Installazione tettoia: edilizia libera o ristrutturazione edilizia?
Come qualificare correttamente un intervento di installazione di una tettoia? La risposta non è univoca, a fronte di una normativa non sempre chiara
La qualificazione di una tettoia come intrevento in edilizia libera o come ristrutturazione edilizia non ha dei confini sempre certi. Questo perché non esiste una chiara definizione normativa che aiuti in questo senso e il più delle volte è stato compito della giurisprudenza stessa, nell'ambito dei contenziosi in materia, provare a fornire delle coordinate di riferimento.
Realizzazione tettoia: intervento in edilizia libera o ristrutturazione edilizia?
Una ricostruzione operata anche dal TAR Campania con la sentenza dell’8 novembre 2023, n. 6151, con la quale ha accolto il ricorso contro l’ordine di demolizione di una struttura aperta su tre lati, di circa 15 mq, adibita a copertura di una scala di accesso a un terrazzo totalmente scoperto.
Secondo il Comune, che ha denominato la struttura come “tettoia”, l’intrevento si qualificava come intervento di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Da qui la misura del ripristino dei luoghi, ex art. 33 dello stesso T.U. Edilizia, rubricato “Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità”, non essendo stato previamente rilasciato il permesso di costruire ex art. 10 comma 1 lett. c) del medesimo d.P.R. che è previsto per “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici”.
Tende, pergotende, gazebo e pergolati: un quadro normativo poco chiaro
Di diverso avviso il TAR, per cui l’installazione della tettoia non è qualificabile come “intervento di ristrutturazione edilizia”, ex art. 3 comma 1 lett. d) del citato d.P.R. 380/2001. Sul punto i giudici amministrativi hanno appunto precisato che, in materia di struttura esterne annesse ad edifici e realizzate in aree aperte (terrazzi, giardini, patii), con funzione di riparo da agenti atmosferici, non vi è allo stato un quadro normativo che brilla per chiarezza.
Le disposizioni normative di riferimento, che vanno interpretate per quanto possibile secondo il loro tenore letterale, da un lato non prendono in considerazione la tipologia della “tettoia”, dall’altro, qualificano come soggetti al regime dell’edilizia libera, ex art. 6 del d.P.R. 380/2001, (tra l’altro) gli interventi edilizi esemplificati nel glossario del D.M. 2 marzo 2018, costituiti dalla “installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di tenda, tenda a pergola, pergotenda, copertura leggera di arredo".
Di conseguenza, è stata l’attività interpretativa della giurisprudenza a riempire di contenuto, ad esempio, la nozione di “pergotenda” allo scopo di distinguerla dalle altre tipologie di strutture comunque elencate nel glossario e sottoposte al medesimo regime giuridico, ex art. 6 del d.P.R. 380/2001, come ad esempio i gazebo e le “tende retrattili”; ma anche dalla “tettoia” – nozione invece non rinvenibile negli atti legislativi nazionali – che, seppure aperta su tre lati e quindi inidonea a creare nuova volumetria, sarebbe comunque sottoposta al regime del permesso di costruire, anche alla stregua dell’attuale quadro normativo.
Andando per differenza, la pergotenda, analogamente ad un’altra tipologia di struttura indicata come “pergolato”, si distinguerebbe dalla “tettoia” soprattutto per le caratteristiche della sua copertura. La giurisprudenza, anche recente, infatti qualifica come “pergolato” la struttura aperta su tre lati e anche nella parte superiore, che come tale rientra nell’edilizia libera, ex art. 6 del d.P.R. 380/2001, mentre ritiene che debba parlarsi di “tettoia”, soggetta al permesso di costruire ex art 10 del medesimo d.P.R. 380/2001, se il “pergolato” è coperto da una struttura “non facilmente amovibile”.
Strutture esterne: cosa distingue un intervento in edilizia libera dalla ristrutturazione?
Analizzando queste definizioni, se la struttura, comunque ancorata al suolo anche per realizzare in sicurezza la funzione di riparo dagli agenti atmosferici, ha la copertura in lamelle orientabili di alluminio, non è annoverabile tra le opere di “edilizia libera” ex art. 6 del d.P.R. 380/2001; se invece è coperta da una struttura in PVC impacchettabile, pur avendo la medesima funzione dell’altra copertura, per le prestazioni di efficientamento energetico che assicura, nonché di sicurezza per la tutela dell’incolumità dei soggetti che usufruiscono della struttura all’aperto, e pur non essendo la copertura in PVC non facilmente amovibile (che è cosa diversa dall’essere impacchettabile), corrisponderebbe alla nozione di pergotenda indicata dal legislatore.
Va però menzionato un orientamento minoritario, benché più risalente, secondo cui una struttura aperta sui lati, con coperture in lamelle orientabili, sarebbe “in tutto e per tutto assimilabile alla "pergotenda", non trattandosi infatti di opera che determina volumi chiusi, né che costituisce aumento della superficie utile, avendo infatti le caratteristiche di elemento di arredo urbano (…) in ragione delle sue caratteristiche costruttive (la struttura è aperta da tutti i lati ed è quindi priva di tamponature; le lamelle site nella parte superiore sono usualmente in posizione verticale e quindi vi è una apertura anche verso l'alto”.
Così come, evidenzia il TAR a rendere la cornice di riferimento ancora più complessa, concorre, all’attualità, la recente novella dell’articolo 6 del d.P.R. n. 380/2001 per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 33-quater "Norme di semplificazione in materia di installazione di vetrate panoramiche amovibili" del D.L. 9 agosto 2022, n. 115 "Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali", convertito dalla L. 21 settembre 2022, n. 142 in vigore dal 22 settembre 2022 che disciplina "gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, per le quali vengono specificati dei dettagli tecnici che riguardano le chiusure laterali, senza prendere in considerazione la tipologia della copertura.
Ne deriva che, mentre una “pergotenda” aperta su tre lati e con copertura in lamelle orientabili non rientra nel regime di edilizia libera, vi rientra la medesima struttura, anche se chiusa da VEPA su tre lati e ancorata al suolo e generalmente costituita da elementi portanti di alluminio, purché sia coperta da una struttura in PVC retraibile o in tessuto.
La sentenza del TAR
Alla luce di tale ricostruzione, ritiene il Collegio che la qualificazione della struttura come “tettoia” non sia sufficiente a supportare la legittimità della qualificazione di ristrutturazione edilizia poiché tale nozione, come sopra osservato, non ha alcun riferimento normativo nell’ordinamento giuridico.
Ricorda il TAR che l’art. 3 comma 1 lett. d), nella formulazione vigente ratione temporis prevede che gli “interventi di ristrutturazione edilizia", sono quelli “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”, essendo stata la lettera d) novellata dall'art. 10, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.
Anche al momento dell’adozione dell’ordinanza di demolizione pertanto, il carattere essenziale della ristrutturazione cd. pesante è costituito dall’effetto dell’intervento complessivo che, pur incidendo su un manufatto preesistente, deve condurre ad un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” per effetto di un “insieme sistematico di opere”.
Con riguardo alle strutture poste in aree esterne, la giurisprudenza ha ad esempio precisato, che “una tettoia di rilevanti dimensioni” che determini un'evidente alterazione dello stato dei luoghi e incida sull'assetto edilizio precedente, sì da integrare gli estremi dell'intervento di ristrutturazione edilizia, comportante modifica della volumetria e della sagoma complessive dell'edificio, determina la realizzazione di un organismo edilizio diverso dal precedente ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380 del 2001 necessitante, ai fini di una legittima realizzazione, del titolo abilitativo espresso, conformemente al disposto dell'art. 10, comma 1, lett. c), del medesimo d.P.R.
Caratteristiche che invece non sussistono in questo caso: la modesta dimensione del manufatto e l'evidente funzione di riparo dagli agenti atmosferici in una zona di passaggio tra un livello e l’altro dei lastrici di copertura, non è idonea a trasformare anche solo in parte l’edificio cui è annesso. Di conseguenza, conclude il TAR, l’applicazione da parte del Comune degli articoli 3 comma 1 lett. d) e 33 del d.P.R. 380/2001, non appare sorretta da un’adeguata istruttoria.
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO