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Gravi illeciti professionali: il TAR sul provvedimento di esclusione

L'esclusione dell'OE non va solo motivata ma deve essere preceduta da un'adeguata istruttoria con contraddittorio da parte della stazione appaltante

di Redazione tecnica - 21/10/2024

Nell’ambito degli illeciti professionali, va esclusa ogni possibile forma di automatismo fra i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria (compreso il rinvio a giudizio) e le scelte della stazione appaltante.

Ne deriva che qualora decida di escludere da una procedura un OE per grave illecito professionale, la SA deve attivare il contraddittorio procedimentale, finalizzato a fornire una motivazione adeguata e puntale del successivo provvedimento.

Gravi illeciti professionali: no ad automatismi escludenti

Sulla base di questi presupposti, il TAR Sicilia con la sentenza del 7 ottobre 2024, n. 3300, ha accolto il ricorso proposto contro il provvedimento di esclusione da una procedura negoziata mediante RDO sul MEPA dell’OE risultato aggiudicatario.

Dalla verifica dei requisiti era emerso tra i carichi pendenti il rinvio a giudizio nei confronti del legale rappresentante della società, per il reato di cui all’art. 353 c.p (turbata libertà degli incanti), motivo per cui la SA aveva disposto l’esclusione della concorrente dalla procedura.

Nel provvedimento di esclusione la SA ha fatto riferimento:

  • alla particolare gravità del reato e alla sua incidenza negativa sul requisito dell’integrità e dell'affidabilità professionale del concorrente;
  • alla misura cautelare disposta nei confronti di funzionari pubblici sottoposti alla medesima indagine penale;
  • all’art. 98 del d.Lgs. n. 36/2023, che consente di disporre l’esclusione, ai sensi dell’art. 95, primo comma, lettera e), per grave illecito professionale in caso di contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al terzo comma dell'art. 94, di taluno dei reati consumati o tentati di cui al primo comma del medesimo art. 94.

Secondo la ricorrente, la SA ha ritenuto erroneamente che ricorresse un’ipotesi di esclusione automatica dalla procedura, mentre, venendo in rilievo un’ipotesi di esclusione non automatica (come si desume dall’art. 95, primo comma, del decreto legislativo n. 36/2023 e dal rinvio ivi contenuto all’art. 98), la relativa valutazione doveva essere effettuata in contraddittorio.

Il provvedimento di esclusione avrebbe dovuto essere adeguatamente motivato, secondo quanto disposto dall’art. 98, settimo e ottavo comma, del decreto legislativo n. 36/2023, e avrebbe dovuto essere adottato all’esito di una compiuta ed esaustiva istruttoria;

Inoltre l’Amministrazione ha fatto riferimento ad una misura cautelare che non è mai stata applicata nei confronti del legale rappresentante della società e che, comunque, ha riguardato un libero professionista, non un pubblico ufficiale.

Gravi illeciti professionali: i presupposti per l’esclusione

Una tesi condivisa dal tribunale siciliano, che ha preliminarmente ricordato che:

  • l’art. 95, primo comma, lettera e), del decreto legislativo n. 36/2023 prevede chela stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti che l'offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati;
  • all'art. 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.

L’art. 98, secondo comma, dispone che l'esclusione di un operatore economico ai sensi dell'art. 95, primo comma, lettera e), è disposta dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:

  • a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
  • b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore;
  • c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.

Il sesto comma dell’art. 98 dispone che costituiscono mezzi di prova adeguati - in relazione al terzo comma, lettera g) - gli atti di cui all’art. 407-bis, primo comma, c.p.p, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 429 c.p.p. o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penali; la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile,  la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

In particolare, l’art. 407-bis, primo comma, c.p.p. menziona l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, sicché la richiesta di rinvio a giudizio risulta, secondo quanto espressamente stabilito dal legislatore, un mezzo di prova in linea di principio adeguato ai fini della dimostrazione della commissione del grave illecito professionale.

Nel caso in esame, il provvedimento impugnato fa riferimento all’art. 98 che consente alla stazione appaltante di disporre l’esclusione – terzo comma, lettera g) – per grave illecito professionale in caso di contestata commissione da parte dell’operatore economico, di taluno dei reati consumati o tentati di cui al citato art. 94, primo comma.

L’art. 98, comma 7, impone alla stazione appaltante di valutare i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al comma 6 motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull'affidabilità e sull'integrità dell'offerente, precisando che l'eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell'ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente.

Spiega il TAR che la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero non è, in effetti, un provvedimento giurisdizionale o sanzionatorio, essendo comunque chiaro l’intento del legislatore, posto che, a prescindere da eventuali improprietà del lessico normativo, la richiesta di rinvio a giudizio rileva ai sensi del citato art. 98, sesto comma, e, quindi, costituisce un mezzo di prova in linea di principio adeguato, il quale deve essere, infatti, valutato dalla stazione appaltante ai sensi del successivo settimo comma (anche perché esso costituisce un minus rispetto alla sentenza di condanna non definitiva).

Come previsto all’art. 98, comma 2, il provvedimento di esclusione debba essere motivato in relazione a tutte le condizioni di cui al secondo comma:

  • a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
  • b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore;
  • c) adeguati mezzi di prova di cui al sesto comma.

Nel provvedimento impugnato la SA ha affermato che:

  • a) la richiesta di rinvio a giudizio segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari;
  • b) è stato contestato un reato che incide negativamente sul requisito soggettivo dell’integrità e dell’affidabilità professionale;
  • c) la richiesta di rinvio a giudizio, costituisce fatto specifico che fanno venir meno la fiducia e l’affidabilità dell’operatore economico.

Provvedimento di esclusione deve essere preceduto da adeguata istruttoria

La decisione assunta risulta, quindi, motivata, mentre altra questione è se tale motivazione sia corretta e condivisibile nel merito. Tuttavia, le decisioni amministrative e le relative motivazioni rese a supporto presuppongono un ulteriore requisito procedimentale, cioè che esse siano l’esito di una compiuta ed esaustiva istruttoria.

Il legislatore ha infatti escluso ogni forma di automatismo fra i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria (ancorché di natura non giurisdizionale) e le determinazioni della stazione appaltante, con la conseguenza che, come più volte affermato dalla giurisprudenza l’Amministrazione, nel disporre l’esclusione da una procedura di affidamento per grave illecito professionale, è tenuta ad attivare il contraddittorio procedimentale, all’esito del quale possono in ipotesi emergere circostanze tali da indurre l’Amministrazione medesima a non condividere la valutazione - preliminare, sotto un profilo processuale - del pubblico ministero.

Il ricorso è stato quindi ritenuto fondato sotto tale specifico aspetto, con l’ulteriore  indicazione che il rinvio a giudizio nei confronti del legale rappresentante è stato notificato dopo l’aggiudicazione della gara e che, per quanto attività prodromica, la pendenza di indagini preliminari non costituisce un’ipotesi che rileva ai fini degli obblighi dichiarativi dell’operatore economico e che, comunque, in linea di principio l’indagato non è edotto dell’esistenza di indagini a suo carico, salvo che sia intervenuto un atto garantito, ovvero sia stato invitato a presentarsi per l’interrogatorio o abbia ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

 

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