Parere di compatibilità paesaggistica tardivo: è efficace oppure no?
Consiglio di Stato: l'effetto della trasmissione tardiva del parere della Soprintendenzaè la trasformazione del valore del parere da vincolante in non vincolante
Nonostante il decorso del termine per l'espressione del parere vincolante ai sensi dell'art. 146, d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) da parte della Soprintendenza, non va esclusa la possibilità che essa renda comunque un parere sulla compatibilità paesaggistica dell'intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde appunto il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall'amministrazione deputata all'adozione dell'atto autorizzatorio finale.
Parere di compatibilità paesaggistica tardivo: efficacia e vincolatività del provvedimento
Lo spiega il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2487/2023, con la quale ha respinto il ricorso in appello proposto da una Soprintendenza per confermare l’annullamento in autotutela di una autorizzazione paesaggistica rilasciata da un’Amministrazione, e motivato sulla base del parere negativo che la Soprintendenza stessa ha reso tardivamente.
La questione nasce con la presentazione di un'istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato in un’area costiera dichiarata di notevole interesse pubblico, soggetta a rilascio di autorizzazione paesaggistica.
Dopo alcuni passaggi burocratici, la Commissione per il paesaggio ha fornito un parere favorevole, trasmesso alla Soprintendenza, che non ha espresso il parere nei termini previsti. Il Comune ha quindi rilasciato l’autorizzazione, a seguito della quale la SoprintenDenza ha espresso parere negativo e ha richiesto l'annullamento in autotutela del titolo abilitativo.
Ed è proprio sull’annullamento in autotutela dell’autorizzazione paesaggistica che il propiretario ha presentato ricorso al TAR, che ha evidenziato come l’autorizzazione paesaggistica era stata rilasciata non in forza di un silenzio assenso della Soprintendenza, ma per l’intervenuta decorrenza dei termini per provvedere da parte della stessa, in considerazione dell’omessa adozione del parere nei termini di cui all’art. 146, commi 5 e 9, del d.lgs. n. 42 del 2004. In sostanza, nessun vincolo a provvedere poteva derivare dal soprassessorio parere della Soprintendenza e di conseguenza sarebbero state insussistenti le ragioni del successivo atto di annullamento in autotutela.
La sentenza del Consiglio di Stato
Da qui l’appello della Soprintendenza secondo cui il potere di annullamento del Comune permarrebbe anche in caso in cui la Soprintendenza si sia pronunciata tardivamente a maggior ragione in relazione alla tutela di aree costiere comprese in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia di cui all’art. 142 del d.lgs. n. 42/2004.
Sulla questione il Consiglio ha ricordato che le disposizioni rilevanti in tema di pareri resi della Soprintendenza sono soprattutto quelle contenute nell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 17 bis della legge n. 241 del 1990. Le due norme regolano:
- il termine di entro cui la Soprintendenza deve provvedere sulla compatibilità paesaggistica del progettato - comma 8 dell’art. 146,
- l’acquisizione tacita dell’assenso decorsi i termini per provvedere - comma 3 dell’art. 17-bis).
Il silenzio assenso sui pareri di compatibilità paesaggistica
Ricorda Palazzo Spada che il silenzio assenso, secondo un orientamento giurisprudenziale, non è istituto applicabile nel caso del parere della Soprintendenza, in quanto si tratta di un parere tecnico; un altro orientamento prevede invece che il procedimento di cui all'art. 146 d. lgs. n. 42 del 2004 di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica si configura come ipotesi di cogestione attiva del vincolo paesaggistico da parte di due Amministrazioni e rientra, quindi, a pieno titolo tra le decisioni “pluristrutturate” nelle quali, per poter emanare il provvedimento conclusivo, l'Amministrazione procedente deve, per obbligo di legge, acquisire l'assenso vincolante di un'altra Amministrazione.
Nel caso di parere paesaggistico tardivamente formulato, la Sezione ha affermato come esso mantiene la propria efficacia, ma non è vincolante.
Parere tardivo: efficace ma non vincolante
Ciò significa che, nonostante il decorso del termine per l'espressione del parere vincolante ai sensi dell'art. 146, d.lgs. n. 42 del 2004 da parte della Soprintendenza, non potrebbe escludersi in radice la possibilità per l'organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell'intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall'amministrazione deputata all'adozione dell'atto autorizzatorio finale
In sostanza, l'effetto della trasmissione tardiva del parere della Soprintendenza non è la consumazione del potere, ma la trasformazione del valore del parere da vincolante in non vincolante, con la conseguente possibilità per l’Autorità procedente di poterne prescindere e con l’obbligo di motivare qualora invece ritenga di adeguarsi al suo contenuto.
Annullamento in autotutela va adeguatamente motivato
In riferimento all’atto di autotutela, l’Amministrazione si è conformata al parere soprassessorio della Soprintendenza senza indicare una sua adeguata ragione di rivalutazione della situazione già oggetto dell’autorizzazione paesaggistica.
Correttamente il Tar nella sentenza impugnata ha quindi rilevato come fossero insufficienti, per l’esercizio del potere di autotutela ex art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, il mero e generico riferimento all’interesse ambientale e alla tutela del territorio e al “complesso della normativa del settore”, in considerazione, d’altro canto, della inadeguatezza delle “circostanze di fatto da cui … si è originata la decisione di procedere in autotutela”.
In questo quadro, il parere tardivo della Soprintendenza, seppure efficace, non aveva più carattere vincolante, cosicché l’Amministrazione avrebbe dovuto comunque autonomamente motivare in ordine allo specifico interesse pubblico all’annullamento in autotutela.
Se è pur vero, infatti, che la tutela del paesaggio costituisce un valore costituzionale primario, sarebbe stato necessario, in sede di autotutela, articolare un giudizio circa il rispetto o meno, in concreto, delle esigenze connesse alla tutela ambientale, in relazione alle disposizioni relative all’area e alla natura dell’intervento cui l'autorizzazione si riferiva.
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando l’illegittimità dell’annullamento in autotutela dell’autorizzazione paesaggistica, in quanto non motivato adeguatamente.
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