Onorari Superbonus, cosa fare se il cliente ha abbandonato il progetto
In assenza di un contratto di incarico professionale, il pagamento per le prestazioni effettuate può essere ottenuto solo provando dettagliatamente l’avvenuto incarico e lo svolgimento dello stesso
Le figure professionali dell’edilizia hanno svolto un ruolo fondamentale nella fruizione delle detrazioni per la realizzazione di interventi, in primis del Superbonus. I passaggi sono molteplici, e vanno dalla realizzazione di studi di fattibilità, alla progettazione vera e propria dei lavori agevolabili, fino alla compilazione delle certificazioni tecniche obbligatorie a norma di legge, cosicché non è raro che sorgano incomprensioni tra professionisti e clienti, che stanno spesso portando le parti nelle aule di giustizia.
Il “lato positivo” è che dato l’alto numero di contenziosi, sono molte anche le pronunce che man mano vengono emanate dalla giurisprudenza, che aiutano a orientarsi in caso di intoppi, e a comprendere come muoversi nei singoli casi specifici per tutelarsi e vedersi ristorati gli eventuali danni subiti.
Tuttavia, i temi che sta trattando la giurisprudenza non riguardano unicamente il lato del committente, che può trovarsi nella situazione di non aver ricevuto dai professionisti quanto erano incaricati a produrre, con conseguenze anche in termini di corretta configurazione dei benefici fiscali sperati. È infatti anche il professionista a potersi trovare di fronte a un cliente che si rifiuta di pagare la parcella, magari perché ha scelto di non proseguire nella realizzazione degli interventi.
È chiaro che chi presta la propria opera professionale va sempre pagato, ma non è detto che instaurare una causa porti al soddisfacimento di tale diritto, soprattutto se quest’ultimo non è dimostrabile in giudizio. Come emerge, ad esempio, dalla lettura della sentenza n. 472/2023, emanata dal Tribunale di Arezzo il 17 maggio 2023, che ha negato al tecnico il diritto al compenso.
I fatti di causa
A sollevare il giudizio è stato un ingegnere, asseritamente incaricato dal proprietario di un immobile della gestione della pratica relativa all’efficientamento energetico dello stesso con accesso al Superbonus al 110%. A seguito di un primo sopralluogo, il tecnico aveva evidenziato la presenza di alcune difformità edilizie sull’immobile, e la conseguente necessità di rimuoverle richiedendo una sanatoria prima di procedere con l’esecuzione dei lavori agevolabili con Superbonus.
Pertanto, l’ingegnere era stato incaricato separatamente e “nero su bianco” di espletare innanzitutto la pratica di sanatoria, concordando con il cliente una parcella pari a 3.000 euro, che veniva versata regolarmente.
Ottenuta la sanatoria, l’ingegnere ha effettuato la valutazione energetica del fabbricato ai fini dell’individuazione dell’intervento trainante e di quelli trainati per l’applicazione del Superbonus 110%, per poi redigere il computo metrico e svolgere incontri con varie imprese che avrebbero potuto occuparsi della realizzazione delle opere, elaborando anche i preventivi da sottoporre al cliente. Quest’ultimo, però, dopo qualche incertezza sull’impresa da incaricare, ha scelto di abbandonare il progetto, comunicando di non voler proseguire alcun intervento.
Abbandonare il progetto è lecito
Il comportamento del cliente è di per sé lecito, considerato che egli ha sempre messo in chiaro con l’ingegnere che avrebbe scelto se procedere o meno con le pratiche del Superbonus solo una volta compreso, a seguito delle necessarie verifiche tecniche e giuridiche, se le spese sarebbero state tutte ricomprese nel beneficio fiscale, non avendo intenzione di sostenere esborsi economici diretti.
È proprio per questo motivo, ha spiegato il proprietario dell’immobile al Tribunale, che di fatto egli non ha conferito alcun incarico formale all’ingegnere circa la gestione del Superbonus, conferendolo invece in relazione alla necessaria pratica di sanatoria, già espletata e pagata.
Senza incarico e prestazioni non c’è compenso
Di fatto, dunque, il Giudice ha dovuto comprendere se un qualche incarico fosse stato conferito “implicitamente”, e in tal caso se le relative prestazioni fossero state eseguite. Per quanto l’ingegnere abbia allegato vari documenti alla propria domanda per dimostrare entrambi gli elementi, il Tribunale li ha comunque ritenuti carenti, rigettando la sua richiesta di pagamento.
In particolare, il professionista ha dichiarato di essere stato incaricato di svolgere studi di fattibilità (con produzione di relazione illustrativa, elaborati progettuali e tecnico economici), di produrre stime e valutazioni (analitiche, integrate con specifiche e distinte, sullo stato e valore di singoli componenti), nonché di occuparsi della progettazione tanto preliminare (con relazioni, planimetrie, elaborati grafici e quadro economico di progetto), quanto esecutiva.
Il Giudice, però, sottolinea come “le suddette circostanze avrebbero dovuto essere dimostrate dal professionista che ha richiesto il pagamento del relativo onorario”, mentre egli si è limitato ad allegare alla propria domanda vari documenti, tra i quali un elaborato progettuale e un computo metrico, ma tutti privi di data certa e di sottoscrizione.
A nulla è valsa, inoltre, la mail portata in giudizio dall’ingegnere, nella quale il cliente chiedeva istruzioni su come procedere al versamento di una somma pari a 2.500 euro. Per il professionista, tale elemento avrebbe provato l’esistenza dell’incarico, ma il Giudice non concorda, spiegando che detta mail non ha alcun valore confessorio, non specificando a quali attività professionali si riferisca, cosicché “non si evince alcun elemento obiettivo tale da indurre a ritenere che la stessa si riferisse al pagamento di prestazioni diverse da quelle relative alla sanatoria, già pacificamente saldate prima dell’instaurazione del giudizio”.
Le prove sono cruciali
Il caso trattato dal Tribunale di Arezzo, insomma, evidenzia con chiarezza quanto non sottoscrivere un incarico di prestazione professionale esplicito e chiaro possa portare a conseguenze disastrose, e a “giustificare” mancati pagamenti da parte dei clienti.
Ciò non significa, però, che ogni qual volta manchi il contratto, allora il professionista non avrà diritto ad alcunché, anzi. Le conclusioni riportare nella sentenza, infatti, possono essere lette anche “al contrario”. In sostanza, cioè, se il professionista è in grado di fornire prove sufficienti, vi sarà allora spazio per ottenere il pagamento dovuto.
Non si tratta, comunque, si una strada in discesa. Le prove, infatti, dovranno riguardare due ordini di elementi. Innanzitutto, sarà da dimostrare la sussistenza stessa dell’incarico, vale a dire l’esistenza di un “patto” tra cliente e tecnico circa le prestazioni da svolgere. Non di meno, sarà da argomentare anche lo svolgimento di tali prestazioni, provando cioè che non solo il tecnico si è assunto delle obbligazioni, ma che ha altresì correttamente adempiuto.
A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate all’edilizia e
di contenziosi civili
www.cristianangeli.it
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