Immobile senza certificato di collaudo statico: il Direttore dei Lavori è responsabile
Il collaudo va eseguito da un professionista non coinvolto nei lavori, ma il DL deve predisporre e presentare la documentazione per la sua nomina
L’assenza di certificato di collaudo statico per edifici realizzati in zona sismica è reato a carico non soltanto del costruttore e del committente, ma anche del direttore dei lavori il quale, in qualità di primo garante della sicurezza, è soggetto all'obbligo specifico di inibire l'utilizzazione dell'edificio prima del rilascio del certificato di collaudo.
Certificato di collaudo statico: le responsabilità del DL sul rilascio
Si conferma così in Cassazione, con la sentenza del 19 settembre 2024, n. 35123, la responsabilità a carico di un professionista, condannato all’ammenda di 400 euro per il reato di cui all'art. 75 d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e che, in qualità di direttore dei lavori, aveva realizzato in zona sismica tre edifici residenziali, permettendone l'utilizzo in assenza del certificato di collaudo statico.
Secondo il ricorrente, non solo il direttore dei lavori non avrebbe l'obbligo di effettuare il collaudo statico, come si evince dagli artt. 65, comma 6, e 67 d.P.R. n. 380/2001, ma si tratterebbe di un’attività che gli è espressamente preclusa; né la nomina è atto che gli compete, con conseguente insussistenza di responsabilità a titolo omissivo.
Sulla questione, la Corte ha ribadito che il collaudo deve essere eseguito da un ingegnere o da un architetto, iscritto all'albo da almeno dieci anni, che non sia intervenuto in alcun modo nella progettazione, direzione, esecuzione dell'opera (art. 67, comma 2, d.P.R. n. 380/2001).
Certificato di collaudo: la Cassazione sulla mancanza del documento
La mancanza di certificato di collaudo, di cui all'art. 75 d.P.R. n. 380/2001 ha natura di reato permanente a condotta mista in quanto comprende:
- un aspetto commissivo costituito dall'utilizzazione dell'edificio;
- un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all'autorità competente, con la conseguenza che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento di dismissione dell'utilizzo dell'immobile ovvero con il collaudo.
In relazione ai profili di responsabilità, il reato è configurabile a carico del costruttore, del committente e del proprietario, ma anche del direttore dei lavori il quale, in qualità di primo garante della sicurezza, è soggetto all'obbligo specifico di inibire l'utilizzazione dell'edificio prima del rilascio del certificato di collaudo.
Secondo quanto risulta dalla lettura della sentenza del Tribunale, il collaudo non era stato effettuato perché il direttore dei lavori non aveva mai dichiarato la fine dei lavori, non ancora ultimati alla data di scadenza del permesso di costruire.
Ricorda la Cassazione che:
- il collaudatore viene nominato dal committente in base ad un atto che deve essere depositato presso lo sportello unico dal direttore dei lavori contestualmente all'atto di accettazione della nomina e alla documentazione di cui al sesto comma dell'art. 65 d.P.R. n. 380/2001;
- tale documentazione deve essere presentata dal direttore dei lavori entro sessanta giorni dalla ultimazione delle parti della costruzione che incidono sulla stabilità della stessa (nella formulazione della norma vigente all'epoca dei fatti il termine decorreva dalla ultimazione delle opere) e deve essere costituita da una relazione sull'adempimento degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 65 d.P.R. n. 380/2001;
- in assenza di questi adempimenti propri del direttore dei lavori (e della loro documentazione) la nomina del collaudatore non è possibile.
In questo caso il certificato di collaudo è stato presentato solo in allegato alle memorie difensive, senza che sia mai stata fornita la prova della sua presentazione allo sportello unico, né della certezza della data del rilascio.
Non solo: il ricorrente non si è mai dimesso dalla carica di direttore dei lavori, non sussistendo alcun automatismo tra la cessazione dei lavori (anche per la scadenza del titolo) e la cessazione dalla carica, tanto più che il diniego della proroga di un anno della durata del permesso di costruire non impediva la presentazione della richiesta di un nuovo titolo per portare a termine i soli lavori non ultimati.
Sul punto gli ermellini hanno evidenziato che la rinunzia all'incarico - o le dimissioni - devono essere rigorosamente provate e risultare ufficialmente, non essendo sufficiente nemmeno un semplice accordo intervenuto tra gli interessati.
Le sanzioni previste
Infine, in relazione all’entità dell’ammenda, la norma prevede che “Chiunque consente l'utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo è punito con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 103 a 1.032 euro”.
Considerato che il caso riguarda ben 28 unità immobiliari, la violazione ha avuto una durata ultradecennale per immobili realizzati in zona sismica, totalmente privi dei certificati di conformità degli impianti, l’importo di 400 euro è proporzionato al reato commesso.
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