Istanza di condono: le condizioni per la revoca dell'ordine di demolizione

Il giudice è tenuto a esaminare i possibili esiti e i tempi di conclusione del procedimento amministrativo, ma anche a verificare l'effettiva legittimità di un'eventuale sanatoria

di Redazione tecnica - 22/12/2024

In tema di reati edilizi, il giudice dell'esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive di cui all'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) a seguito della presentazione di un’istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare:

  • a) il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento;
  • b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.

Attenzione però: il giudice può esprimersi sulla legittimità della richiesta solo in presenza della documentazione utile a procedere con i relativi accertamenti, documentazione che il richiedente ha l’onere di allegare.

Condono edilizio: la Cassazione sulla sospensione o revoca dell'ordine di demolizione

A ricordare le condizioni perché il giudice dell’escuzione disponga la sospensione o la revoca dell’ingiunzione di demolizione è la Corte di Cassazione, con la sentenza del 12 dicembre 2024, n. 45426, che ha ritenuto inammissibile il ricorso contro il rigetto della revoca dell'ordine di demolizione di un manufatto, per il quale erano state presentate 4 diverse istanze di condono.

Sulla questione, la Corte ha preliminarmente evidenziato che in tema di esecuzione penale, non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione, cioè un dovere di prospettare e di indicare (specificamente) al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi alla autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti.

Si tratta di un onere disatteso dal ricorrente perché non si è fatto carico di allegare alcun concreto elemento dal quale il Giudice dell'esecuzione potesse desumere che la domanda di condono fosse definibile in tempi brevi - posto che erano trascorsi oltre venti anni dalla data di irrevocabilità della sentenza contenente l'ordine di demolizione (ottobre 2003) e le istanze di condono erano state presentate a dicembre 2004, in modo che il Tribunale potesse procedere con un’istruttoria diretta ad accertare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare:

  • a) il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento;
  • b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.

Le verifiche a carico del giudice dell'esecuzione

Ed è proprio per questo che gli ermellini hanno ribadito che, in tema di reati edilizi, il giudice dell'esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive in conseguenza della presentazione di una istanza di condono successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo.

Inoltre, ai fini della revoca dell'ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice dell'esecuzione deve verificare la legittimità del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, verificando:

  • la disciplina normativa applicabile;
  • la legittimazione del soggetto che abbia ottenuto il titolo in sanatoria;
  • la tempestività della domanda;
  • il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell'opera;
  •  l'immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente;
  • la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili.

Ordine di demolizione: atto dovuto e vincolato

Sull’ordine di demolizione, i giudici di Piazza Cavour hanno anche ribadito come esso costituisce atto dovuto, espressivo di un potere autonomo e non meramente suppletivo del giudice penale. Esso pertanto, ferma restando l'esigenza di coordinamento in fase esecutiva, non si pone in rapporto alternativo con l'ordine omologo impartito dalla Pubblica Amministrazione.

Quanto all’inerzia comunale, si riafferma che proprio alla luce della doverosità della demolizione disposta dal giudice non è possibile "lucrare" sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza o dalla domanda di condono, perché l'ingiunzione del pubblico ministero è anche causata dalla sua inerzia nell'esercitare i legittimi poteri e facoltà diretti a ottenere una sollecita decisione da parte della P.A.

Elusione limiti volumetrici: no al frazionamento artificioso delle istanze di condono

Infine, a fronte della dedotta esclusiva proprietà dell'immobile abusivo in capo a un solo soggetto con presentazione tuttavia di plurime domande di condono, occorre ricordare che in tema di condono edilizio previsto dal d.l. 30 novembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, in legge n. 326/2003, la presentazione di plurime istanze di sanatoria relative a distinte unità immobiliari, ciascuna di volumetria non eccedente i 750 mc., costituisce artificioso frazionamento della domanda, in caso di nuova costruzione di volumetria inferiore a 3.000 mc., la cui realizzazione sia ascrivibile ad un unico soggetto.

In questo caso si trattava di una nuova costruzione avente volumetria complessiva di circa 2.200 mc., composta da quattro unità immobiliari, rispetto alla quale risultavano presentate, da soggetti diversi dall'autore dell'edificazione, due istanze di condono per unità di volumetria inferiore a 750 mc.

Ordine di demolizione: soggetti destinatari

Infine, un aspetto importante e che rappresenta l’unico motivo di ricorso accolto dalla Corte, attiene alla definizione dei destinatari dell’ingiunizone a demolire. Uno dei ricorrenti ha infatti specificato di non potere essere destinatario dell’ordinanza, atteso che l'immobile abusivo sarebbe sempre appartenuto soltanto alla sorella e non poteva esserne solo proprietario iure hereditatis.

L’ordine di demolizione impartito dal giudice ha come destinatario non solo il condannato responsabile dell'abuso, ma anche l'attuale proprietario del bene, rimasto estraneo al processo, che assume una responsabilità di natura "sussidiaria", ferma restando la sua facoltà di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa.

Resta invece estraneo alla demolizione il mero successore del committente che non sia anche proprietario del bene abusivo come sembra essere, l'attuale ricorrente. Ne consegue che l'ordinanza è stata annullata limitatamente alla posizione del soggetto ricorrente con rinvio alla Corte di appello per nuovo giudizio sul punto, da formulare previo completo accertamento dei titoli di proprietà e correlate conseguenti legittimazioni soggettive per la demolizione.

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