Demolizione e riciclo materiali edilizi: una nuova tecnica per il recupero
Gli importanti risultati di uno studio ENEA - Sapienza Università: oltre il 95% dei materiali può essere riutilizzato, contribuendo alla circolarità del settore edilizio
Oltre il 95% dei materiali da demolire possono essere riutilizzati per la riqualificazione della struttura stessa (35%) e per altri impieghi (60%), senza finire in discarica, attuando un pocesso virtuoso di economia circolare.
Demolizione e recupero materiali edilizi: lo studio Enea - La Sapienza
Sono questi i risultati ottenuti tramite l’innovativa metodologia di analisi messa a punto da Enea insieme all’Università La Sapienza di Roma, individuando e quantificando tutti i materiali presenti in edifici vecchi o in disuso da reimpiegare in progetti di riqualificazione architettonica o per nuove costruzioni.
Scendendo nel dettaglio, la metodologia è stata applicata su uno dei tanti siti di archeologia industriale presenti in Italia (il tasso di occupazione sul territorio è del 3%, pari a una superficie di 9 mila chilometri quadrati) e, nello specifico, a un progetto di recupero di un deposito degli autobus di 11 mila metri quadrati, costruito a Roma negli anni ‘30 e in disuso dal 2008.
Come ha spiegato la ricercatrice Antonella Luciano del Laboratorio ENEA Valorizzazione delle risorse nei sistemi produttivi e territoriali, coautrice dello studio insieme a Laura Cutaia (ENEA), Paola Altamura e Serena Baiani di Sapienza Università di Roma, l’approccio proposto consente la valutazione a diverse scale: da quella nazionale per individuare l’entità dei materiali recuperabili dal parco edilizio italiano con la finalità di supportare un piano di uso efficiente delle risorse a livello Paese, a quella intermedia finalizzata alle pianificazioni strategiche locali o di aree caratterizzate da omogeneità nei caratteri costruttivi, fino ad arrivare alla scala locale, con l’obiettivo di fornire strumenti operativi per la pianificazione delle aree urbane, di quartieri o di singoli edifici.
Lo studio sulla struttura e il recupero dei materiali
Le analisi preliminari sul sito hanno evidenizato un deposito di circa 18mila metri cubi di materiali, in prevalenza cemento armato, per un peso complessivo di circa 35mila tonnellate e una quantità di carbonio incorporato di oltre 15mila tonnellate di CO2.
Il progetto di riqualificazione architettonica, uno degli aspetti chiave della metodologia messa a punto da ENEA-Sapienza, prevede la conservazione della struttura in cemento armato e il recupero quasi totale di alcuni materiali ed elementi strutturali (finestre con telaio in ferro e porte in legno), mentre per i materiali da demolire quali intonaco, piastrelle, mattoni e impianti è stato previsto l’invio fuori sito per il riciclo nelle rispettive catene del valore, attraverso impianti presenti sul territorio oppure per la rigenerazione finalizzata a riutilizzi futuri.
I risultati? Su un totale di oltre mille metri cubi di materiali da demolire solo una minima quantità (4,7% in volume e 4,2% in peso) è destinata allo smaltimento in discarica perché potenzialmente pericolosa, migliorando del 25% la soglia minima di legge per il recupero dei materiali da demolizione (70%). Ma, cosa più importante, la metodologia è applicabile a tutte le tipologie costruttive che comprendono non solo edifici industriali dismessi, ma anche edilizia residenziale e scolastica.
Economia circolare e rigenerazione urbana
L’elevata quantità di materiali e componenti, edifici e infrastrutture ‘a fine vita’ può essere considerata come un’opportunità di rigenerazione urbana e di valorizzazione degli stock di materiali presenti negli edifici, una potenziale fonte di nuove risorse che necessitano, però, spiegano le ricercatrici, di essere quantificate e mappate per contribuire allo sviluppo di nuove strategie di riuso e di riciclo, condizione essenziale per un piano nazionale di uso efficiente delle risorse.
Sul punto Luciano specifica che la promozione di questo nuovo approccio passa per l’applicazione di quattro fattori:
- quantificazione del valore ambientale dello stock di materiali di costruzioni in disuso o a fine vita;
- banche dati dei materiali;
- mappature georeferenziate per conoscere le aree di distribuzione dei materiali potenzialmente riutilizzabili presenti su un territorio, integrabili nei software BIM (Building Information Modeling) per l’ottimizzazione della pianificazione, della realizzazione e della gestione delle costruzioni;
- piattaforme di scambio di componenti e materiali provenienti dalle decostruzioni.
In concreto, la circolarità nel settore edile richiede un processo che integri diverse attività come la stima degli stock di materiali, la demolizione selettiva, l’approvvigionamento locale e il riciclo degli scarti provenienti anche da settori industriali diversi. Non solo: per consentire il reimpiego dei materiali, servirebbe un nuovo approccio alla demolizione delle costruzioni (la decostruzione), già in fase di progettazione, che preveda ad esempio uno smontaggio selettivo dei componenti e un’ottimizzazione del recupero di tutti i materiali riciclabili come mattoni in argilla, lastre e blocchi di pietra ed elementi in acciaio che hanno un’elevata energia incorporata e un basso calo di prestazioni nel tempo.
Soluzioni importanti da adottare, se si pensa che a livello globale il settore delle costruzioni è responsabile del 60% del consumo di materie prime, del 23% delle emissioni di anidride carbonica e del 50% dei rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione. Per altro, alcuni vincoli, la frammentazione della normativa tecnica e ambientale e un’interpretazione a volte non univoca delle norme stesse, hanno di fatto seriamente rallentato negli ultimi anni un efficace recupero e riutilizzo di tali rifiuti, anche se qualcosa a livello normativo, conclude la ricercatrice ENEA, si sta muovendo, con aggiornamenti che puntano a ridurre lo smaltimento dei rifiuti da costruzione e demolizione e a facilitare la creazione di un mercato dei componenti recuperati.
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