Demolizione sottotetto: vincoli all’esecuzione
La trasformazione in terrazzo di un sottotetto di un edificio storico è consentita? Il Consiglio di Stato chiarisce la normativa sugli interventi edilizi
La demolizione di un sottotetto per la realizzazione di un terrazzo su un edificio storico è fattibile oppure no? Dipende dal Piano Regolatore e dalle NTA comunali, naturalmente sempre in riferimento a quanto stabilito dal D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico per l’edilizia).
Demolizione sottotetto e realizzazione terrazzo: la sentenza del Consiglio di Stato
Lo spiega bene la sentenza n. 7012/2021 del Consiglio di Stato in merito al ricorso presentato contro il diniego di SCIA da parte di un’Amministrazione Comunale all’esecuzione di opere di “sostituzione solaio di calpestio piano sottotetto e demolizione della corrispondente copertura per la realizzazione di terrazzo uso stenditoio” su una porzione di un fabbricato ricadente in “zona urbanistica omogenea A del vigente PRG del Comune, assoggettata alla normativa di cui all’art. 5 della NTA”.
In particolare, il Comune ha inviato due diffide: una segnalando significando che l’intervento richiesto riguardava un immobile vincolato nel PRG, la seconda per confermare che tale inibitoria richiamava appunto l’art. 5 della NTA, relativo agli interventi su edifici costituenti “memoria storica” della città. In questo caso sono ammessi esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché di restauro e risanamento conservativo, tra i quali non rientra l’intervento richiesto perché invece:
- altera la volumetria complessiva del fabbricato;
- comporta una diversa destinazione d’uso in dipendenza della progettata demolizione di parte del sottotetto e della relativa riconversione in terrazzo praticabile.
Interventi edilizi su edifici storici
Nell’esaminare il caso, il Consiglio ha ricordato le definizioni contenute nell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 al comma 1, letta b) per cui si intendono per:
- “interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
- "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso (…);
- "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio.
L’intervento prospettato dal ricorrente, modifica le caratteristiche planovolumetriche e di sagoma dell’edificio e non può essere qualificato come meramente conservativo; esso risulta incompatibile con la disciplina dell’art. 5 della NTA del PRG che, per gli edifici compresi in Zona A – Particolarizzazione zone di particolare interesse” esclude tutti gli interventi eccedenti il restauro e il risanamento conservativo, con l’obiettivo di assicurare il mantenimento delle caratteristiche tipologiche e strutturali degli edifici.
Consiglio di Stato: l’Amministrazione deve solo verificare conformità intervento
Il ricorrente inoltre lamentava che il Comune avesse inviato due diverse note per negare la SCIA e che nel primo provvedimento il mancato rilascio di autorizzazione non sarebbe stato adeguatamente motivato, perché privo del riferimento esplicito a quanto specificato all’art. 5 delle NTA.
Palazzo Spada ha confermato quanto stabilito dal giudice di prime cure, ossia che il secondo atto è meramente esplicativo di quello “confermato” e che il primo provvedimento inibitorio, mediante il richiamo ai contenuti dell’art. 5 delle NTA del PRG risultava già autosufficiente sotto il profilo motivazionale. Questo anche perché la “motivazione” delle determinazioni che accordano o negano il permesso di costruire si risolvono in realtà nella verifica che l’intervento progettato sia conforme alla normativa e agli strumenti urbanistici vigenti. Spetta quindi al richiedente in primis il compito di fornire all’Amministrazione tutti gli elementi idonei a dimostrare la compatibilità dell’intervento in progetto con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
L’appello è stato quindi respinto in ogni sua parte, confermando il diniego di SCIA per la demolizione del sottotetto e seguente realizzazione di un terrazzo su un edificio storico, per violazione del PRG e delle NTA.
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