Ordine di demolizione e interessi pubblici prevalenti: interviene la Cassazione
La Corte di Cassazione interviene sulla possibilità di revocare un ordine di demolizione sulla base di quanto prevede l’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)
Il quadro normativo
Per comprendere la decisione della Suprema Corte, è utile richiamare l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), che disciplina la procedura da seguire in caso di opere abusive eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.
In linea generale, sempre che non ricorrano i presupposti per ottenere la sanatoria, nel caso di assenza del permesso di costruire, totale difformità oppure variazioni essenziali, esiste ormai un principio consolidato per cui alla demolizione non c’è alternativa.
Tuttavia, il comma 5 del medesimo articolo prevede una deroga, nei seguenti termini:
“L'opera acquisita è demolita (...) salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o idrogeologici, previo parere delle amministrazioni competenti (...)”.
Tradotto, dopo l’ordine di demolizione e l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, la demolizione può essere evitata solo se:
- viene adottata una delibera consiliare motivata che dichiari un interesse pubblico prevalente;
- l’opera non presenti contrasti con rilevanti interessi urbanistici, paesaggistici, ambientali o idrogeologici;
- siano acquisiti i pareri favorevoli delle amministrazioni competenti ai sensi dell’art. 17-bis della legge n. 241/1990.
Il mantenimento dell’opera, dunque, costituisce un’ipotesi eccezionale e come tale va rigorosamente motivata e istruita.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 7 aprile 2025, n. 13324IL NOTIZIOMETRO