Equo compenso: a che punto è la riforma dei parametri?
Interrogazione al Ministero della Giustizia: Osservatorio in stallo, necessario rivedere i parametri fermi da oltre un decennio
A due anni dall’entrata in vigore della legge n. 49/2023 sull’equo compenso, il sistema di monitoraggio previsto dalla riforma rischia di restare una scatola vuota, considerato che i parametri ministeriali per la determinazione dei compensi professionali non sono stati ancora aggiornati e sono gli stessi da oltre 12-15 anni.
Equo compenso: necessario rivedere i parametri, Osservatorio in stallo
Torna in primo piano il tema dell’equo compenso per i liberi professionisti, con un’interrogazione parlamentare, la n. 4-04781 a firma dell'on. Arturo Scotto e rivolta al Ministro della Giustizia. Al centro del dibattito, lo stallo dell’Osservatorio nazionale e il mancato aggiornamento dei parametri ministeriali.
Una situazione che – si sottolinea nel testo dell’interrogazione - mina alla base l’effettività del principio stesso dell’equo compenso, lasciando scoperti centinaia di migliaia di autonomi e professionisti, anche nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
L'Osservatorio nazionale sull'equo compenso: cos'è e cosa dovrebbe fare
Ricordiamo che la legge n. 49/2023, all'art. 10, comma 5, ha istituito l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, reso operativo con il DM Giustizia n. 6/2024, con l’obiettivo di:
- monitorare l’applicazione della normativa sull’equo compenso da parte di PA, banche, assicurazioni e grandi imprese;
- raccogliere segnalazioni di clausole contrattuali abusive o squilibrate;
- analizzare e proporre aggiornamenti sui criteri di determinazione dei compensi professionali.
L’Osservatorio è un organismo complesso, composto da:
- 4 rappresentanti del Ministero della Giustizia, incluso il Vice Capo di Gabinetto;
- 1 rappresentante del Ministero del Lavoro;
- 24 rappresentanti dei Consigli Nazionali delle professioni ordinistiche;
- 5 rappresentanti delle professioni non ordinistiche.
La permanenza in carica è triennale, ma l’effettiva capacità di incidere sulla disciplina applicativa dell’equo compenso dipende dalla convocazione regolare e dalla produzione di atti di indirizzo, che al momento sembrano completamente assenti.
Basti pensare che l’Osservatorio si è insediato ufficialmente l’11 aprile 2024, quindi quasi un anno dopo l’entrata in vigore della legge n. 49/2023, ma - secondo quanto riferito nell’interrogazione - è stato convocato solo 4 o 5 volte in un anno, senza produrre alcun risultato operativo concreto.
Il nodo delle gare pubbliche e delle clausole abusive
Tra i temi su cui l’Osservatorio avrebbe dovuto concentrare prioritariamente la propria attività, l’applicabilità della legge sull’equo compenso alle gare pubbliche, con particolare attenzione alle clausole vessatorie e ai casi in cui la PA affida incarichi sottocosto o con compensi predeterminati in misura irragionevole.
La legge 49/2023 prevede infatti l’obbligo per le amministrazioni e i soggetti privati “forti” di riconoscere un compenso proporzionato alla qualità e quantità dell’opera professionale, rinviando esplicitamente ai parametri ministeriali come riferimento oggettivo. Tuttavia, se i parametri sono obsoleti o non aggiornati, si rischia che la norma resti inapplicabile nei fatti.
Alla luce di questa situazione, con l’interrogazione si chiede al Ministro della Giustizia:
- quali iniziative intenda intraprendere per rilanciare le attività dell’Osservatorio;
- se non ritenga urgente procedere con l’aggiornamento dei parametri ministeriali, che costituiscono il perno dell’intera normativa sull’equo compenso;
- come intenda garantire la reale applicabilità della legge 49/2023 soprattutto nell’ambito degli affidamenti pubblici e dei rapporti con i soggetti economici più forti.
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