Errata progettazione impianto di riscaldamento: la Cassazione sul risarcimento del danno
La Suprema Corte chiarisce il concetto di danno derivante dalla condotta illecita di un professionista che erri nella progettazione e realizzazione di un impianto di riscaldamento
Il tema legato alle responsabilità dei professionisti nei confronti del committente è molto articolato nonché delicato. Oltre al danno diretto di tipo contrattuale, ne esistono di altre tipologie tra le quali quello legato alla responsabilità aquiliana ovvero la responsabilità civile che sorge a seguito del compimento di un fatto illecito, doloso o colposo, che cagioni ad altri un ingiusto danno. Una responsabilità definita all’interno del Codice civile (art. 2043, Risarcimento per fatto illecito) a seguito del quale “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
Errata progettazione impianto di riscaldamento: nuova ordinanza della Cassazione
Si parla di questo nell’ordinanza n. 33537 del 15 novembre 2022 con la quale la Corte di Cassazione entra nel merito degli effetti contrattuali ed extracontrattuali legati all’inadempimento nella progettazione e realizzazione di un impianto di riscaldamento, insistente in un immobile destinato ad uso industriale.
La Corte di appello aveva condannato il professionista a risarcire il committente del danno da illecito aquiliano alla stessa cagionato, liquidato in € 357.600,00, oltre interessi e rivalutazione. Da qui il ricorso del professionista in Cassazione.
Gli errori dell’accertamento tecnico preventivo
Il professionista ha lamentato in Cassazione che l’importo calcolato dalla Corte di appello non rappresenterebbe il danno effettivo patito dal suo committente, ma un costo che avrebbe dovuto comunque sostenere fin dal principio per ottenere un impianto dotato delle caratteristiche necessarie per l’uso in quello stabilimento industriale.
Risarcimento del danno
Nel caso di specie secondo gli ermellini deve ritenersi integrata la violazione dell'art. 1223 del Codice civile, norma che, laddove individua il danno nella perdita subita e nel mancato guadagno, "riflette una prospettiva differenzialista", alla stregua della quale, il danno "è il pregiudizio economico che si riflette in un'effettiva diminuzione del patrimonio, diminuzione data alla differenza tra il valore attuale del patrimonio del creditore-danneggiato ed il valore che presenterebbe" se l'obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o il fatto illecito non fosse stato realizzato-
Nell'ipotesi di responsabilità aquiliana non meno che in quella di responsabilità contrattuale, il danno è la differente situazione patrimoniale in cui il soggetto danneggiato si sarebbe trovato se il fatto in questione non si fosse verificato, con la ulteriore precisazione che il danno come diminuzione patrimoniale, secondo la Differenztheorie (definizione classica del danno patrimoniale) che ha ispirato tutte le codificazioni mitteleuropee, presuppone che il patrimonio vada valutato non dal punto di vista giuridico, come complesso di diritti valutabili in danaro spettanti ad un soggetto, ma dal punto di vista economico, come complesso di beni o di utilità, costituendo in definitiva il danno un detrimento economico.
D’altra parte secondo la Cassazione deve escludersi che il danno risarcibile possa avere funzione "ultracompensativa”, in quanto lo stesso ordinamento non consente l'arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro, tale essendo, del resto, la logica sottesa alla stessa configurazione della c.d. "compensatio lucri cum damno" (regola secondo la quale nella liquidazione del risarcimento del danno si deve tenere conto delle conseguenze vantaggiose per il danneggiato causate in via diretta dal fatto lesivo) quale mera difesa, come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice.
Secondo la Cassazione, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che la società ricorrente sarebbe stata tenuta sin dal principio a sopportare un certo costo per il conseguimento di un impianto di riscaldamento confacente alle esigenze del suo stabilimento industriale, costituendo, per essa, un danno - in senso proprio - solo i maggiori costi che ha dovuto sopportare per la progettazione ed esecuzione, prima, e dovrà sopportare, poi, per l'eliminazione dell'errato intervento ascrivibile alla condotta del professionista, ma non certo la spesa che avrebbe, comunque, dovuto sostenere per garantirsi la "utilitas" avuta di mira, ovvero un impianto di riscaldamento confacente alle caratteristiche del suo stabilimento industriale.
La definizione di danno
Gli ermellini hanno, infine, ricordato che il danno derivante dalla condotta illecita di un professionista, che erri nella progettazione e realizzazione di un’opera, del quale sia necessario il rifacimento «ex novo», consiste nei costi sopportati per la realizzazione dello stesso e nella sua eliminazione, ma non pure in quelli che sarebbero occorsi, ed occorreranno, per la sua esecuzione a regola d'arte.
Documenti Allegati
Ordinanza Corte di Cassazione 15 novembre 2022, n. 33537IL NOTIZIOMETRO