Fiscalizzazione abusi edilizi: quando si applica
La c.d. fiscalizzazione dell’abuso rappresenta una deroga attuabile qualora nella fase di esecuzione venga provata la situazione di pericolo per le parti legittime
La possibilità di sostituire l’ordine di demolizione con la fiscalizzazione può essere concessa esclusivamente in presenza di abusi che, se demoliti, arrecherebbero pregiudizio alla parte dell’immobile eseguita in conformità.
Tale condizione può essere valutata dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva del procedimento - che è successiva e autonoma rispetto all’emanazione dell’ordine di ripristino - e solo se il soggetto richiedente è in grado di dimostrare l’impossibilità a demolire il manufatto senza che si costituisca una situazione di pericolo.
Fiscalizzazione abuso: come funziona, quando è applicabile
A ribadirlo è il TAR Lazio con la sentenza del 12 agosto 2024, n. 15795, di rigetto al ricorso contro l’annullamento dell’ordine di demolizione di due corpi di fabbrica realizzati senza titoli autorizzativi.
Viene chiarito, innanzitutto, che la cd. fiscalizzazione dell’abuso - ovvero la sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria per gli interventi conseguiti in parziale difformità dal titolo - è prevista dall’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) per gli abusi che, se demoliti, comporterebbero pregiudizio alla parte eseguita in conformità.
Tale condizione, tuttavia, può essere valutata dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva del procedimento demolitorio, che è autonoma e successiva rispetto alla fase di stipula dell’ordine ripristinatorio.
È bene precisare, poi, che il Comune non ha alcun obbligo di verificare l’eventuale applicabilità della fiscalizzazione in luogo dell’ordine demolitorio. Tale circostanza infatti dev’essere specificatamente richiesta dall’interessato, che dovrà anche essere in grado di dimostrare l’impossibilità a demolire.
In proposito, si chiarisce il principio di base secondo cui:
“La demolizione costituisce la regola generale e la fiscalizzazione dell’abuso una deroga attuabile qualora nella fase di esecuzione venga provata la situazione di pericolo per le parti legittime.”
Abusi edilizi: senza fiscalizzazione, la demolizione è dovuta
Nel caso in esame, il ricorrente ha invocato l’applicazione della fiscalizzazione dell’abuso sostenendo che la demolizione della parte illecitamente eseguita causerebbe pregiudizio di carattere statico-strutturale alla parte conforme del fabbricato, senza tuttavia fornire alcun principio di prova (neppure illustrata) in merito all’interconnessione tra le parti lecite e quelle abusive, né in merito alle eventuali criticità strutturali che la demolizione comporterebbe.
Non può essere dunque imputato alcun obbligo di verifica nei confronti del Comune, che ha correttamente emanato l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi.
Del tutto superflua poi è la doglianza secondo cui i lavori sarebbero qualificabili, non come nuove costruzioni, ma come soli ampliamenti ricompresi nella ristrutturazione edilizia, potendo al massimo essere inclusi tra i lavori di ristrutturazione “pesante” di cui all’art. 10, comma 1, lett. c) del TUE.
In proposito viene chiarito che, anche volendo ricomprendere le opere eseguite tra gli interventi di ristrutturazione, quanto chiarito fino ad ora non cambierebbe.
L’art. 31 del TUE, infatti, impone l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi per tutte le opere eseguite in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire, nonché con variazioni essenziali al progetto.
Ebbene, alla luce di quanto disposto proprio dall’art. 10 del TUE, si chiarisce, il Permesso di Costruire risulta obbligatorio anche per gli interventi di ristrutturazione pesante, e quindi, in caso di violazione, risulta legittima, oltre che dovuta, l’attivazione dei meccanismi repressivi.
Non essendo dunque stati soddisfatti i presupposti per l’applicazione della sanzione pecuniaria al posto di quella demolitoria, viene confermata l’efficacia dell’ordine di ripristino, con conseguente rigetto del ricorso.
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