Demolizione abusi edilizi: la Cassazione sulla sospensione/revoca
La Corte di Cassazione interviene sulle possibilità di sospendere o revocare un ordine di demolizione di abusi edilizi dopo la sentenza definitiva di condanna
Nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) individua un preciso percorso che "dovrebbe" concludersi con la demolizione dell'abuso edilizio.
Sospensione demolizione abusi edilizi: nuova sentenza della Corte di Cassazione
Spesso, però, può capitare che prima o dopo l'ordine di demolizione la pubblica amministrazione riceva una richiesta di accertamento di conformità o sia pendente una pregressa istanza di condono edilizio. In questo caso le cose possono cambiare e ne parla la Corte di Cassazione nella sentenza n. 46192 del 17 dicembre 2021 che ci consente di approfondire questo interessante e frequente argomento.
A finire dinanzi agli ermellini è un'ordinanza del giudice dell'esecuzione con la quale è stata respinta l'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione di un abuso edilizio impartito con sentenza divenuta definitiva.
Tra i motivi di ricorso viene lamentata l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza per aver la stessa meramente recepito le valutazioni e conclusioni del CTU nominato dalla Procura Generale, senza tener conto delle controdeduzioni del consulente tecnico di parte, il quale aveva argomentato come i provvedimenti di sanatoria fossero stati legittimamente rilasciati in base ad una corretta rappresentazione dello stato dei luoghi e delle difformità condonabili.
Sostanzialmente la pubblica amministrazione aveva ordinato la demolizione delle opere abusive a seguito dell'annullamento d'ufficio di due titoli edilizi in sanatoria originariamente rilasciati. Secondo l'amministrazione, tesi confermata dai giudici, le opere in questione non potevano essere condonate con una delle 3 leggi speciali, né sanata ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
La demolizione degli abusi edilizi e la possibile sanatoria
Sull'argomento abbiamo registrato parecchi interventi della giurisprudenza di ogni ordine e grado di giudizio. Tesi ancora una volta confermate dalla Corte di Cassazione per la quale in tema di reati edilizi, la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive, di cui all'art. 31, comma 9 del Testo Unico Edilizia, in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, presuppone l'accertamento da parte del giudice dell'esecuzione della sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte della autorità amministrativa competente del provvedimento di accoglimento.
La Suprema Corte ha confermato che nel caso di specie l'ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione si è attenuta a tale principio. In particolare, sulla scorta delle considerazioni della consulenza tecnica effettuata dalla Procura generale e confermate dai successivi sviluppi in sede amministrativa, si è arrivati alla conclusione della correttezza dei provvedimenti di annullamento dei titoli in sanatoria precedentemente rilasciati.
Gli abusi edilizi in questione non avrebbero potuto essere né condonati né sanati ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia. Secondo gli ermellini, le opere abusive
- da una parte erano state rea dopo la scadenza dei termini fissati dalle tre leggi di condono sopravvenute (la Legge n. 47/1985; la Legge n. 724/1994; il Decreto Legge n. 269/2003) con conseguente impossibilità di ottenere la sanatoria straordinaria;
- dall'altra parte non avrebbero potuto accedere alle possibilità di "accertamento di conformità", mancando i presupposti previsti dalla norma (gli ermellini non entrano nel dettaglio ma probabilmente si riferiscono alla doppia conformità).
Argomentazioni che conducono verso l'inammissibilità del ricorso per cassazione contro il provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione. I motivi del ricorso si limitino a lamentare l'omessa valutazione delle censure articolate con l'istanza, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto, al fine di consentire l'autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l'atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica. Ricorso inammissibile e ordine di demolizione confermato.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 17 dicembre 2021, n. 46192IL NOTIZIOMETRO