Fiscalizzazione abuso edilizio: 3 diverse sanzioni alternative alla demolizione
La normativa edilizia prevede diverse possibilità di mantenere una difformità edilizia pagando una sanzione alternativa ma con effetti differenti. Vediamo quali
L'attuale normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001) limita le possibilità di sanare un'eventuale difformità agli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o SCIA "pesante" che presentino, comunque, la cosiddetta "doppia conformità".
Sanatoria edilizia e doppia conformità
Entrando nel dettaglio l'art. 36, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dispone:
In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Relativamente agli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA "leggera"), il successivo art. 37, comma 4, prevede:
Ove l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.
La doppia conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, risulta quindi una condizione fondamentale per sanare eventuali difformità edilizia.
Permesso di costruire e SCIA in sanatoria: effetti e silenzio
Mentre nel primo caso (art. 36) è prevista la risposta della pubblica amministrazione entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata (silenzio-rifiuto), nel secondo caso (art. 37) si discute ancora se alla SCIA in sanatoria la P.A. debba rispondere o meno con un provvedimento. Relativamente alla SCIA in sanatoria, infatti, si sono formati 3 diversi orientamenti della giurisprudenza che parlano di:
- silenzio-rigetto (al pari del permesso di costruire in sanatoria ma senza alcun riferimento normativo sulle tempistiche);
- silenzio-assenso;
- silenzio-inadempimento.
Tralasciando la giurisprudenza che si è formata, occorrerebbe ricordare l'art. 19, comma 6-bis della Legge n. 241/1990 che sulla SCIA edilizia (come lo è quella di cui all'art. 37) riduce a 30 giorni il potere di intervento della P.A., in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti, per emettere motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Chiaramente (e non potrebbe essere altrimenti) restano salvi:
- il potere di emettere gli stessi provvedimenti di divieto e rimozione in caso di false dichiarazioni;
- la condanna a reclusione da uno a tre anni per chi dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti per la SCIA in sanatoria stessa;
- le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali.
Alla base di quanto scritto, in caso di SCIA in sanatoria la prassi dovrebbe essere:
- presentazione della SCIA;
- pagamento della sanzione sulla base delle tabelle stabilite da comune a comune;
- eventuale pagamento della somma aggiuntiva eventualmente richiesta dalla amministrazione.
La demolizione dell'abuso edilizio
Nel caso in cui la sanatoria non sia possibile, la normativa edilizia prevede la demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, ed in alcuni casi la possibilità di sostituire la demolizione con una sanzione alternativa (c.d. fiscalizzazione dell'abuso edilizio).
L'ordinanza di demolizione è emessa nei seguenti casi:
- interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
- interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici;
- interventi eseguiti in base a permesso annullato.
Nel primo caso alla demolizione non c'è alcuna alternativa e se entro 90 giorni dall'ingiunzione il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. Su questo tema si è formato un orientamento a mente del quale prima dell'acquisizione gratuita a patrimonio comunale, la P.A. debba comunque "verificare" l'inottemperanza mediante un provvedimento.
Nessuna alternativa alla demolizione anche nel caso di interventi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici in assenza di permesso di costruire o SCIA alternativa. In questo caso, però, la demolizione è eseguita a cura del Comune ed a spese del responsabile dell'abuso.
La sanzione alternativa alla demolizione 1
Diversa è la situazione relativa agli interventi:
- di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- interventi eseguiti in base a permesso annullato.
In questi 3 casi, la normativa concede la cosiddetta "fiscalizzazione dell'abuso" che consente di non demolire a seguito del pagamento di una sanzione alternativa, che ha effetti diversi sullo "stato legittimo" dell'immobile.
L'art. 33, comma 2, del T.U. Edilizia, relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, dispone:
Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e con riferimento all'ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell'abuso, sulla base dell'indice ISTAT del costo di costruzione, con la esclusione, per i comuni non tenuti all'applicazione della legge medesima, del parametro relativo all'ubicazione e con l'equiparazione alla categoria A/1 delle categorie non comprese nell'articolo 16 della medesima legge. Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la sanzione è pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile, determinato a cura dell'agenzia del territorio.
Su questa disposizione è stata recentemente emessa un'ordinanza del Consiglio di Stato che ha rimesso all'Adunanza Plenaria il calcolo della sanzione alternativa. In particolare, è stato chiesto se:
- con l’espressione “data di esecuzione dell’abuso” debba intendersi il momento di completamento dell’abuso ovvero in cui l’abuso è stato accertato dai competenti uffici pubblici ovvero sia stato denunciato dall’interessato a mezzo della richiesta di un condono o ancora quello di irrogazione della sanzione pecuniaria o demolitoria, intendendosi cioè l’espressione come momento di cessazione dell’abuso;
- in mancanza dei decreti ministeriali di determinazione del costo di produzione per la realizzazione degli immobili ex art. 22 della legge 27 luglio 1978, n. 392, ai fini della determinazione della giusta sanzione pecuniaria possa procedersi all’attualizzazione, secondo gli indici ISTAT, al momento di irrogazione della sanzione pecuniaria dei valori risultanti dagli ultimi decreti ministeriali (30 gennaio 1997 e 18 dicembre 1998) ovvero se ancora l’attualizzazione possa essere quanto meno limitata al momento della scoperta dell’abuso o della sua denunzia (istanza di condono).
Da rilevare che al pagamento della sanzione alternativa non si produce alcun effetto sanante sull'abuso edilizio che resta tale.
La sanzione alternativa alla demolizione 2
L'art. 34, comma 2, del T.U. Edilizia, relativo agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, dispone:
Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
Anche in questo caso il pagamento della sanzione alternativa alla demolizione non produce alcun effetto sanante sull'intervento e, quindi, sullo stato "illegittimo" dell'immobile.
La sanzione alternativa alla demolizione 3
Diverso è il caso previsto per gli interventi eseguiti in base a permesso annullato. In questo caso l'art. 38 del T.U. Edilizia stabilisce:
1. In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.
2. L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 23, comma 01, in caso di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo.
In questo caso il pagamento della sanzione alternativa produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria ottenuto ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.
Da notare il comma 2-bis, mai da nessuno evidenziato quanto merita. Il comma si riferisce agli interventi che richiedono la SCIA alternativa al permesso di costruire (c.d. SCIA pesante) e si riferisce al caso "di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo". Se in questa disposizione si presuppone che l'accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo possa essere appunto "una possibilità", per quale motivo non dovrebbe essere lo stesso nel caso di SCIA in sanatoria ai sensi dell'art. 37?
Concludo questo approfondimento con questa domanda nella speranza di ricevere tanti contributi utili alla discussione al mio indirizzo redazione@lavoripubblici.it
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