Gara suddivisa in lotti: il Consiglio di Stato sul vincolo di aggiudicazione
In quali limiti incorre la stazione appaltante nella definizione del numero e del valore dei lotti aggiudicabili a uno stesso operatore? Ecco la risposta di Palazzo Spada
Nella suddivisione in lotti, l’eventuale apposizione di un limite al numero di lotti aggiudicabili va adeguatamente motivata dalla stazione appaltante, tenendo conto del mercato, delle caratteristiche della gara e considerando la tutela della concorrenza.
Gara suddivisa in lotti: il vincolo di aggiudicazione
Lo conferma il Consiglio di Stato con la sentenza dell’1 settembre 2023, n. 8127, con la quale ha respinto il ricorso contro Consip nell’ambito di una procedura per l’affidamento di un servizio.
La gara era suddivisa in 34 lotti, in ordine ai quali il disciplinare prevedeva che:
- a) in caso di partecipazione a più lotti, ciascun concorrente avrebbe potuto presentare offerta, ai sensi dell’art. 51, comma 2 del d. lgs. n. 50/2016, per un numero massimo di 13 lotti;
- b) che, in tal caso, il valore dei lotti non avrebbe potuto superare il 40% del valore della gara, in conformità ad apposita tabella;
- c) in caso di partecipazione ad un numero (o per un complessivo valore) di lotti superiore a quello consentito, l’offerta sarebbe stata acquisita con riferimento ai lotti che, in valore e numero, avessero rispettato i ridetti criteri, sulla base di un ordine decrescente espressamente prefigurato.
Inoltre, in una richiesta di chiarimento, la stazione appaltante aveva puntualizzato che il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non avrebbe comportato il venir meno dell’autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, per cui le imprese controllate o collegate ex art. 2359 c.c., in possesso dei requisiti richiesti dal bando di gara, avrebbero potuto partecipare ed aggiudicarsi, ciascuna, più lotti.
L'operatore ricorrente era venuto a conoscenza del fatto che le società indicate nell’aggiudicazione costituivano, di fatto, un unico gruppo societario, e opinava che le relative offerte fossero relative a un unico centro decisionale, con il risultato che aveva concorso per un numero di lotti pari a trentadue (sui trentaquattro complessivi) e per un valore ampliamente superiore a quello stabilito.
Da qui il ricorso al TAR per:
- violazione del vincolo di partecipazione previsto dal Disciplinare, in attuazione del disposto dell’art. 51, comma 2, del Codice dei contratti pubblici;
- l’illegittimità del disciplinare, per la denegata ipotesi in cui esso fosse interpretato nel senso che il vincolo non si applicasse alle società che fanno capo ad un centro decisionale unitario.
La sentenza del Consiglio di Stato
Già in primo grado il ricorso era stato respinto, con conferma della decisione anche in appello. Sul punto, Palazzo Spada ha evidenziato quanto affermato dal TAR, ovvero che l’appellante era partito dall’errato presupposto dell’unicità della gara, la quale invece era stata strutturata come un insieme di diversi iter concorsuali, uno per ogni singolo lotto. Quindi si escludeva in radice che le “situazioni di collegamento/controllo” potessero aver attivato la preclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50/2016 (cause da esclusione), avendo le offerte “operato in diversi contesti concorsuali non vicendevolmente contaminabili nell’ottica di una eventuale turbativa delle rispettive procedure e graduatorie e dei conseguenti separati provvedimenti di aggiudicazione”.
Inoltre, il confronto concorrenziale non risultava falsato da offerte non formulate in maniera autonoma in quanto “non incide la scelta di ciascuna impresa di partecipare a lotti diversi sulle rispettive dinamiche concorsuali e sulle concrete opportunità di aggiudicazione”.
In definitiva, l’unicità del centro decisionale avrebbe legittimato l’esclusione delle imprese ad esso appartenenti solo in caso di procedura unica, posto che “solo in presenza di tale circostanza avrebbe potuto ravvisarsi la lesione del principio della concorrenza, in ragione di un potenziale condizionamento dell’esito della procedura medesima”.
Tutto ciò alla luce dell’orientamento per cui non sarebbe “mai possibile inferire dall’introduzione del limite di aggiudicazione dei lotti per ciascun offerente un divieto di partecipazione a lotti diversi da parte di imprese in situazione di collegamento”. La stessa Consip aveva specificato che il vincolo di aggiudicazione “dovesse applicarsi alle imprese singole e non complessivamente a tutte le società facenti parte del medesimo gruppo ai sensi dell’art. 2359 c.c.”.
Vincolo di aggiudicazione: i limiti nel Codice dei Contratti
Il caso è stato l’occasione per il Consiglio di ricordare in relazione all’applicazione del c.d. vincolo di aggiudicazione, previsto dall’art. 51, comma del d. lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) l’esistenza di interpretazioni non (del tutto) omogenee:
- una prima opzione – peraltro, valorizzata dal primo giudice – secondo cui dalla introduzione, nel corpo della lex specialis, di un limite di aggiudicazione dei lotti oggetto di divisato affidamento, non sarebbe in ogni caso lecito inferire un gravatorio divieto di partecipazione a lotti diversi da parte di imprese in situazione di collegamento;
- un più recente orientamento ha inteso riflettere, con più rigoroso esito, sulla premessa per cui la ratio dell’imposizione del limite di aggiudicazione dei lotti è quella di favorire la massima partecipazione possibile da parte delle piccole e medie imprese, sicché esso costituisce senz’altro uno strumento proconcorrenziale, conforme alle previsioni dell’art. 51, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, rimesso alla scelta discrezionale della stazione appaltante.
In questo senso, secondo il Consiglio di Stato il nuovo Codice (d.Lgs. n. 36/2023) rimette alla mera facoltà della stazione appaltante la limitazione del numero massimo di lotti per i quali è consentita l’aggiudicazione al medesimo concorrente, specificando all’art. 58, comma 4, che:
- la giustificazione debba trovare ancoraggio nelle concrete “caratteristiche della gara”, ovvero nella prospettiva del perseguimento della “efficienza della prestazione”;
- solo con ulteriore opzione, la stazione appaltante possa decidere di estendere il limite quantitativo “a più concorrenti che versino in situazioni di controllo o collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile” ;
- la ridetta estensione debba trarre giustificazione in “ragioni inerenti al mercato";
- in considerazione dell’”elevato numero atteso dei concorrenti” il vincolo di aggiudicazione possa essere integrato dal vincolo di partecipazione.
Nel caso in esame, la questione della unicità del centro decisionale appare del tutto irrilevante: la SA ha operato in maniera corretta, non incidendo la scelta di ciascuna impresa di partecipare a lotti diversi sulle rispettive dinamiche concorsuali e sulle concrete opportunità di aggiudicazione.
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