Pannelli fotovoltaici in area vincolata: no a deroghe sul Testo Unico Edilizia
Le deroghe al TU Edilizia valgono solo in assenza di luoghi alternativi e comunque a condizione che non si ottengano indebiti incrementi di volumetrie e superfici
La tendenziale derogabilità delle norme del Testo Unico Edilizia, prevista dall’articolo 9 del D.L. n. 17/2022 per la realizzazione di impianti fotovoltaici, vale soltanto qualora l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi e comunque a condizione che egli non ottenga indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi, che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, è evidente che l’intervento comunque richiede la necessità del titolo edilizio maggiore, ossia il permesso di costruire.
Impianti fotovoltaici: l'installazione non giustifica eventuali abusi edilizi
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 9 ottobre 2024, n. 8113, con la quale ha respinto il ricorso in appello contro l’ordine di demolizione di alcune opere realizzate in assenza di titoli e di autorizzazione paesaggistica, consistenti nella realizzazione di un bancone bar e di alcuni gazebo e portici per l’attività di ristorazione in area vincolata.
Tra le varie opere, una struttura dotata di travi e pilastri metallici e copertura fissa in pannelli, che, a parere dell’appellante, avrebbe avuto la funzione di sostenere un impianto fotovoltaico, rientrando quindi nell’ambito della cd. “attività edilizia libera”. Per altro l’impianto è stato installato nella vigenza del D.L. n. 17/2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 34 del 2022 che, al fine di promuoverne l’utilizzo, esclude, in radice, che la realizzazione di detti impianti sia subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, inclusi quelli previsti dal d. lgs. n. 42/2004, essendo considerati di manutenzione ordinaria.
L’inciso “con qualsiasi modalità" riferito all’installazione di detti impianti, contenuto nell’articolo 9 del citato D.L., avrebbe quindi consentito di prescindere dall’ottenimento del permesso di costruire anche quando detto innesto, come nel caso di specie, produca una modifica della sagoma dell’edificio ed un aumento di volumetria.
No ad ampliamenti volumetrici non autorizzati
Sul punto, spiega Palazzo Spada il portico ha avuto quale funzione primaria l’ampliamento della superficie e il volume del locale destinato a pubblico esercizio, mentre la dichiarata funzione di sostegno ai pannelli fotovoltaici rappresenta, al più, un effetto indiretto ed accessorio dell’innesto, con conseguente non applicabilità della disciplina di cui al citato d.l. n.17/2022.
Oltretutto non è stata fornita alcuna prova atta a dimostrare la mancanza di alternative per la localizzazione di quell’impianto, quali ad esempio la possibilità di sfruttare il tetto della struttura pre-esistente o anche spazi adiacenti alla stessa, dove altrimenti allocarlo.
Osserva il Consiglio che neppure in diritto è condivisibile la prospettazione dell’appellante nella parte in cui ritiene che, in base alla disposizione dell’articolo 9 del d.l. n.17/2022, sarebbe consentita un’illimitata facoltà di deroga a tutte le norme del T.U Edilizia per le installazioni degli impianti foto-voltaici.
Una simile interpretazione, infatti postula un’inedita prevalenza a priori di una fonte normativa su di un’altra, e soprattutto non considera che le legittime esigenze private di ottenere un adeguato approvvigionamento energetico, vanno comunque contemperate con l’interesse al corretto sviluppo dello sfruttamento edilizio del territorio.
Si ritiene piuttosto che la tendenziale derogabilità delle norme del TUED, prevista dall’articolo 9 del citato d.l. n.17 per la realizzazione di impianti fotovoltaici, valga solo:
- l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi;
- comunque, a condizione che dall'inistallazione egli non ottenga indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi, che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, è evidente che l’intervento comunque richiede la necessità del titolo edilizio maggiore, ossia il permesso di costruire.
Lo stesso art. 9 del D.L. n. 17/2022, nel sostituire il comma 5 dell’art. 7-bis del d.l. 28/2011 mira a consentire la semplificazione dell’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili su edifici già esistenti e non può essere di certo inteso nel senso di ammettere la realizzazione di qualunque intervento di nuova edificazione alla sola condizione che la stessa ospiti un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Pergotende e porticati: le differenze
Adiacente alla struttura, anche un porticato che per l’appellante era qualificabile come pergotenda. Spiega il Consiglio che il manufatto in questione, con struttura metallica e chiusure scorrevoli, è diversa per tipologia, funzione e materiale utilizzato da una pergotenda, avendo creato una nuova volumetria, modificando la sagoma del fabbricato ed ampliandone la superficie originaria.
Queste le caretteristiche della pergotenda:
- l'opera principale è costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno;
- la struttura rappresenta un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all'estensione della stessa;
- gli elementi di copertura e di chiusura siano facilmente amovibili e in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di quelle caratteristiche di consistenza e rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.
I pannelli di chiusura verticale scorrevoli non configurano invece la struttura come pergotenda, perché comunque resta una significativa differenza, morfologica e funzionale: quando l’area viene chiusa valendosi della porta scorrevole, essa a finisce per costituire a tutti gli effetti un locale interno, con volumetria e superficie coperta sfruttabili come qualsiasi altro manufatto senza che la possibilità di tenerla parzialmente aperta possa refluire sulle sue caratteristiche giuridiche.
La struttura in ferro ed alluminio non serve a sostenere l’intelaiatura, come accade nel caso della pergotenda, ma svolge un’autonoma funzione; infatti è rivestita e rifinita con la copertura in pannelli e coi tamponamenti in vetro.
Queste caratteristiche tipologiche la rendono un ambiente autonomamente sfruttabile, che non è di mero completamento né di arredo, né tanto meno funge da mera protezione dagli agenti atmosferici esogeni e dalla luce solare, escludendo le caratteristiche tipologiche e funzionali di una pergotenda.
Si tratta senza dubbio di un nuovo organismo edilizio, necessitante del relativo titolo, che non è stato richiesto né era in possesso della parte e che per altro non poteva essere ottenuto perché la struttura non era conforme alle normative vigenti.
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