Fiscalizzazione abusi edilizi: ecco come si calcola la sanzione alternativa alla demolizione
Dal Consiglio di Stato le indicazioni sulla fiscalizzazione dell’abuso edilizio, sulla “data di esecuzione dell’abuso” e sulla sanzione alternativa alla demolizione
Il calcolo della sanzione alternativa alla demolizione
L’art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 dispone che vadano effettuate due distinte operazioni:
- individuare il costo di produzione, determinato con il decreto ministeriale aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso;
- attualizzare l’importo della sanzione, individuato sulla base del costo di costruzione, applicando l'indice ISTAT.
Secondo l’Adunanza Plenaria va indicizzato non l’importo indicato nel decreto ministeriale, ma quello aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso. Questa soluzione, da un lato, consente di specificare quale deve essere il decreto ministeriale da utilizzare dall’altro, spiega perché nella frase vi sia una virgola dopo il termine “abuso”.
Relativamente alla “data di esecuzione dell’abuso, rileva il suo dato testuale.
L’aumento di valore dell’immobile va individuato sulla base dei criteri contenuti nella Legge n. 392/1978, calcolando la superficie convenzionale e considerando il costo unitario di produzione secondo il decreto ministeriale aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso: la moltiplicazione tra i due termini indica il costo di produzione complessivo, ossia l’aestimatio, che va aggiornato (taxatio) sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione.
Chi richiede la fiscalizzazione
La fiscalizzazione dell’abuso edilizia va applicata quando vi siano obiettive difficoltà tecniche per eseguire la demolizione, derogando alla regola generale per cui gli abusi edilizi vanno materialmente rimossi. Il relativo potere può essere esercitato su richiesta del responsabile dell’abuso, qualora risulti l’oggettiva impossibilità di procedere alla riduzione in pristino delle parti difformi senza incidere sulla stabilità dell'intero edificio.
Nel contemperare gli interessi in conflitto, il legislatore ha disposto che la sanzione pecuniaria in concreto erogata tenga conto dell’effettivo valore delle opere abusive, l’unico significativo per la definizione del caso concreto, e non di quello inferiore e risalente al passato, non più ancorato all’effettivo valore del bene.
È significativo che l’art. 33, comma 2, ricalca l’abrogato comma 2 dell’art. 9 della legge n. 47/1985, secondo il quale: “Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'Ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il sindaco irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti della legge 27 luglio 1978, n. 392”.
Quest’ultima diposizione non conteneva alcun meccanismo di adeguamento, ma il mero rinvio alla legge n. 392/1978, il cui art. 22, comma 1, ora abrogato nei sensi di cui all’art. 14, della legge n. 431/1998 ossia limitatamente alle locazioni abitative, stabiliva che: “Per gli immobili adibiti ad uso di abitazione che sono stati ultimati dopo il 31 dicembre 1975, il costo base di produzione a metro quadrato è fissato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con quello di grazia e giustizia, sentito il Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 31 marzo di ogni anno e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica”.
L’emanazione annuale dei decreti ministeriali, pertanto, già comportava un adeguamento periodico con effetti automatici per la commisurazione della sanzione.
Un meccanismo di adeguamento, analogo a quello previsto dall’art. 33, comma 2, è contenuto nell’art. 34, comma, secondo il quale: “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.
Quest’ultima disposizione riguarda condotte meno gravi di quelle disciplinate dall’art. 33, comma 2, e va intesa - con riferimento ai casi in cui si tratti di immobili sia ad uso abitativo che ad uso diverso da quello abitativo - nel senso che la ‘fiscalizzazione’ debba tenere conto del valore del bene al tempo della sua determinazione.
Sarebbe invece irragionevole l’interpretazione dell’art. 33, comma 2, secondo la quale rileverebbe il valore del bene al momento di realizzazione delle opere.
Documenti Allegati
Sentenza Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 8 marzo 2024, n. 3IL NOTIZIOMETRO