Ordine di demolizione: quando è possibile emetterlo?

Per l'ingiunzione a demolire è sufficiente l'accertamento degli abusi, mentre l'applicazione della sanzione alternativa può essere valutata solo in fase di esecuzione

di Redazione tecnica - 02/01/2025

Il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di opere accertate come abusive è giustificato dalla necessità di ripristinare la legalità violata, e non richiede ulteriori motivazioni in ordine alle ragioni di interesse pubblico.

Tale principio non ammette deroghe neanche qualora l’ordinanza dovesse intervenire dopo molti anni dalla realizzazione dell’abuso, e neanche se il proprietario attuale dovesse risultare completamente estraneo alla consecuzione degli illeciti.

Ordine di demolizione: atto vincolato che non ammette deroghe

A ribadirlo è il TAR Lazio con la sentenza del 3 dicembre 2024, n. 21693, con cui ha rigettato il ricorso per l’annullamento dell’ordine di demolizione relativo ad un intervento di ampliamento realizzato senza titoli dal precedente proprietario.

Si spiega in particolare che il fatto che l’attuale proprietario non sia l’effettivo responsabile degli abusi non assume alcuna rilevanza in merito all’efficacia dell’ordine demolitorio, in quanto questo non è finalizzato a punire il responsabile, ma esclusivamente a ripristinare lo stato dei luoghi che è stato illecitamente trasformato.

Il provvedimento demolitorio infatti si lega al bene e, pertanto, dev’essere indirizzato al soggetto che, al momento dell’emissione, sia in grado di poter intervenire in merito al ripristino, essendone l’attuale titolare.

Ciò posto, si chiarisce, l’accertamento della sussistenza di opere abusivamente realizzate è una ragione sufficiente a giustificare l’emissione dell’ordine di demolizione, essendo questo un atto vincolato che non necessita di ulteriori motivazioni in ordine alle ragioni di interesse pubblico.

Si tratta di un principio consolidato, che non ammette deroghe neanche se:

  1. il provvedimento viene emesso a distanza di anni dall’illecito;
  2. il titolare attuale non è l’effettivo responsabile dell’abuso;
  3. il trasferimento non denota intenti elusivi dell’onere di ripristino.

Tali elementi infatti sono da considerarsi circostanziali, e non vanno ad inficiare in alcun modo l’efficacia dell’ordine di ripristino, che, come detto, è mirato esclusivamente a soddisfare la necessità di ripristinare lo stato dei luoghi per come era prima dei lavori abusivi, e non può dunque ammettere che tali illeciti siano conservati per tutelare gli interessi del privato proprietario, in quanto non può maturare alcun legittimo affidamento in relazione ad un titolo che non è mai stato richiesto né, quindi, autorizzato.

Ne consegue che “non v'è ragione per obbligare l’Amministrazione ad effettuare una valutazione comparata tra l'interesse privato e quello pubblico, al ripristino della legalità violata, e a darne conto con specifica motivazione”.

Fiscalizzazione abuso: applicabile solo nella fase esecutiva

La cd. fiscalizzazione dell’abuso di cui all’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) può essere ammessa solo nel caso in cui, in fase di esecuzione dell’ordine di ripristino, dovessero emergere elementi che denotano il rischio che la demolizione possa arrecare danni alla parte dell’immobile regolarmente realizzata.

In quel caso, diventerebbe possibile richiedere la sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria, ma, appunto, esclusivamente nella fase esecutiva del procedimento, dove è possibile dedurre lo stato di pericolo per la stabilità dell’edificio.

La valutazione dell’applicabilità della fiscalizzazione, dunque, non può inficiare in alcun modo l’efficacia dell’ordine di demolizione e, peraltro, non è un’attività che l’Amministrazione è tenuta a svolgere, essendo un beneficio del quale il soggetto può usufruire solo dimostrando i rischi legati al ripristino mediante apposito accertamento tecnico.

La fiscalizzazione infatti è una misura a carattere eccezionale e derogatorio, e il Comune non è tenuto a valutare che possa essere applicata prima di ordinare il ripristino dei luoghi, essendo esclusivamente in capo al privato l’onere di attestare l’impossibilità a demolire.

Anche nel caso in esame, dunque, l’accertamento dell’esistenza degli abusi è una ragione sufficiente per giustificare l’emissione dell’ordinanza di ripristino, che quindi risulta efficace a tutti gli effetti.

Solo nel corso della fase esecutoria, si spiega, il ricorrente avrà l’opportunità di verificare e dimostrare i rischi connessi ai lavori di demolizione, ed eventualmente richiedere l’applicazione della sanzione alternativa.

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