Impresa fuggitiva e perdita del Superbonus: come provare il danno?
Due recenti sentenze spiegano che il risarcimento del danno è dovuto solo se il committente prova il nesso tra il comportamento della ditta e il mancato accesso della detrazione. Fondamentale produrre una perizia tecnica che ne stimi anche l’ammontare
Come fare
Insomma, i primi orientamenti giurisprudenziali in materia di perdita di agevolazioni edilizie per colpa di imprese “fuggitive” o ritardatarie, lasciano ben intendere che non è scontato che se l'impresa abbandona il cantiere allora questa sia tenuta a risarcire il danno (presunto) che il committente sostiene di aver subito. Ciò è avvalorato da un’ulteriore sentenza, la n. 1245 del 13 giugno 2023, ancora del Tribunale di Padova. Anche in questa vicenda giudiziaria, un committente ha ottenuto unicamente lo scioglimento del contratto d’appalto per grave inadempimento dell’impresa esecutrice, vedendosi così ritornare in tasca le somme già versate alla stessa. Similmente al caso poc’anzi illustrato, però, il danno per perdita del Superbonus non gli è stato riconosciuto. Nel dettaglio, il danno non è provato perché il proprietario dell’immobile “non ha dimostrato che se la convenuta avesse adempiuto alle obbligazioni a suo carico egli avrebbe avuto diritto al Superbonus” nonché “l’asserito risparmio energetico che egli avrebbe potuto conseguire”. Insomma, emerge da queste due pronunce una linea sempre più consolidata che vede il committente caricato della responsabilità di dimostrare molti elementi, tra i quali con buona probabilità anche il possesso dei requisiti di accesso al Superbonus, da un punto di vista sia tecnico che fiscale.
Tuttavia, la sentenza n. 1245/2023 del Tribunale di Padova ha anche il merito di ribadire che per quanto riguarda invece gli step necessari in aula di giustizia per ottenere lo scioglimento del contratto d’appalto per inadempimento, il committente è tenuto unicamente a “provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza […] mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”.
Traducendo il tutto, insomma, in termini pratici, nel caso presentato dal gentile lettore, il committente che viene abbandonato in tal modo avrà poca difficoltà a provare in sede di giudizio l’inadempimento dell’impresa, poiché basterà allegare il contratto d’appalto, e per completezza le fatture che certificano le somme già versate all’impresa, nonchè le prove (anche solo fotografiche, come è avvenuto nel caso trattato a Padova) dello stato incompleto dei lavori. Così, egli avrà diritto a vedersi restituiti i 20.000 euro versati a titolo di acconto, come conseguenza della risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento.
Sarà molto più delicato, invece, provare di aver perso il Superbonus proprio a causa del comportamento dell’impresa. Così, prima di intentare una causa, il gentile lettore dovrà verificare, ad esempio, se effettivamente non potesse in alcun modo incaricare una nuova impresa. Magari (non è dato saperlo) ci ha provato, ma nessuna delle imprese contattate si è dichiarata disponibile, oppure i termini di scadenza dell’agevolazione erano talmente ravvicinati da non consentire di rivolgersi ad altri operatori in tempo per ottenere il bonus. Insomma, il diritto al risarcimento di un danno può esserci eccome, ma non deve essere lasciato al caso.
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