Liti fiscali: arriva il modello per la definizione agevolata dei giudizi tributari
Disponibile il modello del Fisco di domanda di definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione di cui all’art. 5 della legge n. 130/2022
È stato approvato con il Provvedimento del 16 settembre 2022, prot. n. 356446 a firma del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, il modello di domanda di definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione di cui all’articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130. Nel provvedimento sono anche specificate le modalità di presentazione della domanda.
Definizione agevolata giudizi tributari in Cassazione: il provvedimento del Fisco
Il provvedimento dà attuazione alle disposizioni che prevedono la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di Cassazione. In particolare, l’articolo 5 consente ai contribuenti che non siano stati integralmente soccombenti nei gradi di merito di definire in via agevolata le liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di cassazione, attraverso il pagamento di determinati importi, correlati al valore della controversia.
Per controversie tributarie pendenti si intendono quelle per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge (16 settembre 2022), purché, alla data della presentazione della domanda, non sia intervenuta una sentenza definitiva. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore del citato articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130.
La domanda di definizione va presentata dal soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, oppure da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, il quale, ai sensi dell’articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130, intende definire i giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
Sono definibili le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali l’Agenzia delle entrate risulti:
- a) integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 100mila euro, con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3;
- b) soccombente, in tutto o in parte, in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 2 289, sia non superiore a 50mila euro, con il pagamento di un importo pari al 20% del valore della controversia, determinato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
La soccombenza va valutata in relazione al singolo atto impugnato. In caso di totale soccombenza del contribuente in entrambi i gradi di giudizio non è prevista la possibilità di definizione.
Come specifica il Fisco, il valore della controversia, da assumere a base del calcolo per la definizione, è stabilito ai sensi del comma 3 dell’articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati.
Modalità di presentazione della domanda
Le domande possono essere presentate dal 16 settembre 2022 e fino al 16 gennaio 2023, inviando una singola istanza per ciascuna controversia tributaria, utilizzando esclusivamente il modello messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e allegando copia di un documento di identità e la quietanza del versamento effettuato mediante modello F24. La presentazione va fatta tramite invio all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dell’Ufficio che è parte nel giudizio di merito.
Il pagamento delle somme dovute deve essere effettuato mediante modello F24 e non è ammessa la rateazione. Il versamento degli importi dovuti è effettuato, in ogni caso, senza avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. È ammesso lo scomputo delle somme già versate in pendenza di giudizio ma non si dà luogo alla restituzione di quelle eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. La definizione si perfeziona – salvo eventuale diniego - con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
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