Frodi fiscali: sequestro preventivo a tutto tondo
La Corte di Cassazione interviene sul delicato tema del sequestro preventivo dei crediti fiscali maturati da superbonus e successivamente ceduti
Dalla loro formulazione normativa superbonus e cessione del credito hanno affrontato una serie di problematiche applicative, correttivi, semplificazioni, stravolgimenti normativi e una campagna mediatica contro senza precedenti.
Superbonus e cessione del credito: i problemi risolti e irrisolti
Mentre sul superbonus molti problemi "tecnici" sono ormai stati risolti (su alcuni occorrerebbe interrogarsi ancora), sul meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) stiamo ancora qui a cercare soluzioni al blocco della cessione cominciato a inizio del 2022 con il Decreto Sostegni-ter (D.L. n. 4/2022). Prima le frodi (che in realtà hanno riguardato i bonus senza controllo antecedenti il Decreto antifrode n. 157/2021), poi la frammentazione del credito, il codice univoco, il numero delle cessioni e la responsabilità solidale. Tutti argomenti affrontati e risolti mediante diversi provvedimenti emergenziali che, però, non hanno avuto effetti concreti sulla riapertura degli acquisti (almeno a prezzi che non possono essere considerati da "usura").
Perché i crediti fiscali non circolano più come nel primo anno di applicazione dell'art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio)? I motivi sono diversi e non solo prettamente tecnici.
Molto ha contribuito la pessima "aria" che ha cominciato a circolare sui bonus edilizi che molti esponenti della politica italiana, con la complicità della stampa generalista, hanno dipinto come degli strumenti ideali per frode e malaffare. Da settembre 2021 (poco prima della pubblicazione del Decreto antifrode) in poi non è raro leggere articoli o sentire servizi televisivi che associano al superbonus la parola truffa.
Complice il fatto che molti cessionari hanno acquistato crediti senza i necessari controlli, il sistema è andato in tilt.
Il sequestro preventivo
In realtà, però, il meccanismo di cessione del credito consente ancora ampio margine di guadagno. Ciò nonostante esiste ancora una problematica su cui a breve Governo/Parlamento potrebbero intervenire: il sequestro preventivo del credito anche nei confronti del cessionario incolpevole. Un problema sui cui si potrebbe porre rimedio con una vera e propria certificazione dello Stato che trasformerebbe il credito in un investimento esente da rischi.
Sul sequestro preventivo sono già intervenute diverse sentenze della Corte di Cassazione che hanno confermato l'assenza di una deroga espressa all'art. 321 del c.p.p., riconoscendo al giudice il potere di disporre il sequestro preventivo quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze ovvero agevolare la commissione di altri reati.
L'argomento è stato oggetto di un nuovo intervento della Cassazione (sentenza n. 37138/2023) che ha aggiunto nuovi elementi al sequestro preventivo del credito fiscale monetizzato mediante cessione del credito.
Nel caso di specie viene contestato il reato di cui all'art. 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di erogazioni pubbliche) del codice penale e disposto il sequestro del credito maturato da un "sodalizio criminale" che, per il tramite di società operanti nel settore dell'edilizia, nonché di esperti professionisti, certificava, ricorrendo a documentazione falsa, lavori di ristrutturazione aventi ad oggetto il miglioramento energetico e l'adeguamento antisismico eccedenti il reale valore di quelli effettivamente eseguiti onde accedere ai benefici statali rientrati nell'agevolazione del superbonus.
A seguito di richiesta del pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro della somma oggetto di sconto in fattura successivamente ceduta, delle quote sociali delle società indagate e del profitto relativo all'acquisto dei crediti.
Gli ermellini hanno ribadito che "Il reato di cui all'art. 316-ter c.p. si consuma nel luogo in cui il soggetto pubblico erogante dispone l'accredito dei contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre provvidenze in favore di chi ne abbia indebitamente fatto richiesta, perché con tale atto si verifica la dispersione del denaro pubblico, e non in quello in cui avviene la materiale apprensione degli incentivi".
È, dunque, evidente che con il riconoscimento del credito di imposta, immediatamente monetizzabile, il reato è già consumato in quanto l'ente erogatore non è più nella possibilità di recuperare quanto erogato ed il soggetto beneficiario ha già avuto l'accrescimento del proprio patrimonio.
L'ordinanza impugnata ha correttamente evidenziato che all'illecita operazione contestata all'indagato si ricolleghi, sotto un diverso profilo, sia il sequestro del credito di imposta generato illecitamente, quale profitto direttamente derivato dalla condotta di cui all'art. 316-ter c.p. e sottoposto a vincolo reale in via diretta e impeditiva, sia il sequestro preventivo per equivalente del successivo profitto che dalla cessione di tale credito è stato realizzato nel patrimonio dell'indagato e nelle società coinvolte.
A tale proposito, già dal 1996 le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato su un piano generale che "in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato".
Conclusioni
Volendo, quindi, schematizzare:
- il prodotto è il risultato dell'azione criminosa, ovvero la cosa materiale creata, trasformata o acquisita mediante l'attività delittuosa, che con quest'ultima abbia un legame diretto e immediato (si tratta del frutto diretto ed immediato dell'attività criminosa, ossia del risultato ottenuto direttamente con l'attività illecita(;
- il profitto comporta invece un accrescimento del patrimonio dell'autore del reato ottenuto attraverso la acquisizione la creazione o la trasformazione di cose suscettibili di valutazione economica, corrispondente all'intero valore delle cose ottenute attraverso la condotta criminosa (vantaggio economico di diretta derivazione del reato);
- il prezzo, infine, è il compenso dato o promesso per indurre istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, quale fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato.
Secondo la Cassazione, in definitiva, è possibile procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato ed il profitto nella cessione dello stesso.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 12 settembre 2023, n. 37138IL NOTIZIOMETRO