità di sagoma e altezza tra il vecchio e nuovo fabbricato, posto che: “il vecchio immobile era composto da un solo vano terraneo di 43 mq, mentre il nuovo presentava due elevazioni fuori terra e che già nel 1958 il primo risultava privo di tetto, muri cadenti e con volumetria imprecisata. Difformità di altezza volume e sagoma, peraltro, era stata ammessa dalla controparte, senza che il Giudice ne avesse tenuto conto, essendosi limitato, incongruamente ad affermare l'identità dei due manufatti solo sulla base dell'ingombro superficiario.”
In particolare, pur avendo accertato che il manufatto, già nel 1958, era ridotto ad un rudere, l’intervento è stato qualificato come ristrutturazione edilizia, in palese contrasto con la giurisprudenza amministrativa e civile.
In tema di distanze legali, viene chiarito poi che rientrano nel concetto di “costruzione”, anche il terrapieno e i locali in esso ricompresi “avendo il medesimo terrapieno la funzione essenziale di stabilizzare il piano di campagna posto a quote differenti dal fondo confinante, mediante un manufatto eretto a chiusura statica del terreno”.
Ciò posto, si rileva che la normativa locale, in questo caso, impone per gli interventi di nuova costruzione o demolizione e ricostruzione, l’obbligo di rispetto delle distanze inderogabili dal confine.
Si dispone in conclusione la necessità di un riesame , con cassazione della sentenza d’appello e rinvio a nuovo giudizio.
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