Edilizia libera e normativa regionale: no a ipotesi nuove rispetto al Testo Unico Edilizia
Le disposizioni del d.P.R. n. 380/2001 concernenti i titoli abilitativi sono norme fondamentali di riforma economico-sociale, che esigono un'attuazione su tutto il territorio nazionale
Le Regioni possono estendere la disciplina sull’edilizia libera a “interventi edilizi ulteriori”, salvo che non rientrino nelle ipotesi di cui all'art. 10 o all'art. 23 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), quindi tra quelli soggetti a permesso di costruire o subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire.
Questo perché, come già rilevato dalla Corte Costituzionale, la disciplina del Testo Unico Edilizia è normativa espressiva dei princìpi fondamentali in materia di governo del territori» e quindi l'attività demandata alla Regione si inserisce pur sempre nell'ambito derogatorio definito dall'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, attraverso la enucleazione di interventi tipici da sottrarre a permesso di costruire e SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), senza pensare di poter rendere cedevole l'intera disciplina dei titoli edilizi.
Edilizia libera: quali "interventi ulteriori" sono ammissibili?
Sulla competenza legislativa in materia edilizia si è soffermata la Corte di Cassazione con la sentenza del 19 giugno 2024, n. 24277, ritenendo inammissibile il ricorso proposto per la riforma della sentenza della Corte di appello per violazioni di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico Edilizia), e al d. Igs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) trattandosi di abusi edilizi in zona soggetta a vincolo archeologico e quindi di inedificabilità assoluta.
Secondo il ricorrente, l'opera realizzata, una recinzione in aperta campagna, non avrebbe richiesto il previo rilascio del permesso di costruire in quanto si trattava di un manufatto di carattere modesto che, ai sensi della legge regionale Sicilia n. 16/2016 sarebbe rientrata nel novero dell'attività di edilizia libera o, tutt’al più necessitare solo di una mera SCIA. Non solo: costituendo la ricostruzione di una preesistente opera, a protezione di una casa di campagna, sarebbe stata da qualificare come pertinenza dell'immobile.
Le differenti conclusioni raggiunte dalla Corte di appello sarebbero, pertanto, illegittime, e i giudici si sarebbero sostituiti al legislatore regionale (autore di lex specialis per identificare le attività edilizie e gli strumenti concessori a queste necessarie), individuando quali interventi edili possano essere compiuti sul territorio siciliano in modo libero o con semplice SCIA.
Gli ermellini hanno invece confermato la sentenza d’appello, escludendo la qualificazione del manufatto come pertinenza e che l'opera potesse essere realizzata a titolo di edilizia libera, o al più tramite SCIA, ai sensi della legge Regione Sicilia n. 16 del 2016.
La normativa locale non può avere alcuna attitudine scriminante rispetto alla legislazione penale nazionale, attesa l'unitarietà del sistema penale.
Testo Unico Edilizia: definizione interventi e dei relativi permessi
Il principio ha trovato conferma in una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 90/2023), peraltro riguardante proprio la legge regionale n. 16/2016.
Nell'occasione, il Giudice delle leggi ha affermato che il Testo Unico dell'edilizia
- all'art. 3 offre le definizioni degli interventi edilizi;
- all'art. 6 propone un elenco di quelli che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo;
- all'art. 10 indica quali interventi sono subordinati al permesso di costruire;
- all'art. 22 stabilisce quali interventi sono assoggettati alla SCIA;
- all'art. 23 individua gli interventi che, in alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante SCIA;
- all'art. 6-bis, infine, dispone che «gli interventi non riconducibili all'elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22» sono realizzabili previa CILA.
Inoltre l’art. 6, al comma 6 prevede che le regioni a statuto ordinario possono estendere la disciplina concernente l'esecuzione di interventi senza alcun titolo abilitativo a «interventi edilizi ulteriori», salvo che non rientrino nelle ipotesi di cui all'art. 10 o all'art. 23.
L'art. 6-bis, comma 4, similmente dispone che la disciplina concernente gli interventi edilizi realizzabili previa CILA può essere estesa dalle regioni a statuto ordinario a «interventi edilizi ulteriori».
Sul punto la Corte costituzionale ha appunto rilevato che quella del t.u. edilizia è normativa espressiva dei princìpi fondamentali in materia di «governo del territorio» e che, quindi, «l'attività demandata alla Regione si inserisce pur sempre nell'ambito derogatorio definito dall'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001, attraverso la enucleazione di interventi tipici da sottrarre a permesso di costruire e SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Non è perciò pensabile che il legislatore statale abbia reso cedevole l'intera disciplina dei titoli edilizi, spogliandosi del compito, proprio del legislatore dei princìpi fondamentali della materia, di determinare quali trasformazioni del territorio siano così significative, da soggiacere comunque a permesso di costruire. Lo spazio attribuito alla legge regionale si deve quindi sviluppare secondo scelte coerenti con le ragioni giustificatrici che sorreggono, secondo le previsioni dell'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, le specifiche ipotesi di sottrazione al titolo abilitativo».
Corte di Cassazione: ok a ipotesi ulteriori ma non nuove di edilizia libera
Ne consegue che il limite assegnato al legislatore regionale dall'art. 6, comma 6, lettera a), del d.P.R. n. 380/2001 sta, dunque, nella possibilità di estendere i casi di attività edilizia libera ad ipotesi non integralmente nuove, ma ulteriori, ovvero coerenti e logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art. 6.
Andando al caso specifico, l’art. 14, lettere f) e n), dello statuto speciale, affida alla Regione Siciliana la potestà legislativa esclusiva nelle materie dell'urbanistica e della tutela del paesaggio: essa, tuttavia, deve essere esercitata “senza pregiudizio” delle riforme economico-sociali, che assurgono, dunque, a limite “esterno” della potestà legislativa primaria».
Ne deriva che la Consulta ha quindi già riconosciuto che le norme del testo unico dell'edilizia concernenti i titoli abilitativi sono norme fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto di queste condividono le caratteristiche salientiche vanno individuate nel contenuto riformatore e nell'attinenza a settori o beni della vita economico-sociale di rilevante importanza. Esse, d'altro canto, rispondono complessivamente ad un interesse unitario ed esigono, pertanto, un'attuazione su tutto il territorio nazionale. Nessuna deroga o intervento ulteriore rispetto a quelli consentiti dal d.P.R. n. 380/2001.
D’altro canto, concluodono gli ermellini, si conferma inoltre la legittimità dell’ordine di demolizione relativo a un contesto di generalizzato abusivismo, dato che in sede dibattimentale era emerso che anche il corpo principale dell'abitazione era sprovvisto di titolo, e che la permanenza dell'opera continuava a deturpare l'assetto del territorio, essendo insistente all'interno di una zona sottoposta a vincolo ambientale (in particolare, vincolo archeologico, come zona di inedificabilità assoluta).
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO