Ordine di demolizione e acquisizione al patrimonio comunale: chiarimenti dalla Cassazione
Gli ermellini ribadiscono la sussistenza di un eventuale interesse a ricorrere dopo l'acquisizione al patrimonio comunale di opere abusive
L’ordine di demolizione non è impugnabile una volta che sia avvenuta l’acquisizione dell’edificio abusivo al patrimonio comunale, in quanto l’ormai ex-proprietario non ha ormai più interesse a intervenire se non per eseguire spontaneamente la demolizione stessa.
Acquisizione al patrimonio comunale e sanatoria edilizia: la sentenza della Cassazione
Si tratta di uno dei principi base in materia di reati edilizi, confermato ancora una volta con la sentenza n. 6600/2023 della Corte di Cassazione, a seguito del ricorso proposto contro l’ordinanza del Tribunale che aveva rigettato l'istanza di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione di un fabbricato.
Secondo il ricorrente sarebbe stato possibile sanare le opere sulla base delle norme vigenti dopo la loro realizzazione; inoltre il giudice avrebbe errato nel ritenere intervenuta l’acquisizione definitiva dell'immobile al patrimonio comunale, in quanto il termine di 90 giorni di cui all'art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) sarebbe fissato unicamente per la demolizione volontaria del manufatto abusivo, per cui dopo il decorso di detto termine, l'amministrazione può procedere agli ulteriori adempimenti e fin quando esiste l'opera il soggetto interessato ne conserverebbe comunque la titolarità, fino all'irrogazione di sanzioni che non si identificherebbero con il mero atto istruttorio dell'accertamento di inottemperanza all'ordine di demolizione.
Presupposti per l’accertamento di conformità: l'art. 36 del Testo Unico Edilizia
Come abbiamo recentemente ribadito, la Cassazione ha confermato che in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R. e a determinarne l’eventuale revoca, se emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del decreto stesso citato, ovvero il riscontro della doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente:
- sia al momento della realizzazione del manufatto;
- sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria.
Si esclude quindi la possibilità di riconoscere la legittimità di opere originariamente abusive divenute conformi alle norme edilizie o agli strumenti di pianificazione urbanistica soltanto dopo la loro realizzazione.
L'esercizio del potere sanzionatorio: l'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001
Inoltre, come ha specificato il CGARS in una recente sentenza, l’esercizio del potere sanzionatorio deve, innanzitutto, seguire la scansione procedimentale dettata dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001:
- il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3. (comma 2);
- se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita (comma 3);
- l’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente (comma 4).
L’art. 31 quindi prevede quest’ordine:
- l’emissione del provvedimento di ingiunzione a demolire, con il quale viene assegnato il termine di 90 giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli;
- dall’accertamento della inottemperanza all’ordine di demolizione tramite verbale che accerti la mancata riduzione in pristino;
- l’atto di acquisizione al patrimonio comunale, che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione gratuita dell’acquisto della proprietà in capo al Comune.
Le conseguenze dell'acquisizione al patrimonio comunale
Avendo chiaro il quadro normativo, è semplice comprendere perché la Cassazione abbia considerato in questo caso il ricorso inammissibile: alla luce della consolidata giurisprudenza in materia della Corte stessa, l’intervenuta inottemperanza entro 90 giorni all'ordine comunale di demolizione notificato all'interessato ha come conseguenza l’acquisizione al patrimonio comunale, senza che ci siano ulteriori interessi in ordine alla disposta demolizione.
Inoltre, in tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso.
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